Con questo articolo intendiamo aprire un dibattito sui rapporti tra soggettività e movimento di classe. Siamo convinti che la problematica del soggetto è parte integrante e fondamentale del discorso di classe che andiamo svolgendo su questo giornale. Perciò, a questo primo intervento, di carattere prevalentemente teorico, ne seguiranno altri che siano in grado di offrire ai compagni un quadro sufficientemente ampio del problema, sia sul livello della teoria sia su quello, pia specifico, di esperienze concrete maturate dentro al movimento.
"Non appena il direttore di gioco si tramuta in dirigente, il principio gerarchico salva la pelle, la rivoluzione si impaluda per presiedere al massacro dei rivoluzionari. Bisogna rammentarlo senza tregua; il progetto insurrezionale non appartiene che alle masse, il regista lo rinforza, il capo lo tradisce. E' tra questo organizzatore di nuovo tipo e il capo che si svolge dapprima la lotta autentica". (Raoul Vaneigem, Trattato, pp. 47-47, Vallecchi 1973)
Non ci interessa aprire un dibattito sulla soggettività in termini astratti ed ideologici, slegati cioè da una interpretazione politica della qualità dello scontro di classe oggi in atto nel paese. Fare questo significherebbe, ancora una volta, giustificare la separazione tra vissuto e pratica politica: questa separazione il movimento la vive spesso sulla propria pelle, talora al prezzo di una paralisi della fantasia e dell'immaginazione, di una regressione al privato che diventa, per molti compagni, crisi dell'identità politica, perdita della propria capacità di lotta.
Invece è proprio contro questa contraddizione che intendiamo combattere. Siamo convinti che su questo terreno esiste una proposta operaia, cioè delle indicazioni che i settori più avanzati del movimento di classe hanno espresso, e che i gruppi politici, nella stragrande maggioranza, hanno ignorato o rimosso .
LA QUESTIONE DELL'EGALITARISMO E IL COMUNISMO ROZZO
Lungo gli anni '60 gli operai sono riusciti ad imporre gli aumenti eguali per tutti, contro gli stessi sindacati, che proponevano l'aumento in percentuale. La differenza tra la proposta operaia, che poi si è imposta nelle piattaforme contrattuali del '69, e la proposta sindacale, era ed è tuttora qualitativa e politica, non semplicemente quantitativa. Si imponeva, a livello di classe, una lotta attorno ai bisogni- materiali, che prescindeva dalla struttura e dall'andamento del ciclo capitalistico. La rottura del rapporto salari-produttività rappresentava l'emergere di un bisogno operaio che si configura, in tutta la sua radicalità settaria ed eversiva, come variabile indipendente. La richiesta di aumenti eguali per tutti non era certo dettata da motivazioni ideologiche neocristiane, o da una tensione operaia verso forme di "comunismo ancora tutto rozzo e irriflessivo", dove "la comunità è soltanto comunità del lavoro ed eguaglianza del salario", dove il salario è "destinazione di ognuno", il capitale è "riconosciuta universalità e potenza della comunità" (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in: Opere filosofiche giovanili, Roma 1963, pag.. 224). L'indicazione degli aumenti eguali per tutti, accompagnata alla lotta per la riduzione della giornata lavorativa, era in realtà una indicazione di lotta contro il lavoro, e quindi l'allusione scoperta ad una società che si organizza attorno all'indipendenza ed insieme attorno alla molteplice varietà dei bisogni; come dire: attorno alla capacità di questi stessi bisogni di comandare sulla produzione, e cioè sul lavoro ridotto a lavoro necessario.
