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Se lo sciopero degli operai siderurgici americani è finito grazie al "paterno intervento di Nixon" - il quale, essendo candidato alla presidenza, aveva l'urgente interesse di guadagnarsi l'Oscar della conciliazione (l'accordo si è concluso con una parziale vittoria degli scioperanti: gli industriali pagano la prospettiva di avere un "presidente di destra", ma specializzato nei sorrisi a Kruscev), - i minatori del rame dell'International Union of Mine, Mill and Smelter Workers sono tornali al lavoro dopo uno sciopero che durava dalla metà di agosto, e durante il quale - lo ammette l'Economist - non una libbra di minerale è stata estratta, o, in altri termini, non v'è stato neppure un crumiro. Qui, i vantaggi salariali e contrattuali ottenuti sono il frutto non della calata dal cielo di un politicante o della "volontà di finirla" degli organizzatori, ma alla decisa volontà di lotta di "leader" e gregari insieme. Si è osservato che lo sciopero, scaturito da ragioni economiche, si incrociava con la agitazione in difesa di 14 organizzatori accusati di aver giurato il falso dichiarando di non far parte del partito comunista: questo processo, finito con un certo numero di condanne (la democrazia vale il fascismo), mirava in realtà a colpire attraverso una serie di intimidazioni il sindacato, ma la stessa rivista inglese riconosce che "dopo dieci anni di lotta per la vita contro altre organizzazioni [evidentemente più 'soffici', come dicono in America] che la credevano pronta a sfasciarsi, la Mine Mill conserva almeno i tre quarti dei 100.000 iscritti del 1950".

Il gioco non è riuscito!

Lo Economist spiega la decisione dei minatori organizzati del West (anche geograficamente soli, perché le miniere si trovano in zone impervie e montagnose) e la compattezza del loro sciopero di mezzo anno col fatto che il loro sindacato "ha lottato costantemente, in un modo che è ben lungi dall'essere vero per le altre trade-unions americane, per i diritti di tutti i suoi membri, a prescindere dalla razza o colore"; in realtà v'è qualcosa di più da dire, e noi lo diciamo non per motivi di circostanza, ma per ricordare ai proletari europei le tradizioni di lotta aperta, violenta e in più di un caso eroica del proletariato statunitense a smentita della propaganda che rappresenta la società in stelle e strisce come un modello di ordinato superamento dei... contrasti di classe, come il paradiso di legali e pacifiche scaramucce in difesa dei "diritti" di singoli o gruppi. La verità è infatti che i minatori di rame del West che, in condizioni più difficili dei loro compagni della siderurgia a Pittsburgh, si sono battuti per sei mesi senza registrare una sola diserzione, avevano alle spalle un passato di battaglie senza quartiere combattute sul terreno della forza contro una classe padronale decisa ad imporre con la forza la sua legge, battaglie alle quali sono legati i nomi di Haywood e di Mamma Jones, due figure di autentici militanti proletari nella storia della classe operaia degli USA, e, almeno in parte, il nome dell'unica organizzazione istintivamente rivoluzionaria finora sorta negli Stati Uniti, gli IWW, gli Industrial Workers of the World.

È una tradizione che risale alla scoperta delle miniere di rame nel Montana e nel Colorado, quando neo-proprietari "braccavano gli operai come delle belve se si mettevano in sciopero, importando armate di crumiri e utilizzando contro i minatori non solo le proprie guardie armate, ma le autorità locali al loro soldo, la polizia e la milizia" (Guérin): una tradizione di proletari armati di dinamite che s'impadronivano delle miniere immobilizzandole ed espellevano senza complimenti dallo Stato i crumiri fatti affluire dai padroni; di organizzatori che, messi in galera, vi gettano le basi della Western Federation of Miners; di truppe federali che organizzano spedizioni punitive e mettono in stato di guerra intere regioni (nel 1894, lo sceriffo mobilitò un esercito privato di 1.200 uomini, comprendente perfino reparti di cavalleria, per schiacciare uno sciopero); e, infine, di un sindacato che, aderendo alla AFL, la grande confederazione sindacale in mano a organizzatori pantofolai, la mette in crisi, diviene per qualche tempo una centrale autonoma, poi aderisce al movimento antilegalitario degli IWW, e solo dopo una paziente opera di inquinamento ad opera dell'opportunismo gompersiamo si "addomestica" cambiando nome nei 1907 e divenendo l'I.U.M.M.S.W. per cancellare l' "onta" del suo passato di "fuori legge".

Battuti allora sul terreno della direzione sindacale e politica, i minatori di rame del West sono rimasti tuttavia un osso duro per il padronato americano: avvezzi al tradimento riformista, essi fanno gagliardamente da sé, soli oggi come settant'anni fa, ma più contenti d'essere soli che in compagnia dei crumiri. Ed è stato forse lo spettro degli scioperi del 1880-1905 che ha convinto gli industriali a cedere. "Non una libbra di rame è stata estratta", scrive con involontaria ammirazione la rivista ultraborghese: i minatori della WFM e degli IWW, se rinascessero, riconoscerebbero nei compagni di oggi i loro figli. Noi vediamo in essi la conferma che la lotta di classe è il prodotto necessario dei rapporti di forza in ogni società divisa in classe: può bensì attutirsi momentaneamente e sonnecchiare, ma non spegnersi - neppure nel paradiso del "capitalismo popolare". E che nel corso del suo sviluppo, la lotta di classe esprime da sé la necessità dell'organizzazione politica - che allora fu, con tutte le sue insufficienze, quella degli IWW, e che sarà domani il partito rivoluzionario.

Il programma comunista n°2 del 1960