I Quaderni Rossi della Toscana 3-3-'66
I Sindacati di categoria CGIL, CISL, UIL, hanno sottoscritto un accordo con i padroni delle piccole e medie aziende CONFAPI, che comprende 150.000 lavoratori metalmeccanici. Questo è un fatto molto grave. Prima di tutto perchè esclude 150mila operai dalle lotte dei metalmeccanici, che avevano dimostrato di voler lottare tutti uniti e avevano dato negli scioperi una prova straordinaria della propria compattezza.
Un accordo separato, di qualunque genere, significa l'indebolimento e la divisione della lotta. Il contratto riguarda i problemi di tutti gli operai non quelli di singoli settori, o aziende, o gruppi di aziende.
E' per questo che esso esige la lotta comune; è per questo che sia le rivendicazioni che le conclusioni devono essere le stesse per tutti i metalmeccanici. Se l'accordo separato di per sè è sempre una soluzione gravemente negativa, altrettanto negativo è il contenuto di questo particolare accordo con la CONFAPI.
Proprio per la sua influenza su tutta la lotta contrattuale, questo accordo deve essere discusso da tutti gli operai e non solo quelli che in esso sono compresi. Esso è gravemente insufficiente per i due punti fondamentali: la riduzione orario di lavoro, e gli aumenti salariali.
1) dagli operai metalmeccanici è stata decisamente espressa la richiesta delle 40 ore subito, pagate 48. Questa richiesta è oggi la più valida perchè la più sentita dagli operai, e perchè è l'unico modo per reagire al ricatto della disoccupazione: del resto essa venne avanzata dai sindacati già all'inizio della lotta contrattuale del 1962. Tanto più giusta e necessaria appare ora, dopo 4 anni in cui i capitalisti sono andati avanti sulle spalle degli operai. L'accordo firmato dai sindacati invece prevede una riduzione di solo un'ora e mezzo, suddivisa in mezz'ora all'anno!
2) ancora più inaccettabili le norme sugli aumenti salariali. Al blocco dei salari voluto dai padroni per la loro "politica dei redditi", si deve opporre la richiesta di forti aumenti salariali, non inferiori a DIECIMILA LIRE AL MESE, uguali per tutti. In rapporto alla crescita dei profitti e dello sfruttamento e allo stesso aumento del costo della vita, questo è il minimo che si possa chiedere. Ed era il minimo per opporsi a quella ristrutturazione capitalistica che significa solo maggiore libertà per i padroni di dominare la classe operaia. L'accordo firmato dai sindacati prevede invece un aumento assolutamente insufficiente del 5 per cento sui minimi, e per di più una maggiore differenza salariale tra le diverse categorie. Questo è molto grave: l'aumento dello sfruttamento e del costo della vita è uguale per tutti mentre tutto ciò che gli operai insieme riescono a strappare al padrone con le lotte, non è ripartito in parti uguali, ma viene destinato in parte maggiore ad aumentare il salario degli strati privilegiati della classe operaia. Inoltre le differenze salariali sono sempre un arma in mano al padrone, per dividere tra loro le varie categorie, per introdurre fra i lavoratori rivalità, opportunismi e carrierismi.
Analoghe considerazioni si possono fare sugli altri punti dell'accordo, che non escono dalla genericità, né rappresentano alcuna nuova conquista. Una soluzione così negativa era già implicita nel tipo di piattaforma proposta dai tre sindacati. Essa non specifica in alcun modo l'entità delle richieste. Si dice: vogliamo aumenti e riduzione dell'orario, ma non si deice di quanto. E' chiaro che questa mancata precisazione lascia aperta la strada alle soluzioni più arretrate: l'accordo con la CONFAPI ne è una prova. Molti operai e militanti hanno insistito perchè l'entità delle richieste fosse precisata: i dirigenti sindacali rispondevano che l'avrebbero fatto solo nel corso della lotta. Quanto più forte sarà la lotta - dicevano - tanto più avanzate saranno le richieste. Era un ragionamento contraddittorio, perchè la lotta si sviluppa assai meglio quando ha obbiettivi chiari, che su obbiettivi generici e mal definiti
Ma anche dando per buono quel modo di ragionare, perchè non si sono ancora precisate le richieste e anzi si è firmato un accordo assolutamente arretrato? Forse la forza mostrata dai metalmeccanici nella lotta è stata insufficiente?
In realtà i metalmeccanici hanno dato prova di una combattività superiore alle migliori aspettative (si pensi agli scioperi FIAT). E allora? Se la piattaforma lasciava temere soluzioni di compromesso, una conferma a quei timori è venuta dalla decisione di passare alle lotte articolate provincia per provincia, dopo un solo sciopero generale della categoria. L'articolazione metteva in pericolo la compattezza della lotta, ne oscurava il significato generale, impediva l'unione della lotta con le altre numerose categorie impegnate nei rinnovi contrattuali e, infine, preparava la strada alle trattative e agli accordi separati. L'esaltazione da parte dei sindacati e dei partiti dell'accordo separato "come una significativa vittoria" pone una grave ipoteca sugli sviluppi successivi della lotta. Già si tenta di ripetere il colpo, arrivando ad accordi separati con le industrie a partecipazione statale e con gruppi privati - Olivetti ecc. - sempre senza consultare né informare la classe operaia in lotta, il cui compito parrebbe solo quello di scioperare "disciplinata" quando glielo dicono. Proprio l'esaltazione dell'accordo CONFAPI e l'assenza di qualsiasi garanzia preventiva nelle piattaforma, lasciano prevedere che i probabili nuovi contratti separati avverranno o sulla stessa base, o su una base ancora più arretrata. Di fronte a queste ipotesi c'è un'unica scelta. Bisogna utilizzare tutti gli strumenti possibili, assemblee di reparto, di fabbrica, sindacali, ecc., pur nei limiti loro propri, per impedire che questa linea si attivi, e per imporre ai sindacati un rilancio della lotta. Generalizzazione e durezza della lotta da una parte, chiarezza sugli obbiettivi che contano - contratto unico, 40 ore, aumenti forti e uguali per tutti - dall'altra parte, sono le condizioni indispensabili di questo rilancio. Bisogna rifiutare una linea sindacale che va contro gli interessi dei lavoratori accettando di dividere il fronte della lotta, distinguendo tra padroni "buoni" e padroni "cattivi" una linea che fin dall'inizio rifiuta di rivendicare miglioramenti sostanziali per paura di mettere in crisi il sistema capitalistico. All'unità dei vertici sindacali che vogliono collaborare coi padroni dobbiamo opporre l'unità delle masse lavoratrici in lotta per i prorpi interessi di classe.