Gran parte della sinistra, dalla FIM al MANIFESTO, dal PCI a Lotta Continua, hanno interpretato l'egalitarismo delle lotte operaie, e quindi la stessa esplosione sessantottesca, entro l'ottica di quello che Marx, nei Manoscritti del '44 chiama giustamente comunismo rozzo. Questi signori non si sono accorti che gli operai, chiedendo l'aumento eguale per tutti, lottando per la restrizione del ventaglio parametrale, o praticando la autoriduzione, hanno riaffermato caparbiamente l'autonomia e l'indipendenza dei loro bisogni nei confronti dell'apparato produttivo e del potere politico. L'obiettivo egalitario non è che un primo strumento per l'affermazione di questi bisogni: serve alla massificazione dello scontro, serve ad accrescere il proprio rapporto di forza, serve infine a difendere ed a migliorare la qualità della vita. Fondare una prefigurazione del comunismo, e quindi interpretare la domanda comunista che le lotte hanno espresso, solo a partire dagli obiettivi egalitari, significa, tuttavia, cogliere in maniera restrittiva la portata politica di queste lotte, rimanendo ancorati alla prospettiva del comunismo rozzo, senza capire che lo scontro di classe, soprattutto a partire dal '68, possiede come proprio orizzonte strategico la riduzione del lavoro a lavoro ne-necessario, e quindi la possibilità della estinzione del lavoro salariato. Proprio per questo l'offensiva capitalistica è oggi un tentativo di trasformare la lotta contro il lavoro in lotta per il lavoro, attaccando la qualità della vita di tutti i proletari (con i vari e ben noti strumenti) ed abbassando direttamente i livelli occupazionali, con una effettiva diminuzione sia dell'occupazione relativa che di quella assoluta.
Comunque, il dato politico più rilevante di queste lotte è proprio l'emancipazione del bisogno dalla struttura del ciclo. Il salario sganciato dalla produttività e l'aumento eguale per tutti, rappresentano storicamente l'avvio di questa emancipazione, la prima forma, e non la sola, attraverso cui si esprime questa fondamentale rottura tra bisogno proletario e ciclo capitalistico, tra bisogni e laboriosità generale.
Quando il bisogno proletario si è affermato con questa radicalità, lo scontro ha assunto le proporzioni più vistose: ed è la storia del movimento, dal '68 ad oggi. L'indipendenza del bisogno, che si esprime, sul livello operaio, anche nell'egalitarismo salariale, non è richiesta di livellamento e di appiattimento, e non è neppure richiesta di un equo salario: è, semmai, la premessa materiale di ogni possibile momento rivoluzionario. Solo quando, in termini di rapporto di forza, il bisogno proletario può liberarsi dal controllo e dal condizionamento capitalistico: solo allora è possibile che esso si trasformi, dentro a situazioni rivoluzionarie (ad esempio il maggio '68), in desiderio, cioè in una simultanea esplosione di desideri, resa possibile dall'affermazione politica generalizzata dei bisogni proletari autonomi. Qui, in questi momenti, la lotta e la stessa violenza divengono creative: la soggettività proletaria, anche se muove da obiettivi a carattere egalitario, non rappresenta bisogni eguali, e perciò si esprime nelle forme più svariate. Non si tratta più, allora, di un movimento di massa organizzato centralmente: ciò che si produce è la "connessione di una molteplicità di desideri molecolari"; ciò che determina la crisi del potere politico è proprio questo contemporaneo accumulo di una "molteplicità di macchine desideranti" (F. Guattari, Micropolitica del desiderio, in: Follia e società segregativa, Feltrinelli 1974, pag. 43).
L'emergenza del desiderio dentro la lotta operaia, e già dentro l'emancipazione del bisogno dal ciclo capitalistico: è questo il vero arcano della lotta di classe, il rimosso, il dimenticato, ciò di cui non conviene parlare, ciò di cui quasi nessun gruppo, oggi, parla! Vogliamo dire che anche in situazioni di semplice permanenza della lotta, e non solo quando essa esplode ai livelli più alti e generalizzati, la presenza attiva del desiderio si manifesta: si libera cioè una soggettività proletaria nuova, capace di fornire indicazioni per uno scontro che investa la "sfera privata", la vita quotidiana. Alludiamo esplicitamente alla lotta contro il comando, contro i capi, contro la gerarchia, ed insieme al rifiuto operaio della macchina burocratica leninista, da qualsiasi gruppo essa venga proposta. Questi due aspetti della lotta operaia sono il vero proseguimento dell'egalitarismo, e rappresentano spunti estremamente fecondi per un punto di vista di classe sulla soggettività.
