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Un tempo, se ben ricordo, la mia vita era un festino in cui tutti i cuori si aprivano, in cui tutti i vini scorrevano.
Una sera, ho preso sulle ginocchia la Bellezza. - E l'ho trovata amara. -E l'ho ingiuriata.
Mi sono armato contro la giustizia.

(Rimbaud - Une saison en enfer)

 

Noi non abbiamo una linea rivendicativa da imporre, né una strategia alternativa con cui affrontare la corrida delle "lotte politiche" (in cui il proletariato funge sempre da toro nell'arena), nella misura in cui non ci poniamo sul piano di un'osservazione oggettiva ed asettica, ma vogliamo sfrenatamente dialettizzare la nostra vita con "l'intero movimento della storia, con il reale atto di generazione del comontismo, con l'atto di nascita della sua esistenza empirica".

L'abbandono di ogni terreno di contrattazione con il capitale laddove apparentemente si contrattano le forme fenomeniche del proprio sfruttamento, ma dove in effetti il prezzo che il proletariato sempre paga è quello di una vendita-reificazione sempre maggiore della sua esistenza, ci sembra preliminare a qualsiasi discorso propositivo. In effetti l'unico terreno che sentiamo come nostro è quello della critica rivolta alla totalità concreta dell'esistente, cioè la critica globale pronunciata in pari tempo contro tutte le sfere geografiche di dominio del capitale e contro tutti i momenti della vita quotidiana. Noi riconosciamo questa critica come creata praticamente dal nascente movimento rivoluzionario, all'interno del quale ci sentiamo inseriti. In questo senso abbiamo ritenuto necessaria un'opera di demistificazione e un conseguente tentativo di chiarificazione teorica dal punto di vista di questa nuova tensione alla totalità.

Ma punto di vista della totalità significa anche, e soprattutto, che il soggetto e l'oggetto dell'analisi coincidono, che si raggiunge cioè quella dinamica interna di esistenza e di coscienza che fondano i concetti di umanità e di soggettività. Questa caratteristica può essere presente solo nel proletariato, che è insieme l'oggetto dell'alienazione ed il soggetto della sua propria emancipazione.

Questo punto di vista o è vissuto direttamente, o non può essere inventato da nessun politico, intellettuale o avanguardia che si pone come separata dal movimento reale stesso. Da ciò deriva la possibilità di affrontare i problemi del proletariato come problemi specificamente propri, e d'altra parte di ritrovare le connessioni fra il proprio vissuto quotidiano e la problematica che si pone al movimento complessivo.

I punti focali che il proletariato deve affrontare nella sua lotta per la radicalizzazione della fase attuale di scontro, crediamo che si possano riconnettere ai problemi di estensione e di comunicazione quantitativa e qualitativa delle lotte anti lavorative e della violenza.

In effetti, il limite maggiore che si può riscontrare nella fase attuale di sviluppo dell'assenteismo e del boicottaggio della produzione, dal punto di vista della negazione della totalità del l'esistente, può essere individuato nella parzialità di queste lotte. Oltre ai limiti direttamente connessi ai rapporti di forza all'interno della fabbrica, il proletariato deve affrontare il problema della critica della produzione sotto qualunque forma essa si ponga, cioè sia al livello della storica produzione immediata, sia al livello della attuale produzione e consumo-trasmissione dell'ideologia-merce. Ciò implica, per il proletariato, la scoperta della critica della vita quotidiana, e dei rapporti di scambio e di ruolo esistenti in tutto l'arco della giornata. Affrontare ancora questo terreno come un settore particolare, o peggio privato, e svilirlo al livello di inessenziale, significa riproporre in termini separati un anacronistico programma di lotta operaista.

Dalla critica dello sfruttamento in fabbrica alla critica dell'autoalienazione in ogni momento non c'è che da compiere un balzo, che è essenzialmente qualitativo e modificante la prospettiva complessiva del proprio agire. La violenza, che fino ad ora è stata arginata e controllata entro margini ben precisi, deve ora dunque trovare il nesso per non rivolgersi più solo contro i tradizionali nemici di classe, o contro le forme più evidenti e provocatorie del potere. A questo livello del dominio del capitale, quando esso cioè si è insinuato in ogni ambito sociale ed in ogni momento della vita, la violenza proletaria deve imparare ad esercitarsi contro tutte le forme di dominio attuale sull'uomo.

La sintesi dialettica fra la violenza criminale e quella che permea lo scontro sostenuto nell'ambito più specificamente produttivo, deve nascere dal superamento storico dei limiti di entrambe: da una parte i nuovi criminali devono riappropriarsi della teoria della critica al lavoro attraverso il rifiuto di ogni ruolo e di ogni forma rackettistica; dall'altra la lotta antiproduttiva deve riconoscere nella critica pratica della moderna criminalità un inequivocabile momento di distruzione dell'organizzazione complessiva della società. In questo senso, si tratta di cogliere in ogni fattore che non operi direttamente per la rivoluzione, un momento di contro rivoluzione direttamente ponderabile ed influente in senso conservatore. Esercitare la propria violenza liberatrice in ogni frangente che lo richieda, in nome di se stessi e della propria umanità, quando sia chiaro che non si può parlare di libertà senza aver prima affrontato il problema della propria liberazione, significa operare per porre elementi sensibili di modificazione e di dialettica empirica coscientemente vissuta.

