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Sale la rabbia a Istanbul dopo la morte di dieci operai nel crollo di un ascensore nel cantiere di un grattacielo nel quartiere di Sultanahmet. Secondo le interviste che ha realizzato Zarife Akbulut del portale di notizie Sendika, gli operai lavorano in condizioni precarie e questo non è il primo incidente che avviene nel cantiere. Sembra inoltre che la ditta di costruzioni per cui lavoravano gli operai morti facesse largo uso di manodopera esternalizzata.

Alle ore 16:00 del 7 settembre, sull'onda dell'appello lanciato dai sindacati, davanti al cantiere si sono riunite diverse centinaia di persone per protestare contro la strage del giorno prima. Tra le realtà che hanno lanciato l'appello ci sono il Sindacato dei Lavoratori Rivoluzionari (DISK), la Confederazione dei Sindacati dei Lavoratori del Pubblico Impiego (KESK), l'Unione delle Camere degli Architetti e degli Ingegneri della Turchia (TMMOB) e l'Unione dei Medici della Turchia (TTB).

Verso le 17:00 il corteo, composto da migliaia di persone tra cui molti operai in sciopero, si è fermato e la segretaria nazionale del KESK, Arzu Çerkezoğlu, ha letto un comunicato stampa dicendo che la Turchia è diventata il primo paese per morti sul lavoro in Europa. Subito dopo la lettura del comunicato la polizia ha iniziato a manganellare i manifestanti, lanciando lacrimogeni e sparando getti d'acqua dai mezzi blindati. In serata sono state arrestate otto persone con l'accusa di essere le responsabili degli incidenti. Nel frattempo i lavori nel cantiere sono stati sospesi per cinque giorni.

Dopo la notizia della morte dei dieci operai, il collettivo RedHack, ha attaccato il sito di un centro commerciale costruito dallo stesso gruppo che sta costruendo il grattacielo a Sultanahmet.

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