Logo Chicago86

Abbiamo riassunto per sommi capi, nel numero scorso, i termini fondamentali delle "risoluzioni" uscite dal congresso della CGIL; ma il tema, dati anche gli sviluppi in sede legislativa che già si preannunziano, è destinato ad occuparci ancora per mesi.

Qual è stata, in fondo, la nota dominante del Congresso? Nulla di nuovo, d'accordo; nulla che ci stupisca dopo lunghi anni di precipizio verso il fondo di una palude senza avvenire; la riaffermazione, di anno in anno più esplicita, del chiodo ribadito con monotonia esasperante da gerarchi e gerarchetti, da rappresentanti "operai" e delegati governativi — il chiodo del "riconoscimento ufficiale" dei sindacati, non soltanto a parole, come "pilastri dell'ordinamento democratico", come tutori della carta costituzionale, come vestali dell'economia pubblica.

A questa rivendicazione si affianca, col rigore logico che distingue i super-opportunisti ultimo grido, l'altra dell'autonomia delle organizzazioni sindacali dal padronato, dal governo e dagli stessi partiti. Come il riconoscimento non soltanto formale ma giuridico del sindacato nell'ambito della struttura statale dominante si concilii con la parola d'ordine della loro autonomia, vallo a capire; ma il binomio è in realtà inscindibile, giacché, malgrado il disorientamento ideologico e politico delle masse, sarebbe difficile ai bonzi convincerle che il "riconoscimento giuridico" è una conquista di classe, se non si facesse balenar loro, tutto all'opposto, la possibilità di una maggiore indipendenza dalla classe avversa. Mescolare dosi massicce di patriottismo e un pizzico di vago classismo è una condizione sine qua non perché la pillola amara venga deglutita come la più dolce e gradita pasticca.

D'altronde, tutto il Congresso è vissuto su analoghe "contraddizioni". I "rossi", gli uomini dell'"indipendenza dei sindacati" e dell'"unità della classe operaia", hanno sollecitato a mani giunte l'intervento del ministro del lavoro come rappresentante di quello stesso governo dal quale... si pretendono autonomi. Zaccagnini (vi ricordate lo scandalo?) era intervenuto al congresso della CISNAL: perché avrebbe disertato quello della CGIL? E, dal momento che c'era il ministro del lavoro, perché non il rappresentante del CNEL, Campilli? Siamo autonomi, che diavolo: ma ci sentiamo sperduti se i governanti ci lasciano soli! Inutile dire che l'incontro è avvenuto con soddisfazione reciproca, e C. Brigantin, nel suo editoriale del Lavoro nr. 15, può ben scrivere:

"Egli (il ministro) ha esplicitamente riconosciuto che la CGIL è un sindacato che, agendo nell'ambito della Costituzione, tende a dare un apporto positivo alla soluzione dei grandi e urgenti problemi del mondo del lavoro italiano".

Il "lavoro italiano" è, intendiamoci bene, "l'economia italiana"; la "classe" — se mai questa parola ritorna di straforo nei discorsi confederali - è divenuta "la nazione". Perciò, parafrasando le parole del ministro, i sindacati chiedono che gli operai siano con parità di diritti rispetto ai padroni, chiamati a "decidere sul livello delle retribuzioni e delle prestazioni sociali, sulla quantità e qualità, e su gli orientamenti degli investimenti privati ed anche di quelli pubblici".

In parole povere, i proletari devono essere organicamente "inseriti" nella vita pulsante dell'economia capitalistica e della politica borghese, localmente e nazionalmente, proprio come avrebbe voluto il fascismo. Dalla Confederazione generale dei lavoratori alla... Camera dei fasci e delle corporazioni. Il fascismo è morto e, trionfalmente, resuscitato!

Non basta. Gli "irriducibili" oppositori del Mec, i critici "spietati" della Ceca, chiedono d'essere presenti anche nella direzione di questi organismi internazionali di pura marca atlantica. Il cerchio è chiuso: dal corporativismo interno al corporativismo estero: siamo o no in fase di distensione? E quei poveracci di iscritti che scioperarono, e magari scioperano ancora, contro il Mec, la Ceca, la Nato, ecc. forse domani saluteranno i loro rappresentanti proprio in quelle diaboliche istituzioni made in USA. Krusciov fa scuola.

Nei prossimi giorni il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, altro istituto di pura marca mussoliniana, discuterà "le proposte di attuazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione, relativi, fra l'altro, al riconoscimento della personalità giuridica dei sindacati". Che ci si arrivi o no, poco importa. Per noi marxisti è scontato in dottrina e in pratica che ogni teorizzazione segue l'azione; il diritto vigente rispecchia (non conta se in ritardo), la realtà sociale di fatto. I sindacati della collaborazione sono già riconosciuti come strumenti dell'economia capitalistica; non a torto gongolano per gli elogi che i quotidiani borghesi (come Il Giorno l'Italia) distribuiscono loro!

Il benservito l'hanno già ricevuto. E l'"autonomia" che promettono solennemente alla classe operaia è, in poche parole, l'autonomia dai suoi interessi immediati e storici, la capitolazione di fronte alla classe nemica.

Il programma comunista n°8 del 1960