Ma questa stessa violenza deve trovare i termini per organizzarsi, per uscire dalla fase di isolamento e di ristrettezza nella quale è stata costretta fino ad ora. L'organizzazione della violenza, quando per organizzazione si intende lo strumento idoneo ad una costituenda comunità d'azione, e dunque totalmente al di fuori di ogni ideologia gappistica o tupamaroide, può rappresentare il passaggio dalla fase di violenza istintiva e reattiva, a quella del sabotaggio continuo ed attivo.

Questa stessa prospettiva apre le possibilità per la creazione e l'invenzione di situazioni umane, che ripudino in pari tempo le occasioni e il terreno offerti dalle scadenze dell'organizzazione del capitale.

E le situazioni costruite spontaneamente, con una spontaneità ben inteso riscoperta nel calore vivo della lotta, hanno la capacità di comunicarsi e di espandersi a macchia d'olio, nella misura in cui, se hanno per fine la verità pratica, hanno tale forza attrattiva e creativa da polarizzare le tensioni altrimenti disperse di tutti gli individui autonomi e disadattati. Lo stesso gioco che si viene così a realizzare porta in se i nessi dell'unione, finalmente praticata con maggiore continuità, della teoria e della prassi, della decisione e dell'esecuzione, del desiderato e del vissuto. In ultima analisi, questi problemi che sono nostri in quanto individui isolati ma violentemente contrari all'esistente, sono in pari tempo i problemi del proletariato tutto, e non fanno che esprimere le difficoltà e le incertezze che si pongono nella dialettica pratica della lotta di classe per la realizzazione della comunità umana, dell'essenza umana finalmente liberata dalle necessità storiche della riproduzione della propria sopravvivenza.

"Siate calmi! Noi non siamo fuggiti, non siamo battuti... Perché Comontismo - significa fuoco e spirito, anima e cuore, volontà e azione della rivoluzione del proletariato. Nonostante tutto!".

Note

(1) Il processo di autonomizzazione del valore è il processo per cui il capitale sembra non aver più bisogno delle forza-lavoro viva e presente, e tende quindi a nascondere i reali rapporti di produzione e di creazione del valore. "Il capitale appare come la fonte misteriosa, e che da se stessa crea l'interesse, il suo proprio accrescimento"... "Il risultato del processo complessivo di riproduzione appare come una qualità che la cosa (il capitale) ha di per se stessa", (vedi Capitale: libro terzo, cap. 24, pag. 464). Si è dunque apparentemente autonomizzato e liberato dall'effettivo processo di produzione.

(2) L'esigenza della differenziazione dei concetti di dominio formale e di dominio reale si pone in quanto unica perirodizzazione che mette in risalto lo sviluppo reale delle forze produttive e dei conseguenti rapporti di produzione. In questo senso, per dominio formale, Marx intende il dominio che il capitale esercita prima ancora di aver rivoluzionato dalle fondamenta la base della produzione materiale. In seguito, con l'industrializzazione, la meccanizzazione e l'automazione, la conquista del capitale si spinge fino a rimpiazzare tutte le forme di produzione precapitalistiche (dominio reale). La storia del capitale si presenta dunque come la storia della progressiva sottomissione di tutte le sfere della produzione alle sue leggi intrinseche di sviluppo, (vedi Capitale: libro primo: cap. 10 e cap. 6 inedito. In riferimento ad una analisi storica rivolta specificamente alla società contemporanea, si legga l'articolo "Transition" apparso sul numero 8 della rivista francese "Invariance", prima serie, recentemente tradotto anche in italiano).

(3) Per valorizzazione intendiamo, con Marx, il processo per cui un valore anticipato crea altro valore in più (D-M-D', con D' maggiore di D) ( D=denaro; M=merce). Valore + plus-valore = Capitale + profitto.

"Il processo di produzione, in quanto unità di processo lavorativo e di processo di creazione di valore, è un processo di produzione di merci; in quanto unità di processo lavorativo e di processo di valorizzazione, è un processo di produzione capitalistico, forma capitalistica della produzione delle merci". (Capitale: libro primo, cap. 3, pag. 231).

(4) "Capitalismo di stato": starebbe ad indicare un tipo di capitale gestito e programmato dallo stato, celando il processo di impossessamento da parte del capitale stesso di tutte le funzioni storiche e classiche dello stato. Con l'espressione "capitalismo concorrenziale" si vorrebbe attribuire alla concorrenza il valore di caratteristica di una fase del dominio del capitale, mentre essa è, a livelli ed in settori differenti, una costante della legge dinamica insita nel processo del capitale.

Tali concetti mettono in risalto fenomeni apparenti con intento mistificatorio; non a caso essi sono patrimonio della social-democrazia, che se ne serviva per una conservazione di fatto della realtà capitalistica, o del leninismo, che tale realtà voleva modificare nella misure in cui un rivoluzionamento della gestione politica permetteva lo sviluppo di uno stato capitalistico moderno.

