Il Governo del capitale presenta il suo piano... ma manca la risposta sindacale.
La sinistra sindacale di fronte ad un bivio.... serve chiarezza.
Ora non esistono più alibi. Con l'incontro odierno tra governo e parti sociali si è fatto esplicito e compiuto il progetto di liquidazione delle residue tutele del lavoro, sul piano degli ammortizzatori sociali e della contrattazione ben al di la di quanto potesse sperare lo stesso Marchionne.
Riduzione di fatto degli ammortizzatori sociali: Secondo il governo questa tutela va garantita solo nei casi di fermata momentanea degli impianti con la cassa integrazione ordinaria. Per quei lavoratori considerati invece "esuberi" e per questo espulsi dal lavoro si vedrà.
Di fatto la proposta dal governo è quella di considerarli da subito licenziati, senza accompagnamento di alcun tipo (senza più Cig straordinaria o in deroga, mobilità, accompagnamento alla pensione) e quindi destinati a percepire solo una sorta di salario garantito la qui entità e la cui copertura oggi il governo dice di non essere in grado di definire e che quindi andrebbe affrontata più avanti, comunque dopo aver tagliato gli attuali ammortizzatori sociali.
Della serie... "ce ne può fregar di meno.... ". Come esempio di "fase due", tutta improntata alla crescita ed alla solidarietà non c'è male.
Contratto secondo il ciclo di vita del lavoratore: E' la variante del governo all'iniziale ipotesi di contratto unico. Dal punto di vista del merito il governo non si è sbottonato molto ma le intenzioni sono comunque evidenti. L'ipotesi è quella di introdurre un contratto di inserimento di tre anni per i più giovani (meno remunerato, senza articolo 18 e quindi una precarietà mascherata) da rimodulare poi negli anni a seconda dell'anzianità del lavoratore. Di fatto verrebbe meno l'unicità contrattuale tra i lavoratori che verrebbero divisi (in termini di retribuzione e di normative per fasce di età e di anzianità).
Una variante originale delle vecchie gabbie salariali (già allora suddivise al loro interno in base al sesso ed all'età) che ne ripropone comunque tutta la sua ferocia.
Il governo di fatto si allinea all'estremismo padronale di Marchionne (ormai assunto anche da tutta Confindustria) che punta alla eliminazione del contratto nazionale ed alla messa a regime del sistema di deroghe che già Cgil Cisl e Uil hanno accettato con l'accordo del 28 giugno scorso.
Non sono semplici aggiustamenti alle normative attuali ma un vero e proprio cambiamento nei rapporti lavoro-capitale che sanciscono un pesante nuovo asservimento del lavoro all'interesse di impresa e di profitto.
Praticamente si mette la pietra tombale ad un diritto del lavoro già comunque e progressivamente intaccato da anni, dall'abolizione della scala mobile, dalla legge 233 che eliminava la titolarità degli esuberi, dalla scelta di predeterminare lo spazio contrattuale vincolandolo nei limiti dell'inflazione programmata, fino al recente accordo sindacale del 28 giugno che legittima deroghe ai diritti di legge e contrattuale.
Un macigno insomma che stravolge e cambia radicalmente le stesse regole della contrattazione concertativa, ma nonostante ciò I sindacati confederali si sono seduti al tavolo praticamente senza una loro autonoma strategia, appesantiti da una unità sindacale solo di facciata e da una comune paura di mettere in difficoltà un governo sostenuto e difeso dai loro partiti di riferimento (dal PD all'UDC).
Se il governo, in qualche modo, è stato preciso ed esplicito nelle sue intenzioni fa impressione la pochezza della risposta sindacale che si è limitata ad affermare come, quanto presentato dal governo, non va considerato l'agenda dei lavori i cui punti dovranno essere semmai individuati negli incontri successivi.
Si fa finta di essere si preoccupati ma di non aver capito ancora bene il tutto e quindi si aspettano i prossimi incontri.
In realtà si è compreso bene cosa vuole incassare il Governo. Semplicemente si spera di emendarne la portata e di evitare una rottura. Si ripete cioè quanto è già successo sulle pensioni dove, a fronte di dichiarazioni sindacali di fuoco non ha corrisposto nessuna seria azione rivendicativa e di lotta.
Lo stesso Governo ha compreso il limite in cui sono oggi infognati i sindacati confederali tanto che sembra non dare nessun peso al loro intervento negoziale (la proposta di proseguire il confronto solo via web è sintomatico).
I lavoratori sono i veri esclusi. Nessuno li ha consultati preventivamente per costruire una proposta sindacale. Nessuno li informa e li chiama a discutere attivando i normalissimi canali sindacali (assemblee). Si sa cosa succede solo perchè si guarda la TV o si leggono i giornali.
