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I nazionalcomunisti della C. G. I. L. che, dai banchi di Montecitorio tuonano in difesa della "libertà di sciopero", sono gli stessi che non esitano a servirsi dello sciopero come di una moneta di scambio nelle trattative coi padroni. Non è una novità, per noi, e per chiunque abbia individuato nello stalinismo una forza di conservazione al servizio del regime borghese; e già in altra occasione abbiamo segnalato l'offerta ufficiale della F. I. O. M. alle aziende disposte a concedere acconti sul conglobamento di esentarle da uno sciopero che pur voleva essere e si proclamava nazionale.

Ma l'episodio più losco di questo mercanteggiamento è stato offerto dalla C.d.L. di Alessandria nelle sue trattative con la Borsalino. Per ottenere qualcosa in più rispetto al recente accordo stipulato dalla C. I. S. L., la Camera del Lavoro promette al padrone la "tranquillità sindacale" nella sua azienda per un certo periodo di tempo; il padrone offre 1200 lire; in corrispettivo, la C. d. L. offre la rinuncia ad ogni sciopero di carattere economico. La "libertà di sciopero" è salva in linea di principio; ma i suoi sostenitori la silurano per primi nella pratica. E qui si è fermata la vertenza, giacché il padrone chiede la rinuncia anche agli scioperi politici, e su questo punto la C. d. L. è irremovibile (fino a quando?). Notate bene: gli stalinisti sono pronti a sottoscrivere la rinuncia agli scioperi economici, cioè a quelli che interessano direttamente e comunque gli operai; non vogliono sottoscrivere la rinuncia agli scioperi politici che servono a loro per i propri interessi di bottega parlamentare e legalitaria e non agli interessi generali del proletariato. Così la fregatura è doppia: prima si fa dello sciopero una moneta di scambio da mercanteggiare contro concessioni dirette ad assicurarsi una clientela di votanti; poi, negato lo sciopero "economico", si sfrutta lo sciopero per i fini politici che tutti conosciamo, fini democratico-borghesi antitetici agli interessi rivoluzionari della classe operaia. La libertà di sciopero è, per la CGIL la libertà di fare dello sciopero quel diavolo che ad essa piace, una pedina manovrabile sulla scacchiera di un miserando gioco parlamentare.

Da il programma comunista n°15 del 1954