Torre Annunziata
Erano anni, si può dirlo senza esagerare, che non si vedeva nella nostra città, che pure vanta belle tradizioni classiste, uno sciopero come quello dei lavoratori della A.G.I.T.A. Questi compagni sono riusciti a resuscitare un morto: lo sciopero ad oltranza. Sia onore a loro e al loro coraggio. Le confederazioni sindacali che si disputano il controllo del mercato del lavoro, da anni lavorano a cancellare qualsiasi memoria di un'arma gloriosa del proletariato, anzi dell'unica arma che nelle infami condizioni borghesi permetta ai lavoratori di piegare la prepotenza padronale. Da quanti anni dura la sconsolante esperienza dello "sciopero" a tempo, che scade come una cambiale! Rompendo l'invisibile reticolato di filo spinato che frena le azioni rivendicative dei salariati, spazzando le ragnatele pazientemente tessute dai bonzi sindacali, i lavoratori della Agita hanno condotto lo sciopero vero, lo sciopero che fa ballare di paura tutto quanto il vile apparecchio di repressione che lo Stato borghese mantiene per opprimere gli operai.
Scesi una prima volta in sciopero il 1° aprile per difendere due compagni, che la direzione aveva licenziato con accuse infamanti, gli autisti e i fattorini della Agita costringevano la direzione a rimangiarsi il provvedimento. Il giorno 3, fallite le trattative condotte con la direzione e miranti, da parte degli operai, ad ottenere l'applicazione della legge che prevede la "stabilità di impiego", lo sciopero riprendeva animosamente.
Noi siamo stati sin dall'inizio in mezzo agli scioperanti, permanentemente radunati nella sede del loro circolo, che di lì a poco doveva trasformarsi come in una cittadella assediata. Difatti la polizia, accorsa zelantemente contro gli scioperanti che tentavano di impedire la circolazione degli autobus condotti da crumiri, riceveva una bene sgradita accoglienza. Nasceva un tafferuglio, che metteva a dura prova le "forze dell'ordine". Il signor commissario era costretto a chiamare rinforzi, che, con stile da guerra-lampo, piombavano sulla "zona di operazioni". In men che non si dice uno spiegamento di poliziotti di tutte le armi poneva l'assedio, a regola d'arte, al circolo Agita. Ma i lavoratori non si lasciavano impressionare. Da tempo non vedevamo operai così decisi, così compatti. Quel che conta, accadeva che erano i lavoratori a trascinarsi dietro gli organizzatori sindacali, invece che lasciarsi guidare con i risultati che tutti conosciamo.
Di costoro tutto si può dire, tranne che mancano di fiuto. E difatti essi debbono essersi accorti che lo sciopero dei lavoratori dell'Agita non era il solito sciopero. Non era la solita agitazione di protesta che nasce e muore nello spazio di 24 ore. Volenti o nolenti, essi hanno dovuto uniformarsi allo spirito di lotta degli scioperanti. Naturalmente i primi a disertare il campo erano i sindacalisti baciapile della CISL che, come di norma, si mettevano a contatto con la direzione. Iniziava così una lotta serrata.
Bisognava reagire al crumiraggio, fronteggiare la massiccia azione della polizia che alternava le blandizie paternalistiche alla minaccia brutale, sventare le subdole manovre del sindacato bianco che inscenava un preteso accordo con la Direzione, accordo, inutile dire, che eludeva la rivendicazione per la quale i lavoratori si erano messi in sciopero: "stabilità di impiego". Per 5 giorni, gli scioperanti non solo resistevano ma passavano al contrattacco, dando vita a continue dimostrazioni. A dire il vero, essi non sono rimasti soli in nessun momento. Abbiamo visto operai di altre categorie partecipare alle dimostrazioni e, quel che impressionava di più, alle assemblee tenute nel circolo fino a notte inoltrata, mentre la polizia montava la guardia fuori. A certi attivisti dei partiti socialista e comunista che ingenuamente chiedevano, non senza rammarico, perché noialtri internazionalisti rifiutiamo di "entrare nel movimento operaio", noi abbiamo risposto che siamo da sempre nel movimento operaio, ma che respingiamo l'impostazione non rivoluzionaria che i partiti social-comunista danno alla loro politica. Lo sciopero in corso non provava in piccolo che la classe operaia possiede abbastanza energie per imporre la propria volontà di classe al nemico capitalista e addirittura di schiacciarlo se la sua azione collettiva si svolge nelle forme rivoluzionarie?