Semplici spettatori quindi, ridotti in un angolo a guardare ciò che succede sulla loro pelle, mentre le burocrazie sindacali si parlano tra loro sperando in appoggi nelle forze politiche di riferimento, come loro bloccati dalla paura di mettere in difficoltà il governo ma speranzosi che tanta disponibilità venga ripagata con qualche aggiustamento formale all'ipotesi governativa, quanto basta per far vedere che qualcosa si è conquistato.
L'opzione della lotta, della rivendicazione sindacale, la stessa idea di presentare formalmente al governo una piattaforma condivisa, discussa ed approvata dai lavoratori, sono cose che neppure si prendono in considerazione.
La questione della contrattazione, del mercato del lavoro, e la precedente resa sulle pensioni cambieranno definitivamente questo sindacato, riducendolo a semplice gestore della conflittualità, rimuovendo definitivamente il suo già oggi residuale rapporto con quel mondo del lavoro che dovrebbe invece rappresentare (quanto già previsto dall'accordo del 28 giugno scorso in materia di democrazia e rappresentatività già indicava la prevalenza della democrazia sul consenso reale dei lavoratori).
La resa sindacale al governo Monti è parte di un percorso che ormai da anni sta portando le burocrazie sindacali a chiudersi su se stesse, in difesa di se stesse.
Servirebbe oggi una sinistra sindacale in Cgil capace di tenere aperto un ragionamento critico, sia nelle analisi che nelle proposte, ed un lavoro organizzativo per dare a chi comunque pensa ancora alla necessità di un sindacato partecipativo e rivendicativo, la possibilità di tenere aperta in Cgil una lotta per il cambiamento, per una vera svolta sindacale.
Purtroppo, un po per le difficoltà oggettive ed un po per la debolezza delle strategie, la sinistra sindacale attuale rimane combattuta tra la pressione che viene dalla sua base e la tentazione di sviluppare la propria autoreferenzialità di apparato in modo da garantirsi una minor conflittualità con la maggioranza Cgil.
"Lavoro e Società" è ormai omologata di fatto e da tempo alla maggioranza Cgil e le sue uscite, i suoi periodici bla...bla per dire "si .. no .. ma .. però" sulle questioni aperte fanno parte delle barzellette che girano nelle sedi Cgil.
"La Cgil che vogliamo" è di fatto bloccata da tempo. Una idea congressuale corretta ma che non è mai veramente decollata. Senza negare le giuste battaglie che ha saputo fare in alcune situazioni non ha di fatto mai operato come proposta di alternativa alla attuale maggioranza Cgil. Un po per i limiti statutari che la maggioranza opera quotidianamente e strumentalmente per reprimere i dissensi troppo evidenti e dichiarati, un po per la mancanza di una vera unità interna e sopratutto per la mancanza di una vera piattaforma alternativa sulle questioni aperte.
"La rete28aprile", che comunque è sopravissuta in qualche modo nonostante si sia sciolta formalmente nella scelta congressuale de "La Cgil che vogliamo", pur mantenendo un suo carattere di alternatività alla attuale maggioranza è oggi troppo limitata allo spazio Fiom per poter reggere da sola una battaglia più generale in Cgil.
Ma resta il fatto che:
- Con la stagione degli accordi separati (che hanno fatto saltare ogni ipotesi di tenuta della attuale struttura contrattuale)
- Con la liquidazione di ogni formale riferimento sindacale alla democrazia, alla partecipazione, al diritto dei lavoratori di votare gli accordi (elementi immolati all'altare di una unità tra le burocrazie sindacali, per governarne la conflittualità)
- Con la recente manomissione del sistema previdenziale pubblico
- Ed ora ... con quanto si va delineando in materia di mercato del lavoro, diritti e modello contrattuale,
e quindi, con una definitiva deriva sindacale verso un modello neocorporativo ed autoritario, non può venire a meno la possibilità di mantenere anche e sopratutto in Cgil, una sinistra sindacale capace di tenere aperto ed attivo un ragionamento critico.
All'interno dell'area "La Cgil che vogliamo" è oggi aperta una discussione importante che probabilmente porterà nei prossimi ad ufficializzare le diverse posizioni presenti.
Certo che questo indebolirà l'area di fronte alla maggioranza ed all'urgenza delle questioni oggi aperte, ma almeno ciò permetterà di avviare una vera discussione sulle reali prospettive della critica sindacale in Cgil e sulla sua operatività.
Ma non lasciamo che questa discussione rimanga nel chiuso degli apparati sindacali, chiediamo che questa discussione coinvolga tutti, delegati e lavoratori.
23-1-2012
COORDINAMENTO RSU
[tratto da www.coordinamentorsu.it]