LOTTA OPERAIA CONTRO IL COMANDO
Mirafiori, marzo 1973: è uno dei momenti più alti della lotta operaia alla Fiat in questi ultimi anni. La struttura portante del comando capitalistico, quella dei capi, viene duramente attaccata. La "direzione capitalistica", nella sua forma "dispotica" — e cioè "la funzione di direzione, sorveglianza, coordinamento" — è diretta "funzione del capitale appena il lavoro ad esso subordinato diventa cooperativo". La funzione del capo è "funzione di sfruttamento di un processo lavorativo sociale, ed è quindi un portato dell'inevitabile antagonismo fra lo sfruttatore e la materia prima vivente da lui sfruttata" (K. Marx, Il Capitale, 1, 2, pag. 28 e sgg., Roma 1956). Gli operai Fiat spingono questo antagonismo alle radici, attraverso nuove forme di lotta che, nella misura in cui attaccano una delle principali fonti di "autovalorizzazione del capitale", esprimono rifiuto del lavoro, rifiuto della "cooperazione degli operai salariati", che è un "semplice effetto del capitale", rifiuto di un "dispotismo" che "sviluppa poi le sue forme peculiari mano a mano che la cooperazione si sviluppa su scala maggiore" (K. Marx, ibidem, pag. 29). Dentro a questo tipo di lotta le avanguardie interne riscoprono in maniera creativa — ed a livello di massa — l'uso della violenza: bruciano la mediazione sindacale (si veda il caso di molti delegati, talora persino base del PCI, che partecipano al pestaggio dei capi, naturalmente nel silenzio più assoluto della stampa), liquidano completamente, e con una giusta brutalità, qualsiasi possibilità di una gestione politica da parte dei gruppi della sinistra extraparlamentare. La direzione politica dall'esterno viene rifiutata. La macchina operaia — cioè l'organizzazione operaia che produce guerra di classe contro il lavoro — proprio perchè, almeno in tendenza, è macchina desiderante — cioè organizzazione operaia per la soddisfazione dei bisogni e la realizzazione dei desideri — non può che essere totalmente autogestita. Qui si tratta di leggere quel che ha detto Marx nel capitolo sulla cooperazione, sopra citato, attraverso la lotta Mirafiori del '73; al tempo stesso si tratta di leggere Mirafiori '73 attraverso la chiave teorica di quel capitolo. Vogliamo dire, in questo senso, che la lotta contro il comando è, direttamente, lotta contro il lavoro: nella misura in cui il comando è funzione diretta del capitale, e cresce con lo svilupparsi della cooperazione, l'attacco ai capi non può esser visto come richiesta di un lavoro migliore, più democratico, ma diventa attacco al lavoro: creatività operaia dispiegata, che non può essere più recuperata e sussunta dentro il capitale fisso e che infatti si traduce molto spesso nel sabotaggio del macchinario; un sabotaggio intelligente, nel quale viene colpita non tanto la macchina, in maniera indiscriminata, quanto piuttosto quella parte della macchina che è stata appositamente costruita per controllare la produttività. Questa creatività operaia è una forma nuova della soggettività: è un rifiuto del comando capitalistico che diventa, contemporaneamente, rifiuto attivo, creativo ed autoorganizzato della gerarchia politica, della direzione politica esterna, della macchina burocratica leninista.
Gruppi e forze politiche reagiscono mostrando tutta la loro impotenza, e spesso anche la loro idiozia: cercando di recuperare il movimento reale (vedi la linea CGIL sulla democratizzazione dei capi); mistificano la portata reale dello scontro, rimuovendo i suoi aspetti più radicali (vedi l'opuscolo di Lotta Continua: I giorni della Fiat, dove l'"epurazione" dei capi viene trattata marginalmente, come aspetto non essenziale rispetto all'occupazione della fabbrica, mentre è chiaro che la seconda è il punto di arrivo della prima; oppure, con più sottigliezza, trasformano l'esplicito rifiuto operaio del partito in presenza, dentro la Fiat, del Partito invisibile di Mirafiori (si veda il N. 0 di "Controinformazione").
Ciò che ci preme sottolineare è proprio la continuità tra l'attacco al comando capitalistico ed il rifiuto della macchina burocratica leninista; il filo rosso che collega questi due momenti definisce oggi il nuovo livello di soggettività espresso dai settori più avanzati del movimento di classe.
