L'odierna crisi dell'auto è il riflesso immediato del tipo di controllo che i prodotti d'auto hanno cercato di imporre alla propria forza lavoro negli ultimi dieci anni.
I fattori su cui si basava l'espansione internazionale dell'auto negli anni '60 non erano destinati a durare. Uno di tali fattori era la notevole capacità del capitale dell'auto di muoversi verso aree geografiche che garantissero non soltanto una manodopera nuova e a buon prezzo ma anche la stabilità del processo di accumulazione. Un altro elemento soprattutto nelle aree industrializzate, era ricorrere a riserve fresche di forza lavoro, disponibili per le loro caratteristiche ad alti livelli di sfruttamento, almeno nel breve periodo.
In Europa, negli anni '60, questa funzione di espansione dell'industria dell'auto fu sostenuta dal lavoro immigrato. Ma furono proprio i lavoratori immigrati, stravolgendo il piano del capitale, a dare il via ad un ciclo internazionale di lotte da Billancourt (1968) alla Svezia, dalla Fiat Mirafiori e dall'Alfa Romeo (1969) alla Ford britannica (1971).
Anche negli Stati Uniti, seppure non così nettamente, si mise in opera il meccanismo espansione produttiva - sfruttamento di nuova forza lavoro. Per decine di migliaia di giovani, neri e donne, entrati negli anni '60 nell'industria dell'auto, il posto in fabbrica significava in molti casi il primo stabile rapporto salariale. Questa dinamica politica, rapporto salariale in cambio di sfruttamento intensivo, sta alla base dell'atteggiamento di questi operai verso il lavoro e dei contenuti della lotta. Questa forza lavoro, giudicata dal capitale "docile allo sfruttamento" avrebbe presto rivelato le sue qualità di insubordinazione e rifiuto, configurandosi sempre più sotto l'aspetto di una strategia di classe per più denaro e meno lavoro, per meno produttività e più reddito. Il, salario cessò di essere un rapporto di scambio e divenne una leva di potere.
Negli USA, l'immissione di nuova forza lavoro nelle fabbriche e la formazione dei ghetti in cui si concentrava la riserva lavoro, si espresse politicamente nelle rivolte urbane (Detroit '67 ecc.) e nell'organizzazione di lotte autonome nelle fabbriche. Lotte che hanno molto in comune con quelle guidate dai giovani operai immigrati di Torino. Il loro capovolgimento del rapporto salariale è stato l'espressione del loro rifiuto di accettare il controllo dispotico del capitale dell'auto.
Alla fine degli anni '60 e all'inizio dei 70 il rapporto di potere fra classe operaia e capitale negli U.S.A. e in Europa, ruota intorno a questa dinamica di classe: sarà la crisi del 1974 a dare al capitale gli strumenti per imporre una soluzione attraverso una stretegia di sospensioni di massa e di terrorismo.
Risposte capitalistiche alla classe operaia
Gli "esperti" del capitale non hanno dubbi: la causa determinante dell'inflazione negli Stati Uniti (e negli altri paesi industrializzati) sono le " pretese eccessive di reddito". Il rapporto economico internazionale del presidente (febbraio 1974) afferma che né la diminuzione di materie prime né la crisi alimentare sono le cause principali della crisi: si tratta di "domande in eccesso rispetto alla disponibilità". Due aspetti della crisi vanno sottolineati: 1) la diminuzione selvaggia della produzione sociale è accompagnata dalla continua crescita di domande di reddito 2) il meccanismo di pianificazione globale e nazionale non è più sufficiente ad assicurare l'accumulazione. La soluzione capitalistica a questo problema era chiara almeno in linea di principio: più lavoro e meno salario.
La direzione più spettacolare che il capitale dell'auto ha preso nella sua ricerca volta al ristabilimento del rapporto salario-produttività è a livello, internazionale. Nell'intento di aggirare le limitazioni imposte dal potere delle classi operaie americane ed europea, il capitale elabora strategie su scala internazionale adattandosi ai più svariati assetti politici, ed integrando la produzione al di fuori dei mercati tradizionali. L'esempio più lampante (e redditizio) è l'America Latina: la Ford in Argentina, la G.M. in Brasile hanno avuto incrementi di produttività annui altissimi.