Certo l'azione decisa dei lavoratori dell'Agita ha messo in allarme le "autorità". Per lunghi anni angariati da padroni camorristici, gente senza onore e senza pudore che non esita a terrorizzare il povero disoccupato estenuato da anni di miseria o lo inesperto zappaterra delle nostre campagne ingaggiato dietro forte cauzione, i lavoratori dell'Agita potevano alfine sfogare l'ira a lungo repressa. Né i padroni né le autorità si attendevano che le cose pigliassero una piega simile. Al contrario, la popolazione operaia di Torre si aspettava che un giorno o l'altro le odiose prepotenze dei padroni dell'Agita avessero la risposta che meritavano. E infatti la risposta è venuta, dura e decisa.
Il consiglio comunale, comprendendo la necessità di correre ai ripari (e come corrono bene, lorsignori, quando gli operai stringono i pugni!), votava, su iniziativa dei consiglieri socialcomunisti, un o.d.g, di censura contro i padroni dell'Agita, minacciando di municipalizzare il servizio di autotrasporti. Contemporaneamente, si muoveva il Ministero dei Trasporti che avocava a sé la questione, impegnandosi ad esaminare le richieste dei lavoratori.
Soltanto dopo che le "autorità" si impegnavano formalmente a dirimere la vertenza, i lavoratori accettavano, a cinque giorni dalla proclamazione dello sciopero di riprendere il lavoro. Noi siamo assolutamente contrari alla viziosa abitudine dei sindacati di portare tutte le questioni rivendicative nelle mani ministeriali. Ma è un fatto che l'azione degli scioperanti, sordi ad ogni appello al compromesso, ha avuto l'effetto di portare le "autorità" comunali e ministeriali su una posizione dalla quale difficilmente potranno indietreggiare. Naturalmente, solo la ferma decisione dei lavoratori di riprendere, se necessario, l'azione di sciopero varrà a dissuaderle dal tentare il doppio gioco. Possiamo dire che questa decisione c'è.
Lo sappiano i padroni dell'Agita che il bel tempo è finito. Nessuno potrà impedire loro di continuare ad accumulare milioni, almeno finché durerà questo sporco mondo borghese. Ma non potranno certo riprendere i vecchi sistemi carcerarii. I lavoratori hanno preso coscienza della loro forza e torneranno a farne uso, se costretti. I prossimi giorni vedranno lo smacco definitivo della Direzione? Noi confidiamo, come tutti gli operai di Torre, nella intelligenza e nel coraggio dei lavoratori dell'Agita. Un altro passo avanti, compagni!
Non possiamo terminare senza riprendere le osservazioni che facevamo all'inizio. In un non lontano passato, agli inizi della industrializzazione, gli operai di Torre Annunziata diedero magnifiche prove di lotta di classe, di cui non si è perso il ricordo. Se ciò accadde, è perché non erano ancora sortì all'orizzonte i metodi bastardi inventati dai sindacalisti post-fascisti, i quali tendono a sostituire lo sciopero con banali dimostrazioni di protesta, quali appunto le sospensioni del lavoro di ventiquattro o di dodici o di tre ore. Bisogna tornare ai metodi intramontabili della vera lotta di classe! Conosciamo vecchi operai che conservano ancora i nodosi bastoni che bene servivano in tempi di sciopero. Lo sciopero non è una vacanza decretata da inaccessibili uffici confederali. E' lotta dura e ostinata. Ciò hanno capito i compagni della Agita. Perciò diciamo a loro: "Continuate. Siete sulla buona strada. E noi con voi".
il programma comunista n°8 del 1959