IL RIFIUTO DELLA MACCHINA LENINISTA
La cooperazione degli operai "comincia soltanto nel processo lavorativo, ma nel processo lavorativo hanno già cessato di appartenere a se stessi. Entrandovi, sono incorporati nel capitale. Come cooperanti, come membri di un organismo operante, sono essi stessi soltanto un modo particolare d'esistenza del capitale" (K. Marx, ibidem, pag. 30). Così Marx, nel capitolo sulla cooperazione. Non si insisterà mai abbastanza sulla portata e sulle conseguenze di questa analisi rispetto al dibattito sull'organizzazione. E' contraddittorio pensare che le nuove forme d'organizzazione prodotte dagli operai nelle lotte di questi anni rispecchiano l'organizzazione e la divisione capitalistica del lavoro; questa la realtà storica, questo il senso dell'annotazione mariana! La cooperazione nel processo produttivo toglie all'operaio la sua dimensione di classe, lo riduce a forza-lavoro. E' per questo che il "Partito-impresa", di cui s'era parlato, oltre ad essere figura contraddittoria, è negato dalla qualità stessa dello scontro di classe di questo decennio: tutte le forme scoperte di organizzazione dell'autonomia operaia, cresciute dentro alla lotta contro il lavoro, negano il comando capitalista e insieme distruggono la macchina burocratica leninista. Solo così possiamo comprendere molti fallimenti politici di questi ultimi anni: non una delle scadenze cruciali della lotta operaia è stata decisa nella sede di qualche gruppo, o nel comitato centrale di qualche organizzazione dell'estrema sinistra.
Per scadenze cruciali, ovviamente, intendiamo quelle scadenze autonome di lotta operaia che hanno scavalcato la direzione riformista, che hanno bruciato la capacità sindacale di contenimento, che hanno prodotto ed approfondito, in ultima istanza, la crisi capitalistica. Alludiamo cioè alle scadenze che hanno definito l'ingovernabilità di classe dei paesi a capitalismo maturo. Piaccia o non piaccia ai tardo-leninisti, le scadenze autonome della ingovernabilità di classe sono scadenze organizzate, ma non da loro! Sono scadenze organizzate, non sono semplice rabbia o spontaneità. Il marzo '73 a Mirafiori lo ha dimostrato egregiamente. Nei momenti alti della lotta è successo ciò che Marx osservava a proposito dei comunardi del 1871: il proletariato si muove per una riappropiazione della sua vita sociale. L'essere sociale viene ricomposto nella sua unità. La realtà politica come fatto separato viene radicalmente negata.
SALARIO
- Aumento dei minimi contrattuali di L. 30.000 mensili uguali per tutti.
Conglobamento dei minimi salariali di L. 12.000 derivanti dall'accordo interconfederale del 25 gennaio 1975.
- In merito alla definizione di una nuova struttura del salario l'accordo interconfederale del febbraio 1975 impegna le categorie chiamate a rinnovare i contratti al conglobamento dei 103 punti di contingenza maturati al 31.1.75. Esiste inoltre l'incombenza di attuare il conglobamento delle 12.000 lire previste dallo stesso accordo.
Si presenta quindi l'esigenza di ricostruire minimi unici di categoria. Tali minimi potranno essere realizzati anche attraverso assorbimenti dei superminimi individuali.
Queste operazioni, aggiunte alla scelta dell'aumento minimo uguale per tutti, il quale deve rappresentare la parte preminente dei miglioramenti economici derivanti dal rinnovo contrattuale, pongono l'esigenza di una riparametrazione all'interno delle scale 100-200, con la modifica delle distanze intermedie, operando, l'assorbimento di una parte dei superminimi individuali. La quantità dell'aumento verrà quindi definita al termine della consultazione tenendo conto dell'insieme delle scelte che il dibattito interno alla categoria ed al movimento produrrà.
PARITÀ NORMATIVA OPERAI - IMPIEGATI
- MALATTIA E INFORTUNIO. - Mantenimento del posto di lavoro fino a guarigione clinica e riacquistata capacità lavorativa.