Una risposta, non sempre vincente, del capitale è stato questo tentativo di ristabilire un adeguato livello, di accumulazione mediante due vie: sviluppo del capitale nello spazio e sua riorganizzazione nel tempo. Un'altra risposta è la " rivoluzione " delle mansioni e l'imposizione tecnologica della produttività. Il problema dei costi crescenti dovuti all'assenteismo, all'avvicendamento di mansioni, alle pratiche di sabotaggio, è al centro di vari studi sull'"alienazione dei lavoratori". Appare chiaro che la discussione sulla "qualità del lavoro" è la rappresentazione ideologica della tendenza del capitale a salvaguardarsi i più ampi spazi di manovra diretti all'intensificazione del lavoro. Con varie soluzioni viene delineandosi pertanto la tendenza, attraverso una crescente "composizione organica "del capitale, a disciplinare il lavoro attraverso l'intensificazione de lavoro stesso. Il cosiddetto "controllo della produzione da parte degli operai" non è altro che la risposta data dal capitale al lavoro alienante della catena di montaggio, contrabbandata però come "soluzione socialista" in paesi come la Svezia. Lo smantellamento della catena di montaggio e la sua sostituzione con uno schema a linee più brevi in realtà danneggia il potere dei lavoratori in quanto garantisce la produzione in caso di interruzione o arresti. Così il progetto alternativo degli anni '60 diventa negli anni '70 progettoo capitalistico di sfruttamento.
Dispotismo sul mercato e anarchia in fabbrica, l'inversione del tradizionale, rapporto capitalistico sintetizzano il problema dell'industria negli anni '70 e sono in parte un aspetto delle vittorie ottenute dalla classe negli anni '60, Per la classe dirigente aziendale la soluzione del problema del mantenimento dell'efficienza e della disciplina in fabbrica passava inevitabilmente attraverso una libera contrattazione salariale. Un programma orientativo, congiuntamente amministrato dal sindacato e dall'azienda fu introdotto per incoraggiare la professionalità e la dedizione al lavoro. Ecco così l'ingresso del Sindacato nella strategia contro il rifiuto del lavoro. Le trattative del '73 costituiscono la pietra miliare di questa armonia di interessi tra G.M. e Sindacato dell'auto.
A partire da questo accordo, e in netta opposizione alla sua formulazione, si assiste all'acquisizione del "rifiuto del lavoro" da parte della classe operaia. Ad esempio sui livelli di produzione e lo scadimento di qualità minacciavano di distruggere sia il controllo sindacale, sia il potere aziendale. L'uso del salario sociale diventava un metodo di generalizzazione del rifiuto del lavoro e un attacco alla programmata disciplina salariale. La famosa "armonia di interessi" divenne il fallimento unilaterale dell'azienda nel tentativo di imporre il dispotismo di fabbrica.
Gli scioperi a gatto selvaggio del '73 furono la risposta dei lavoratori, una risposta che minò la posizione del sindacato e che fece acquisire un principio saliente agli operai dell'auto, di Detroit.
Scioperi selvaggi del 1973
Ecco alcuni episodi significativi preceduti comunque da una serie incalzante di attacchi ancor prima che iniziassero le trattative per i contratti:
24 luglio '73 Fabbrica di Jefferson Avenue. Due saldatori si chiudono nella cabina di controllo della catena di montaggio della saldatura, e "rendono inattivi" 5.000 operai. Chiedono amnistia per se stessi e l'allontanamento di un supervisore razzista, specializzato nell'aumento dei ritmi. La compagnia cede con grande costernazione degli industriali e dei sindacati.
7 agosto Chrysler. II turno di mezzanotte si rifiuta di lavorare e comincia uno sciopero di 6 giorni. Contro gli aumenti senza sosta dei turni e dei ritmi e gli incidenti da ciò provocati a Lynch Road 1.500 operai minacciano la "sospensione" di altri 40.000 operai Chysler.
Solo lo sforzo congiunto della corte federale e delle sezioni sindacali locali riporta gli operai al lavoro.
Agosto. Reparto presse Mack Avenue, Mobilitazione contro i guardiani e poi contro la polizia. Chrysler decide di chiudere l'intero stabilimento per non fare circolare la lotta. L'occupazione del reparto telai, risultato della serrata, fu facilmente risolta dall'intervento della polizia. Ma l'intaccato prestigio del Sindacato doveva essere ristabilito con una dimostrazione di forza: squadre volontari di picchetti sindacali circolarono per la città terrorizzando i militanti ai cancelli. Ciononostante la lotta si diffuse ed aumentarono gli impianti chiusi fino alla generale mobilitazione estiva. Quando gli operai specializzati rifiutarono per la prima volta nella storia del Sindacato la ratificazione del contratto, la televisione canadese immortalò un sindacalista mentre minacciava con la rivoltella in pugno un rappresentante operaio.
La violenza in se stessa non è nuova. Con 65 morti al giorno nelle fabbriche d'auto americane, la violenza durante gli anni '60 era principalmente un problema di violenza della tecnologia. Ma l'armamento sia degli operai che dei sindacalisti dentro le fabbriche è un fatto nuovo e dilagante.
