Comitato di lotta della Lancia di Torino 5-11-68
Operai, compagni,
lo sciopero della Lancia, durato più di tre settimane, è finito con un compromesso che ha lasciato tutti con la bocca amara. Ci vorrà un anno e mezzo soltanto per rifarci della perdita di salario che abbiamo subito nel mese di ottobre. Abbiamo ottenuto 15 lire invece delle 40-50 che chiedevamo. Nulla sulle qualifiche. Nulla sulle altre questioni per cui ci eravamo mossi ai primi di ottobre. Anche per quel poco che abbiamo ottenuto, non abbiamo nessuna garanzia all'infuori delle parole del Prefetto.
La responsabilità politiche delle organizzazioni sindacali
Tutti quanti sappiamo che la responsabilità principale di questa conclusione dello sciopero va cercata in primo luogo nel comportamento delle organizzazioni sindacali durante tutta la vertenza. I quattro sindacati hanno voluto chiudere frettolosamente lo sciopero a qualsiasi costo, prima dell'apertura dei Salone dell'Auto; e ne hanno imposto la fine con metodi burocratici, senza neppure convocare un'assemblea operaia in cui tutti potessero esprimere il proprio giudizio sui termini dell'accordo.
Ma non serve a nulla limitarsi all'incazzatura contro i sindacati e brontolare contro il " tradimento ". Gli operai della Lancia devono trarre da questo sciopero tutte le lezioni e gli insegnamenti che possono servire nelle lotte future, ad evitare compromessi vergognosi che indeboliscono e dividono gli operai di fronte al padrone. Lo sciopero della Lancia non va visto come un fatto isolato. Esso è stato solo un momento, un episodio, di una lotta più generale che la classe operaia italiana sta combattendo contro tutto il piano di riorganizzazione capitalistica, a livello nazionale e internazionale, con vittorie e sconfitte. Le grandi aziende capitalistiche, come la Fiat, la Montedison, si stanno concentrando in complessi sempre più vasti e costringono le aziende minori a riorganizzarsi e ad integrarsi con loro. Questo piano comporta in certe aziende licenziamenti, riduzioni d'orario, riorganizzazione interna, aumento dello sfruttamento. E dappertutto chi paga i costi delle operazioni capitalistiche è sempre la classe operaia. Le organizzazioni sindacali e i partiti riformisti che stanno dietro di loro, invece di opporsi radicalmente a questo piano accettano che le concentrazioni capitalistiche avvengano a spese degli operai. In questi giorni esse hanno concluso, con il governo e con gli imprenditori, un accordo che si limita a concedere un po' di soldi in più agli operai colpiti dai licenziamenti o dalle sospensioni, mentre dà mano libera ai padroni all'interno di ogni fabbrica.
Il gioco dei padroni
La Lancia è destinata ad essere assorbita dalla Fiat: o direttamente, o tramite qualche mediatore di comodo. I nostri padroni vecchi e nuovi volevano quindi che uscissimo battuti da questo sciopero, per poter imporre tra qualche mese metodi più " moderni " e " razionali " di sfruttamento, per poter manovrare gli operai a loro discrezione: spostando o licenziando quelli che non gli serviranno. I padroni non volevano che scendessimo in sciopero. Ma una volta incominciata la lotta, hanno cercato di usarla per i loro scopi: per ingabbiarci meglio. I sindacati sono stati al gioco dei padroni. Invece di vedere in questo sciopero un episodio di una lotta generale, hanno cercato di isolarlo in tutti i modi dentro i confini di una lotta aziendale, facendo finta che la Fiat non esistesse. I sindacati non volevano lo sciopero: hanno i loro " calendari " per le vertenze sindacali, fissati d'accordo con lo Stato, e con i padroni. Il nostro sciopero non rientrava in questo calendario. Così la lotta ce la siamo dovuta organizzare noi stessi, da soli, malgrado il momento fosse difficile a causa dell'orario ridotto, mentre i sindacati e la Commissione Interna continuavano a portare avanti, come se niente fosse una trattativa sui cottimi che durava da mesi, da prima delle ferie, continuando a rimandare la decisione dello sciopero.
