"Una parte della borghesia desidera di portar rimedio agli inconvenienti sociali, per garantire l'esistenza della società borghese. Rientrano in questa categoria economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della situazione delle classi lavoratrici... e tutta una variopinta genia di riformatori sociali. Questo è il socialismo borghese.
( Marx - Manifesto del 1848 )
Alla scadenza delle lotte contrattuali ogni gruppuscolo politico rende il proprio contributo ideologico allo squallido panorama dello spettacolo imperante, relegandosi nel la sfera del "politico", semplice momento nel processo reale dell'economia, pretendendo cioè di spiegare l'evoluzione dialettica della realtà attraverso la fissazione di fenomeni di cui si coglie il puro e semplice manifestarsi eludendo la ricerca di quelle cause che, stando alla radice del fenomeno stesso, lo presentano non più come un fatto "in sé", ma come logica conseguenza di un processo. La linea di tendenza generale verso cui il capitale italiano muove in questo momento, anche se come si è visto ciò avviene in maniera complessa e contraddittoria, è l'affermazione totalitaria del suo dominio reale, il che, da un punto di vista strettamente economico, significa il prevalere del tempo di circolazione sul tempo di produzione, e la creazione su vasta scala di popolazione improduttiva, non coinvolta nel processo di creazione della ricchezza materiale. Di conseguenza, assistiamo alla diminuzione relativa e progressiva del ceto operaio (dell'unico ceto produttore di merci classiche), mentre aumenta il numero delle persone utilizzate per facilitare la realizzazione di plus-valore, cioè la sua trasformazione dalla forma merce alla forma denaro (14)?In questa prospettiva è possibile comprendere le cause delle continue riduzioni dei livelli di occupazione operaia (in parte recuperati nel ciclo della circolazione, in parte estromessi del tutto). Non si tratta dunque di "provocazioni padronali", o di "risposte della classe dirigente alle giuste lotte della classe operaia", ma della necessità intrinseca che il capitale ha di accrescersi attraverso il costante aumento della scala di produzione.
Nel quadro specifico dell'evoluzione del capitalismo italiano, le scadenze sindacali per il rinnovo del contratto di lavoro ratificano un importante momento di riorganizzazione della produzione; dietro il paravento delle rivendicazioni "politiche", non a caso i contratti del '72 si preannunciano come passaggio da rivendicazioni di tipo salariale a rivendicazioni di tipo più generalmente normativo, rispondendo dunque perfettamente alle suddette necessità di riforma strutturale. L'interrelazione tra le rivendicazioni sindacali e le proposte più avanzate da parte "padronale" in questo preciso momento della ristrutturazione economica, risulta chiaro ed evidente, per esempio, anche dai risultati di una riunione tenutasi a Roma il 19-5-'72, in cui la Federmeccanica, fondata da Agnelli, anticipando le proposte sindacali, ha avanzato le sue richieste, che possono essere così riassunte:
- L'onere totale contrattuale, che deve essere compatibile con la situazione economica, deve essere graduato nel tempo, e ripartito nell'arco della durata del contrattò;
- La contrattazione articolata deve essere liberata "da rovinosi effetti della conflittualità permanente", e tornare ad essere un "confronto democratico sui problemi aziendali fra imprenditori e lavoratori";
- Deve essere garantita la democraticità degli organismi di rappresentanza aziendale dei lavoratori;
- La formazione professionale deve essere collegata con l'inquadramento dei lavoratori, affinché sia di incentivo all'assunzione di maggiori responsabilità, all'ulteriore qualificazione ed alla maggiore efficienza sul lavoro;
- Deve essere garantita una gestione "efficiente e comune" delle strutture previdenziali e mutualistiche, un utilizzo senza interruzioni degli impianti in relazione alla distribuzione delle festività.
E' interessante analizzare dettagliatamente le proposte sindacali, per verificare ulteriormente come esse si inseriscano, al di là delle vuote fraseologie ed indipendentemente dalle congiunture particolari, nei piani e nelle prospettive di riforma (se ancora possono esistere riforme) che il capitale esige come propria dinamica interna.
Sostanzialmente le vertenze sindacali di quest'anno si sviluppano in tre direzioni:
- Consolidamento del potere degli organismi di coogestione (consigli di fabbrica);
- Classificazione unica operai-impiegati, e abolizione di alcune delle attuali divisioni di categorie;
- Riduzione progressiva degli orari di lavoro (40 ore per tutte le categorie, suddivise in 5 giorni, con 38 ore per i metallurgici e 36 per i turnisti).
Il senso di analizzare più profondamente le direttive sindacali risiede nella definizione delle possibili prospettive proletarie.
