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Conviene ricordare quale sia stato l'atteggiamento della Sinistra comunista italiana a proposito delle questioni sindacali, passando quindi ad esaminare quanto vi è di mutato nel campo sindacale dopo le guerre e i totalitarismi.

1. Allorché il partito italiano non era stato ancora costituito, al Secondo Congresso dell'Internazionale del 1920, furono dibattute due grandi questioni di tattica: azione parlamentare e azione sindacale. Ora, i rappresentanti della corrente antielezionista si schierarono contro la cosiddetta sinistra che propugnava la scissione sindacale e la rinunzia a conquistare i sindacati diretti da opportunisti. Queste correnti in fondo ponevano nel sindacato e non nel partito il centro dell'azione rivoluzionaria e lo volevano puro da influenze borghesi (Tribunisti olandesi, KAPD tedesco, Sindacalisti americani, scozzesi, ecc.).

2. La Sinistra da allora combatté aspramente quei movimenti analoghi a quello torinese de L'Ordine Nuovo, che facevano consistere il compito rivoluzionario nello svuotare i sindacati a vantaggio del movimento dei consigli di fabbrica, intendendoli come trama degli organi economici e statali della rivoluzione proletaria iniziata in pieno capitalismo, confondendo gravemente fra i momenti e gli strumenti del processo rivoluzionario.

3. Stanno su ben diverso piano le questioni parlamentare e sindacale. È pacifico che il parlamento è l'organo dello Stato borghese in cui si pretende siano rappresentate tutte le classi della società, e tutti i marxisti rivoluzionari convengono che su di esso non si possa fondare altro potere che quello della borghesia. La questione è se la utilizzazione dei mandati parlamentari possa servire ai fini della propaganda e dell'agitazione per l'insurrezione e la dittatura. Gli oppositori sostenevano che anche a questo solo fine è producente di opposto effetto la partecipazione di nostri rappresentanti in un organismo comune a quelli borghesi.

4. I sindacati, da chiunque diretti, essendo associazioni economiche di professione, raccolgono sempre elementi di una medesima classe. È ben possibile che gli organizzati proletari eleggano rappresentanti di tendenze non solo moderate ma addirittura borghesi, e che la direzione del sindacato cada sotto l'influenza capitalista. Resta tuttavia il fatto che i sindacati sono composti esclusivamente di lavoratori e quindi non sarà mai possibile dire di essi quello che si dice del parlamento, ossia che sono suscettibili solo di una direzione borghese.

5. In Italia, prima della formazione del Partito Comunista, i socialisti escludevano di lavorare nei sindacati bianchi dei cattolici e in quelli gialli dei repubblicani. I comunisti poi, in presenza della grande Confederazione diretta prevalentemente da riformisti e dell'Unione Sindacale, diretta da anarchici, senza alcuna esitazione e unanimi stabilirono di non fondare nuovi sindacati e lavorare per conquistare dall'interno quelli ora detti, tendendo anzi alla loro unificazione. Nel campo internazionale, il partito italiano unanime sostenne non solo il lavoro in tutti i sindacati nazionali socialdemocratici, ma anche l'esistenza della Internazionale Sindacale Rossa (Profintern), la quale riteneva ente non conquistabile la Centrale di Amsterdam perché collegata alla borghese Società della Nazioni attraverso l'Ufficio Internazionale del Lavoro. La Sinistra italiana si oppose violentemente alla proposta di liquidare il Profintern per costituire una Internazionale Sindacale unica, sostenendo sempre il principio dell'unità e della conquista interna per i sindacati e le confederazioni nazionali.

6. a) L'attività sindacale proletaria ha determinato una molto diversa politica dei poteri borghesi nelle successive fasi storiche. Poiché le prime borghesie rivoluzionarie vietarono ogni associazione economica come tentativo di ricostituire le corporazioni illiberali del Medioevo, e poiché ogni sciopero fu violentemente represso, tutti i primi moti sindacali presero aspetti rivoluzionari. Fin da allora il Manifesto avvertiva che ogni movimento economico e sociale conduce a un movimento politico e ha importanza grandissima in quanto estende l'associazione e la coalizione proletaria, mentre le sue conquiste puramente economiche sono precarie e non intaccano lo sfruttamento di classe.

6. b) Nella successiva epoca, la borghesia avendo compreso che le era indispensabile accettare che si ponesse la questione sociale, appunto per scongiurare la soluzione rivoluzionaria tollerò e legalizzò i sindacati riconoscendo la loro azione e le loro rivendicazioni; ciò in tutto il periodo privo di guerre e relativamente di progressivo benessere che si svolse sino al 1914.

Durante tutto questo periodo, il lavoro nei sindacati fu elemento principalissimo per la formazione dei forti partiti socialisti operai e fu palese che questi potevano determinare grandi movimenti soprattutto col maneggio delle leve sindacali.

Il crollo della Seconda Internazionale dimostrò che la borghesia si era procurata influenze decisive su una gran parte della classe operaia attraverso i suoi rapporti e compromessi con i capi sindacali e parlamentari, i quali quasi dappertutto dominavano l'apparato dei partiti.

