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Fra le mille "tecniche nuove" introdotte dal superopportunismo staliniano nel mondo del lavoro c'è anche, recentissima e brillantissima, quella del… ricorso alla magistratura. Sorge una questione salariale? Non si mobilita la classe operaia in un'azione frontale contro il padronato: si promuove azione legale per ottenere una sentenza debitamente firmata dal presidente e dai giudici della Corte.

Criticando — e fin qui giustamente — l'accordo stipulato fra la direzione della OM e i due sindacati CISL e UIL, il bollettino della FIOM, La Lega, del 4-3, ricorda il brillante risultato di una fra queste azioni legali, promossa dalla CGIL contro la Fiat. La storia è presto fatta. L'azione è intentata nel 1952 per ottenere che il tribunale sancisca il principio che la maggiorazione per il lavoro straordinario venga calcolata sul premio o incentivo di produzione. Una prima sentenza del luglio 1953 dà torto alla Fiat e ragione ai sindacati; la Fiat ricorre in appello; nell'aprile del 1954 la Corte conferma la sentenza; ricorso in Cassazione; nel febbraio 1956 il ricorso è respinto, e riconfermate in toto le sentenze emesse dai giudici di merito.

Quattro anni in cui la Fiat ha avuto tempo di espandere il volume del suo fatturato e di "riorganizzare" nel modo a tutti noto le sue maestranze, mentre il potere d'acquisto delle lirette richieste dagli operai ha avuto tempo di fare il cammino inverso. Risultato: "confrontando i due dati relativi alla maggiorazione per le ore straordinarie [cioè quello precedente all'azione della CGIL e quello sancito da S. M. la legge] risulta una differenza a favore dell'operaio di lire 16,33 orarie"!

"Secondo calcoli approssimativi", chiedendo gli arretrati il lavoratore otterrebbe cifre dell'ordine di 13-15 mila lire: quattro anni di attesa, 15 mila lire e… una sentenza di tribunale. Veramente, il successo è grandioso. Risultato politico: dopo tutto ciò, la FIOM invita gli stessi sindacati CISL-UIL firmatari di un accordo-capestro a "prendere fermamente [!!] posizione sulla questione degli arretrati", in mancanza di che "la FIOM si riserva il diritto di procedere a termini di legge per tutelare gli interessi dei lavoratori danneggiati".

La legge innanzi tutto: promoviamo altra azione legale, e fra quattro anni avremo, forse che sì forse che no, soddisfazione: intanto, procediamo uniti, bianchi e rossi, gialli e verdi. Il padrone dorma sonni tranquilli: nei quattro anni da venire, o gli va bene e il pagamento delle spese non gli costerà nulla, o gli va male e troverà sempre modo di non pagare, avendo per giunta dalla sua la "comprensione nazionale" dei sindacati legalitari. Per intanto, registra questo punto di vantaggio: se deve "piegarsi", il poveraccio, lo fa non di fronte alla canaglia stracciona dei suoi dipendenti, ma alla sovrana maestà della legge. L'onore è salvo, le istituzioni ancor più. In attesa che il codice-Kinglas lavori, la maestranza dorme come forza di classe, e lavora come strumento del Capitale…

Ma di là da questo aspetto di codarda acquiescenza di fronte al padronato (è caratteristico che l'azione legale sia stata promossa nel 1952, quando l'espansione della Fiat rinnovata era appena agli inizi, e si sia conclusa nel 1956, quando il ventre del mostro si era ricolmo a dovere, gonfiandosi in santa pace al riparo di agitazioni operaie sospese nell'aspettativa della… sentenza di un tribunale), v'è in tutta questa vicenda ben altro: v'è la sconcia "superstizione dello Stato" contro cui Marx ed Engels levarono già la frusta. Tutte le "agitazioni" hanno questo punto di partenza e questo punto di arrivo, per il superopportunismo: educare i proletari a contare non già sulla propria forza organizzata, ma sull'appoggio di un ente superiore alle classi, incarnazione di leggi morali radicate nel cuore dell'uomo, che si chiama Stato o, che è la stessa cosa, la Legge con l' "l" maiuscola. Vogliono la Costituzione, vogliono il codice civile, vogliono l'intervento statale a dirimere le questioni di lavoro ed a salvare le industrie pericolanti (punto nel quale i lavoratori sono messi al servizio dei padroni, piagnoni verso lo Stato quando si tratta di ottenere quattrini, insofferenti — a parole — dello Stato quando i quattrini vengono "da sé"), vogliono il rispetto delle sacre istituzioni nazionali. Insomma, vogliono che l'apparato di dominio della classe dominante funzioni nel modo migliore: il loro sogno è quello del più fradicio dei laburisti: "educare i nostri padroni". Tutti i salmi finiscono così: sia gloria nei cieli allo Stato, e pace in terra ai Valletta di buona volontà!

Da Il programma comunista n. 5 del 1958