1) IL RECUPERO DEI CONSIGLI
Il discorso sui consigli di fabbrica rientra nel quadro di recupero delle esperienze organizzative che il proletariato si diede in rapporto ad una fase determinata della sua evoluzione, il cui contenuto rivoluzionario resta altresì strettamente legato a quel momento storico (1905-23) quando ancora esistevano degli spazi liberi di cui il proletariato si appropriava a che autogestiva appunto attraverso la forma consiglio.
Il tentativo di riattualizzarli proponendoli come schemi formali si colloca come atto controrivoluzionario, dal momento in cui, inseriti in un periodo dell'evoluzione storica in cui il capitale si erge a monolito, comprende ogni aspetto del vivibile ed affida la propria riproduzione non più a specifiche organizzazioni, ma alla autoorganizzazione degli individui che in esso si riconoscono, i consigli divengono un momento di recupero delle nuove manifestazioni del moderno proletariato rivoluzionario (assenteismo, sabotaggio, lotte antilavorative, esplosioni di violenza, ecc. ) e inoltre una proposta di nuova organizzazione intersoggettiva per il riconoscimento di ogni individuo nel suo ruolo produttivo-sociale, in altri termini un tentativo di partecipazione diretta e di gestione del proprio sfruttamento.
Le proposte più avanzate dei sindacati consistono nell'affidare ai consigli di fabbrica ed ai comitati di reparto la gestione della politica aziendale e di quella di quartiere, raggiungendo così, in linea di tendenza, ogni aspetto ed ogni momento della vita quotidiana.
Questo processo, che già ebbe inizio nel '69, quando i consigli, anche se con un ruolo limitato, furono riproposti come evoluzione dei comitati di base, tende ora ad evolversi a tal punto da arrivare al consiglio come organo effettivo decisionale in cui il capitale si manifesta oggettivandosi progressivamente nei rapporti tra le persone. E' la realizzazione di ciò che Marx, in una sua polemica con quelli che definiva come 'socialisti volgari' determina come "comunismo rozzo", in cui, attraverso la generalizzazione della proprietà, si perviene alla negazione totale della soggettività umana. Evidentemente, ponendosi sempre più il sindacato come racket particolare in concorrenza con altri rackets, ma anche come momento complessivo dell'organizzazione capitalistica dello spossessamento, dietro alla rivendicazione populista di "maggior potere ai consigli", si nasconde un desiderio di potere mistificato ma facilmente individuabile.
L'obiettivo dei sindacati è quello di rafforzare i consigli come strutture di base dei sindacati stessi, al fine di favorire la partecipazione democratica dei lavoratori alle decisioni, e soprattutto alla gestione-esecuzione della linea sindacale. A ciò si ricollega anche la difesa della contrattazione articolata ed aziendale, che rappresentano un terreno favorevole di sviluppo del controllo sindacale, ed il rifiuto di ogni regolamentazione dei consigli stessi (regolamentazione apparentemente spacciata come desiderio padronale, apparentemente proprio nella misura in cui i consigli sono già regolati e diretti dai sindacati in forme e contenuti confacenti alla pace sociale ed al clima di collaborazione democratica).
Ma la tematica della democraticità e della rappresentatività dei consigli di fabbrica si lega e si articola a quella sul recupero delle tensioni egualitarie che hanno portato alle proposte di inquadramento unico. Ad esempio, l'accordo Olivetti prospetta un impegno dell'azienda di "promuovere un'effettiva valorizzazione delle capacità professionali attraverso: la ricomposizione delle mansioni, la mobilità interna, attraverso un utilizzo in lavori diversi, l'introduzione di nuove tecniche produttive, e l'affinamento dei contenuti professionali di alcune mansioni".
2) INQUADRAMENTO UNICO
Nel periodo storico in cui viviamo il capitale tende a ricoprire ogni aspetto della vita quotidiana, relegandola alla categoria del non vissuto, tende cioè ad instaurare la sua presenza a livello planetario, stravolgendo il bisogno di umanità (unico reale bisogno) nel l'adottare falsi soddisfacimenti che possono avere funzione sostitutiva solo in quanto determinati dalla creazione di modelli, di comportamenti diffusi ed introiettati grazie alla produzione di ideologia-merce (cultura, arte, politica, ecc. ) (15)
Per la realizzazione di questo progetto è necessario che la produzione di ideologia (elemento indispensabile per autocostringersi alla produzione di merci) non sia differenziata dalla produzione di merci, o meglio che non esista una interruzione del ciclo produzione-circolazione-consumo. D'altra parte il capitale è valore in processo, ma valore il cui momento di creazione si presenta sempre più come determinato non più da un'unica fase (quella di produzione di merci classiche) ma come la risultante dell'organizzazione complessiva capitalista. Non si parla di "sfera dell'ideologia" e "sfera delle merci materiali", e neanche di un tempo e di uno spazio adibiti rispettivamente alla produzione di ideologia e alla produzione di merci materiali; i produttori di ideologia non sono semplicemente fondamenti della circolazione e della realizzazione del valore, ma sono partecipi della determinazione del valore stesso nella misura in cui il lavoro è oggettivato nella merce materiale. Ciascun individuo è contemporaneamente produttore e consumatore di ideologia-merce, produce merce consumando ideologia, produce ideologia consumando merce. Un' intercambiabilità dei ruoli sociali e un inquadramento unico dei diversi tipi di occupazione diventa dunque di momento in momento più auspicabile (le prospettive sindacali rientrano precisamente in questo progetto) proprio perché attraverso ciò, da un lato si materializza sempre più l'illusione democraticistica ed egualitaristica da cui correttamente Marx ci metteva in guardia cento anni fa (illusione che contribuisce a dare sempre maggiore credibilità alla "necessità" della attuale situazione), e dall'altro corrisponde perfettamente alle moderne esigenze evolutive sopra illustrate.