- Il Direttivo conferma la volontà alla definizione del ciclo della parità normativa tra ex operai ed ex impiegati.
a) SCATTI. - Il Comitato Direttivo conferma la scelta di impegnare la Federazione CGIL-CISL-UIL ad aprire contestualmente al rinnovo dei contratti una vertenza interconfederale che assuma tra le altre questioni il tema della modifica dell'istituto. Si conferma la scelta operata alla Conferenza di Bologna e che punta, fermo restando la garanzia dei benefici maturati, all'istituzione di un fondo nazionale basato sulla mutualizzazione dei trattamenti e sul passaggio dell'anzianità d'azienda all'anzianità di lavoro. Il Comitato Direttivo riafferma l'impegno, in carenza di tale iniziativa, di definire, una proposta rivendicativa che assuma nella piattaforma interna degli scatti.
b) INDENNITA' DI QUESCENZA. Per la parte pregressa va richiesto l'elevamento dello scaglione minimo e l'abolizione dello scaglione fino a 10 anni e la parificazione con il trattamento previsto per gli ex impiegati.
c) MALATTIA, INFORTUNIO, PUERPERIO. - Superamento delle differenze di trattamento sia economico che normativo tra le varie categorie. In particolare deve essere garantito in caso di prolungamento di malattia il pagamento del salario come per la categoria ex impiegati ed il diritto alla conservazione del posto fino all'avvenuta guarigione clinica. Idem per ciò che concerne il puerperio.
d) ANTICIPAZIONE DELLA INDENNITA' DI MALATTIA E DI INFORTUNIO agli ex operai, alle regolari scadenze retributive.
NORME DISCIPLINARI E DIRITTI SINDACALI
- a) Abolizione delle norme disciplinari previste dal contratto, in quanto la modifica profonda nei rapporti di democrazia e partecipazione avvenuta all'interno della fabbrica impone una radicale revisione dei rapporti tra lavoratori e azienda e, in primo luogo la abolizione di norme che ancora permettono l'utilizzo di metodi repressivi.
b) Estensione della tutela sindacale a tutti i delegati del C.d.F.
c) Utilizzazione integrale per le ore di permesso retribuito derivanti da particolari condizioni produttive ed assegnazione ai C.d.F. per la partecipazione ai C.d.Z.
d) Aumento del numero dei permessi per cariche sindacali.
e) Trasformazione in percentuale sulla retribuzione dei contributi sindacali.
f) Estensione della normativa prevista dalla legge n. 300 anche per le aziende con meno di 15 dipendenti.
- Sostanzialmente uguale; non esiste in termini chiari il punto a).
DIRITTO ALLO STUDIO
- Sostanzialmente uguale ai metalmeccanici.
- Si tratta oggi di eliminare alcuni ostacoli che limitano pesantemente l'utilizzo delle ore a disposizione.
Fermo restando quindi il monte ore aziendale e l'utilizzo collettivo del diritto:
1) Elevare la quota del 2% e stabilire un minimo di lavoratori per le aziende al di sotto dei 300 lavoratori.
2) Portare a 250 le ore retribuite per lavoratore stabilendo per quanti debbano recuperare la scuola dell'obbligo un rapporto 2-3/1-3 fra ore retribuite e non retribuite.
3) Rendere più esplicita la norma che impone il pagamento delle ore destinate allo studio anche quando l'orario dei corsi non coincide con l'orario di lavoro.
TRASFERTISTI
- TRASFERTE: salvaguardia della normativa vigente per i lavoratori interessati.
Trasferimenti individuali: contrattazione preventiva con il C.d.F. e introduzione del principio della consensualità del lavoratore interessato.
- a) Diritto alla volontarietà dell'adesione per tutti coloro che non siano stati assunti con specifiche clausole di impiego per trasferte all'estero.
b) Contrattazione collettiva delle condizioni di lavoro e possibilità di rientro a casa due volte l'anno.
c) Possibilità in caso di trasferte molto lunghe di farsi accompagnare dalle famiglie.
d) Per tutti i lavoratori trasfertisti un giorno di permesso retribuito per ogni mese di permanenza in trasferta da godere entro l'anno solare e senza possibilità di monetizzazione. Nel corso della consultazione occorrerà altresì individuare le richieste da presentare per gli addetti alla installazione e manutenzione degli impianti.
COLLEGAMENTO OBBLIGATORIO DEI LAVORATORI ANDICAPPATI
- Non esiste.
- a) Diritto del Consiglio di Fabbrica all'informazione periodica circa la situazione delle assunzioni obbligatorie in azienda degli invalidi.
b) Diritto di intervento circa la modalità di inserimento di tali lavoratori al fine di garantire a particolari categorie di invalidi, come gli handicappati, occasione e condizione di lavoro adeguate alle loro capacità lavorative.
Lavoro Zero, numero unico in attesa di autorizzazione dicembre 1975