6. c) Nella ripresa del movimento dopo la Rivoluzione Russa e la fine della guerra imperialista, si trattò appunto di fare il bilancio del disastroso fallimento dell'inquadratura sindacale e politica, e si tentò di portare il proletariato mondiale sul terreno rivoluzionario eliminando con le scissioni dei partiti i capi politici e parlamentari traditori, e procurando che i nuovi partiti comunisti nelle file delle più larghe organizzazioni proletarie pervenissero a buttare fuori gli agenti della borghesia. Dinanzi ai primi vigorosi successi in molti paesi, il capitalismo si trovò nella necessità, per impedire l'avanzata rivoluzionaria, di colpire con la violenza e porre fuori legge non solo i partiti ma anche i sindacati in cui questi lavoravano. Tuttavia, nelle complesse vicende di questi totalitarismi borghesi, non fu mai adottata l'abolizione del movimento sindacale. All'opposto, fu propugnata e realizzata la costituzione di una nuova rete sindacale pienamente controllata dal partito controrivoluzionario, e, nell'una o nell'altra forma, affermata unica e unitaria, e resa strettamente aderente all'ingranaggio amministrativo e statale.

Anche dove, dopo la Seconda Guerra, per la formulazione politica corrente, il totalitarismo capitalista sembra essere stato rimpiazzato dal liberalismo democratico, la dinamica sindacale seguita ininterrottamente a svolgersi nel pieno senso del controllo statale e della inserzione negli organismi amministrativi ufficiali. Il fascismo, realizzatore dialettico delle vecchie istanze riformiste, ha svolto quella del riconoscimento giuridico del sindacato in modo che potesse essere titolare di contratti collettivi col padronato fino all'effettivo imprigionamento di tutto l'inquadramento sindacale nelle articolazioni del potere borghese di classe.

Questo risultato è fondamentale per la difesa e la conservazione del regime capitalista appunto perché l'influenza e l'impiego di inquadrature associazioniste sindacali è stadio indispensabile per ogni movimento rivoluzionario diretto dal partito comunista.

7. Queste radicali modificazioni del rapporto sindacale ovviamente non risalgono solo alla strategia politica delle classi in contrasto e dei loro partiti e governi, ma sono anche in rapporto profondo al mutato carattere della relazione economica che passa fra datore di lavoro e operaio salariato. Nelle prime lotte sindacali, con cui i lavoratori cercavano di opporre al monopolio dei mezzi di produzione quello della forza di lavoro, l'asprezza del contrasto derivava dal fatto che il proletariato, spogliato da tempo di ogni riserva di consumo, non aveva assolutamente altra risorsa che il quotidiano salario, ed ogni lotta contingente lo conduceva ad un conflitto per la vita e per la morte.

È indubitabile che - mentre la teoria marxista della crescente miseria si conferma per il continuo aumento numerico dei puri proletari e per l'incalzante espropriazione delle ultime riserve di strati sociali proletari e medi, centuplicata da guerre, distruzioni, inflazione monetaria, ecc., e mentre in molti paesi raggiunge cifre enormi la disoccupazione e lo stesso massacro dei proletari - laddove la produzione industriale fiorisce, per gli operai occupati tutta la gamma della misure riformiste di assistenza e previdenza per il salariato crea un nuovo tipo di riserva economica che rappresenta una piccola garanzia patrimoniale da perdere, in certo senso analoga a quella dell'artigiano e del piccolo contadino; il salariato ha dunque qualche cosa da rischiare, e questo (fenomeno d'altra parte già visto da Marx, Engels, e Lenin per le cosiddette aristocrazie operaie) lo rende esitante ed anche opportunista al momento della lotta sindacale e peggio dello sciopero e della rivolta.

8. Al di sopra del problema contingente in questo o quel paese di partecipare al lavoro in dati tipi di sindacato ovvero di tenersene fuori da parte del partito comunista rivoluzionario, gli elementi della questione fin qui riassunta conducono alla conclusione che in ogni prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale non possono non essere presenti questi fondamenta li fattori: 1) un ampio e numeroso proletario di puri salariati; 2) un grande movimento di associazioni a contenuto economico che comprenda una imponente parte del proletariato; 3) un forte partito di classe, rivoluzionario, nel quale militi una minoranza dei lavoratori, ma al quale lo svolgimento della lotta abbia consentito di contrapporre validamente ed estesamente la propria influenza nel movimento sindacale a quella della classe e del potere borghese.

I fattori che hanno condotto a stabilire la necessità di ciascuna e di tutte queste tre condizioni, dalla utile combinazione delle quali dipenderà l'esito della lotta, sono stati dati: dalla giusta impostazione della teoria del materialismo storico che collega il primitivo bisogno economico del singolo alla dinamica delle grandi rivoluzioni sociali; dalla giusta prospettiva della rivoluzione proletaria in rapporto ai problemi dell'economia e della politica e dello Stato; dagli insegnamenti della storia di tutti i movimenti associativi della classe operaia così nel loro grandeggiare e nelle loro vittorie che nei corrompimenti e nelle disfatte.

Le linee generali della svolta prospettiva non escludono che si possano avere le congiunture più svariate nel modificarsi, dissolversi, ricostituirsi di associazioni a tipo sindacale; di tutte quelle associazioni che ci si presentano nei vari paesi sia collegate alle organizzazioni tradizionali che dichiaravano fondarsi sul metodo della lotta di classe, sia più o meno collegate ai più diversi metodi e indirizzi sociali anche conservatori.

Da "Bollettino interno n. 1", settembre 1951

[tratto da www.quinterna.org]