In particolare, l'inquadramento unico si articola nei seguenti termini: 1)riduzione delle categorie con innalzamento di quelle più basse verso le più alte - 2)tendenza a superare la fluttuazione fra sottoutilizzo e dequalificazione. (16)
Il punto di vista delle organizzazioni sindacali è quello di affrontare, in termini propositivi, il problema della cattiva organizzazione del lavoro in fabbrica, in termini sostanzialmente mistificatori, per il proletariato, e produttivistici per il capitale.
Si tratta infatti di affrontare i principali ostacoli e le maggiori conseguenze negative dell'organizzazione del lavoro capitalistico: dequalificazione e sottoutilizzo. In positivo, ciò significa puntare al recupero ed alla valorizzazione effettiva delle capacità produttive del lavoratore.
Ancora una volta, dunque, le rivendicazioni sindacali si inseriscono attivamente in una prospettiva di più moderna organizzazione del lavoro, facendo leva sulle tensioni unitarie ed egualitarie espresse nei momenti più radicali delle lotte operaie di questi ultimi anni.
3) RIDUZIONE DEGLI ORARI
In generale la riduzione degli orari di lavoro rappresenta una delle componenti interne della dinamica del processo produttivo e del processo di valorizzazione. Per l'estrazione di plus-valore relativo (forma contemporanea della produzione mercantile), si opera infatti la riduzione del tempo di lavoro necessario, e l'estensione del tempo di plus-lavoro. Questa estensione è rappresentata dall'intensificazione qualitativa dello sfruttamento: i miglioramenti tecnici comportano cioè una diminuzione dei tempi per un aumento della produzione di merci. La diminuzione della settimana lavorativa, spacciata dai sindacati come una conquista proletaria, rientra perfettamente in questa necessità evolutiva del capitale. Le cinque giornate lavorative, oltre che rappresentare un'esigenza prettamente organizzativa, creano evidentemente come immediato corrispettivo una quantità maggiore di tempo cosiddetto libero. La creazione di questo tempo libero per l'intera società rappresenta la condizione preliminare per una riconversione di esso
in attività direttamente produttive. L'arcano per la comprensione dell'attuale fase di evoluzione del capitale risiede precisamente nel nesso dialettico esistente fra attività lavorativa e tempo libero che divengono fondamento l'uno dell'altro; tale tempo si presenta dunque come un metafisico momento di riproduzione del capitale attraverso modelli di comportamento e matrici ideologiche che si oggettivano negli individui spingendoli alla corsa allo scambio e alla mercificazione totale di se stessi.
Il ciclo della produzione immediata si chiude dunque con due risultati: 1) utilizzazione in rapporti direttamente e specificamente capitalisti (salariati) di tutta la forza-lavoro utilizzata per la circolazione e realizzazione del valore, e 2) riconversione del tempo liberato dalla sfera della produzione immediata in tempo di lavoro necessario alla produzione e alla riproduzione di oggetti e di comportamenti assolutamente senza senso (ideologia-merce).
Ci sembra giusto, dopo la sommaria analisi delle linee di tendenza espresse in questi contratti, e delle relazioni esistenti fra i piani di sviluppo capitalistici e le rivendicazioni sindacali, chiarire definitivamente l'impossibilità di un utilizzo proletario di questa scadenza.
Quando i cani da guardia si annidano ovunque, o si procede al boicottaggio continuo e sistematico di ogni spazio illusorio offerto, o ci si costruisce uno spazio autonomo ove operare.
Come già metteva in chiaro Marx, i sindacati non possono essere considerati che totalmente sul terreno del capitale, dal momento in cui agiscono per garantire alla forza-lavoro il suo proprio valore di mercato. Essi sono i gestori fedeli del prezzo di mercato del lavoro umano, ma in un'economia capitalista, l'elevamento economico delle classi inferiori è ammesso, anzi incentivato, solo in quanto il fine del capitale è la realizzazione di plus-valore, che richiede evidentemente un consumo adeguato ed estendentesi tendenzialmente sempre di più.
Da Comontismo - Edizioni - Milano