Il diffondersi di lotte autonome, il collasso dell'autorità del Sindacato nella mediazione, il suo tentativo di riprendere il controllo con il terrorismo e la trasformazione dei tradizionali centri di opposizione sono i fatti che precedono immediatamente la "crisi" del 1974, i suoi aumenti di ritmo e le sospensioni nelle fabbriche, la sua inflazione e l'incertezza a livello sociale.
Crisi e slancio delle lotte 1974
l fallimento dell'inflazione e disoccupazione nel ridurre le interruzioni del lavoro durante i primi dieci mesi del 1974 risulta chiaramente dal confronto con dati analoghi del 1973. Il numero di interruzioni è salito dell'8%. Il numero di operai coinvolti è aumentato del 48%. Il numero di giornate lavorative perdute è aumentato dell'88%. Addirittura il numero di operai coinvolti nelle interruzioni nei primi dieci mesi del '74 ha già incominciato ad avvicinarsi al numero annuale degli anni 1967-71, il più alto ciclo di scioperi, se si eccettua il 1946, del dopoguerra.
Una lista, necessariamente incompleta, degli scioperi del '74 presenta adeguatamente il fatto che dietro le frasi fatte, degli economisti c'è la realtà di un potere operaio che ha fatto fuori la sindrome del comando e la conduzione manageriale di tipo Keynesiano.
Marzo New Haven, Mkhigan: sciopero alle fonderie contro il contratto locale, il razzismo e l'aumento dei ritmi.
25 marzo Warner Gear: sciopero che rallenta la produzione nazionale di autocarri, che fa chiudere la Toledo Jeep e danneggia l'International Harvester.
5 aprile St. Louis: assenteismo di massa alla GMAD Corvette contro gli aumenti dei ritmi.
Aprile Cleveland: operai neri e portoricani rispondono alle sospensioni bloccando i macchinari al reparto tornitura.
Aprile Kanxas City: stabilimento Leeds della GM, Chevrolet, sciopero locale, per rivendicazioni locali.
13 maggio Detroit: la Fisher Body Heetwood sciopera costringendo alla chiusura la Cadillac e la Oldsmobile, quando le ore di produzione aumentano.
Maggio Kansans City: come sopra.
Giugno Chicago: il reparto presse sciopera sulla base di mille denunce contro l'aumento dei ritmi, le sospensioni, la disciplina e la sicurezza sul lavoro.
Giugno Kalamazoo: sciopero alla Checker Motors.
11 giugno Warren, Michigan: sciopero selvaggio alla Dodge.
28 giugno St. Louis: sciopero alla Corvette GM.
12 luglio Lordstown: cominciano sei settimane di sciopero sulla base di 11.000 proteste.
Agosto Budd Kitchenor: 1.600 fanno sciopero selvaggio agli impianti elementi ruote e carrozzerie.
Agosto Cleveland messa fuori uso e sabotaggi salutano l'aumento dei ritmi al reparto presse.
1 agosto Wanwatosa, Wisc. Briggs & Stratton, impianti macchinari per auto scioperano per il contratto locale.
6 settembre St. Louis fine dello sciopero GMAD di nove settimane.
16 settembre Kenosha, Wins. 17.000 operai dell'American Motor Workers scioperano nel corso del mese.
Settembre Milwaukee A. O. Smith, strutture per auto e autocarri scioperano bloccando Jefferson Avenue.
23 settembre Franklin, Ind, scioperano la Arvin Industries, produttrici di tubi di scappamento e collettori, interrompendo la produzione di 3 reparti Chrysler d'assemblaggio e 3 impianti Ford.
26 settembre Anderson, Ind. 4 giorni di sciopero alla Delco GM, produttrici di impianti d'accensione e batterie.
28 settembre Gary, Ind.: rallentamenti e scioperi bianchi alle Ford Galaxi.
29 settembre Oakland, Feemont operaie citano in giudizio la GM per la discriminazione nei licenziamenti.
30 settembre Oakland scioperi selvaggi contro gli straordinari.
4 ottobre Long Island City scioperi selvaggi contro la Standard Motors.
Quanto sopra descritto è solo la punta dell'iceberg; dai bollettini padronali e del sindacato emerge solo la superficie delle lotte.
Molte testimonianze di militanti di Windsor, Oakville, Cleveland, St. Louis mettono in luce che la maggior parte della sovversione operaia del processo produttivo avviene sulla base dei reparti; questa incidenza nello spezzare i livelli di produzione viene nascosta dalla pubblica contabilità delle industrie.
Alla Dodge Truck di Warren, Michigan, 6.000 fecero scioperi selvaggi per quattro giorni nel giugno 1974. Le richieste non furono formulate fino al terzo giorno di sciopero. Le richieste erano "tutto". Come disse un operaio: "quello che vogliamo è non lavorare".
Rosso, giornale dentro il movimento - 13 marzo 1976