In un silenzio quasi generale, Piombino continua ad essere teatro di lotte e agitazioni violente. Sciopero di 48 ore il 19 febbraio, scontri fra dimostranti e polizia il 21, con feriti e contusi, arresto il 22 degli otto operai licenziati, arresti ancora nei giorni successivi. La catena continua.
È evidente che la situazione del grande centro siderurgico non può risolversi localmente, perché è legata a tutto il problema della siderurgia italiana e, di là da questo, al problema della politica economica della classe dominante. Ora la C.G.I.L. non può né portare la lotta sul piano nazionale né impostarla su un piano di classe e di rivendicazioni socialiste: se lo facesse, romperebbe il blocco locale "di tutti gli strati cittadini" e rinuncerebbe (e non può rinunciarvi) alla sua politica generale di unione nazionale, di difesa della "nostra" industria e di legalità democratica.
Cosi, l'agitazione (e i licenziamenti su vasta scala che l'hanno determinata) è condannata ad esaurirsi: può darsi che decida il governo ad intervenire con sussidi alle industrie deficitarie e con commesse. Può darsi che, cosi agendo, una parte dei licenziati sia riassorbita; ma il problema rimarrà aperto, e l'esito collimerà con gli interessi della grande industria, non con quelli degli operai.
Le forze di repressione possono, intanto, scorazzare liberamente…
il programma comunista n°5 del 1953