Il comitato di sciopero
L'iniziativa dello sciopero è partita da noi, con le fermate interne. Abbiamo cominciato ad organizzare un comitato di sciopero che, insieme con l'assemblea operaia, potesse decidere l'andamento e la conclusione dello sciopero. Gli operai più coscienti sapevano, fin dall'inizio, che era necessario il diretto controllo della lotta da parte di tutti. Nei primi giorni siamo infatti riusciti ad organizzare direttamente le forme dello sciopero, ad imporre le nostre rivendicazioni, a tenere le assemblee. Ma via via che lo sciopero andava avanti nel tempo, i sindacati riprendevano l'iniziativa nelle loro mani. Prima di tutto hanno inglobato il comitato di sciopero in un " comitato d'agitazione " creato con sistemi burocratici, in cui i compiti erano limitati alla raccolta dei fondi di solidarietà - cosa importante - e alle passeggiate in prefettura. Poi hanno isolato gli elementi d'avanguardia, gli operai più coscienti, cercando di contrapporli alla massa. Ma soprattutto i sindacati sono riusciti a isolare lo sciopero della Lancia, sia boicottando ogni allargamento della lotta agli altri operai di Torino, sia rifiutandosi di coordinarlo con altri scioperi che erano in corso negli stessi giorni. Per queste ragioni è mancato l'incontro con gli operai della Pirelli che erano venuti in corteo da Settimo a Torino per trovarsi con gli operai della Lancia. Per queste ragioni nulla è stato fatto in direzione della Fiat, neppure un volantino, per chiedere solidarietà con la nostra lotta. Per queste ragioni si è sabotata la proposta di organizzare, il giorno d'inaugurazione dei Salone dell'Auto, una manifestazione di protesta che avrebbe avuto una risonanza nazionale.
La trattativa e l'accordo
Come conclusione finale, con un'assemblea truccata, uno sparuto gruppo di operai, domenica 27 ottobre, dava mandato ai sindacati di trattare con la direzione sulla base di 15 lire di aumento. I sindacati, una volta raggiunto lo scopo di avere le " mani libere " per trattare senza dover più rendere conto alla base operaia, concludevano così lo sciopero che non avevano voluto. Una parte di responsabilità in questo esito della lotta ce l'abbiamo tutti. I sindacati avevano fatto fin dall'inizio la loro scelta. Ma noi, la nostra scelta, non siamo stati in grado di farla tutti insieme e di imporla al sindacato. Mano a mano che andava avanti lo sciopero, aumentava in parte degli operai un atteggiamento di passività e di delega nei confronti dei sindacato: " Lasciamo fare a loro, che le cose le sanno meglio di noi, che hanno più esperienza, che sanno farsi capire dai padroni ". Così sempre più alto era il numero di quelli che si mettevano in mutua, o si cercavano un altro lavoro e non venivano più ai picchetti e alle assemblee. Anche per queste ragioni, gli operai più coscienti si sono trovati isolati dalla massa.
Lo sciopero è finito, ma la lotta continua: come organizzarsi
Tutto questo è potuto avvenire perché non eravamo organizzati già prima dello sciopero, all'interno e all'esterno della fabbrica. Lo sciopero appena terminato deve servirci non solo a criticare la politica dei sindacati, ma a porre le basi di un'organizzazione autonoma, capace di condurre le lotte secondo la volontà operaia e ad indirizzarle in modo cosciente contro il nemico comune: l'organizzazione capitalistica della società. Un'organizzazione capace di combattere giorno per giorno, in una lotta continua, l'intensificazione dello sfruttamento, il taglio dei tempi che sta già avvenendo in alcuni reparti e la disciplina di caserma che i capitalisti impongono alla classe operaia dentro la fabbrica. Tutti sappiamo che lo sciopero è finito, ma che la lotta continua, in forme diverse, e che nuovi momenti di scontro con il padrone ci attendono in futuro. Dobbiamo prendere nelle nostre mani le redini delle lotte future ed essere in grado di tenerle sino alla fine. Scegliere coscientemente i momenti di lotta, quando il padrone è più debole e noi siamo più forti. Scegliere le forme più adatte alla situazione di ogni momento. Per questo non possiamo aspettare: il tempo lavora a favore dei padroni. Siamo rientrati in fabbrica a testa alta: non dobbiamo abbassarla ora. Insieme con gruppi di studenti, con operai di altre fabbriche e con altri compagni, i nuclei operai che sono stati i più attivi nella lotta hanno cominciato a collegarsi tra di loro in modo permanente, costituendo un COMITATO DI LOTTA che sia il nucleo iniziale dell'organizzazione autonoma e unitaria della classe operaia alla Lancia. Questa azione non può essere, naturalmente, limitata ad una sola fabbrica. Abbiamo visto in questo sciopero che, se gli operai di una fabbrica si trovano isolati contro i capitalisti uniti, non possono vincere. L'oppressione capitalistica si esercita su tutta la classe operaia e su tutta la società.
Gli operai della Lancia devono collegarsi tra di loro, tra le varie officine. Devono anche collegarsi con i nuclei operai più coscienti e attivi di tutte le altre fabbriche dei quartiere e della città e unirsi con tutti coloro che lottano contro lo sfruttamento capitalistico nella scuola, nelle campagne, nei quartieri.
Il Comitato di lotta della Lancia, Tip. Nuova Statuto 5-11-68
[da www.nelvento.net]