(5) Per ideologia intendiamo il prodotto della falsa coscienza determinato "dalle idee della classe dominante che in ogni epoca diventano le idee dominanti". "Nell'ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura; questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico", (vedi Marx: Ideologia tedesca, parte prima). L'ideologia è dunque una interpretazione (vedi tesi su Feuerbach), una visione rovesciata del mondo.

(6) Il capitale costante è quello che il capitalista anticipa nell'acquisto delle materie prime, nella creazione delle strutture tecniche che permettono l'impiego di forza-lavoro (più in generale, il capitale costante è quello investito nell'acquisto degli strumenti di produzione). Il capitale costante non è creatore di plus-valore, ma si trasferisce sterilmente nelle merci prodotte.

Il capitale variabile è, al contrario, il capitale investito nel pagamento della forza-lavoro (salario) ed è variabile proprio in relazione al saggio di plus-valore estorto alla forza-lavoro stessa (la formula generale del valore della merce è: C + V + S , con C=capitale costante, V=capitale variabile, S=plus-valore).

(7) La definizione dei concetti di plus-valore assoluto e di plus-valore relativo è contenuta, fra l'altro, nel capitolo 10° del primo libro del capitale, ed è essenziale per la comprensione dei concetti di dominio formale e di dominio reale del capitale.

"Il capitale non può fare a meno di mettere sotto sopra le condizioni tecniche e sociali del processo lavorativo, cioè lo stesso modo di produzione, per aumentare la forza produttiva del lavoro, per diminuire il valore della forza-lavoro mediante l'aumento della forza produttiva del lavoro, e per abbreviare così la parte della giornata lavorativa necessaria alla riproduzione di tale valore. Chiamo plus-valore assoluto il plus-valore prodotto mediante prolungamento della giornata lavorativa; invece, chiamo plus-valore relativo il plus-valore che deriva dallo accorciamento del tempo necessario e del corrispondente cambiamento nel rapporto di grandezza delle due parti costitutive della giornata lavorativa"... "Ma ciò è impossibile senza un aumento della forza produttiva del lavoro"... "Deve dunque subentrare una rivoluzione nelle condizioni di produzione del lavoro".

E più avanti Marx precisa ancora: "Il valore delle merci sta in rapporto inverso alla forza produttiva del lavoro; e altrettanto il valore della forza-lavoro, perché determinato da valori di merci. Invece, il plus-valore relativo sta in rapporto diretto alla forza produttiva del lavoro. Cresce col crescere della forza produttiva e cala col calare di essa"... "E' quindi istinto immanente e tendenza costante del capitale aumentare la forza produttiva del lavoro per ridurre più a buon mercato la merce, e con la riduzione più a buon mercato della merce, ridurre più a buon mercato l'operaio stesso".

(8) Per composizione organica del capitale, si intende il rapporto esistente in un dato periodo fra il capitale costante ed il capitale variabile C/V. Evidentemente, l'aumento della composizione organica del capitale, indica l'aumento del lavoro passato (rappresentato da macchinari e strumenti tecnici) sul lavoro vivo e presente. In altri termini, l'aumento della composizione organica di un capitale significa l'aumento dell'industrializzazione e della meccanizzazione. In altri termini ancora, ciò determina una prevalenza della produzione di plus-valore relativo in rapporto a quella di plus-valore assoluto.

(9) La divisione internazionale del lavoro a livello della ripartizione e della pianificazione della produzione di tutte le merci è tipica del ciclo produttivo che stiamo esaminando.

Questa divisione (cui gli economisti hanno dato il nome di "ciclo del prodotto") si può articolare abbastanza precisamente in questi termini:

1) Gli Stati Uniti producono strumenti di produzione richiedenti un avanzato livello di automazione e beni di consumo di alta precisione tecnologica.

2) Ai restanti paesi a capitalismo avanzato compete la produzione di merci richiedenti solamente un buon livello di meccanizzazione (automobili, elettrodomestici, vestiario, meccanica pesante, ecc. ).

3) Ai paesi del cosiddetto terzo mondo viene riservata l'estrazione di materie prime e la fornitura di beni naturali richiedenti poca lavorazione.

Naturalmente questo tipo di divisione dei compiti produttivi non è statico, ma presuppone al contrario una continua mobilità ed un assorbimento delle tecniche produttive sempre più avanzate da parte dei paesi che svolgono un ruolo subordinato. D'altra parte è proprio questo livello di dinamicità che costituisce la contraddizione intrinseca, nella misura in cui questi paesi, evolvendosi proprio grazie a questo processo, tendono ora a rifiutarne gli stessi presupposti.

(10) Possiamo brevemente riassumere la situazione di crisi americana con alcune cifre: la disoccupazione è pari al 6,2%, in cifra globale i disoccupati sono oltre 5.000.000.14 milioni e mezzo di operai sono in cassa integrazione, i poveri sono 25 milioni.

L'indice della produzione industriale è passato da 111 (dello inizio del '69) ai 102 del' inizio del '70. La bilancia commerciale è la voce che, per la prima volta dal 1893, risulta in passivo; è passata infatti da 7 miliardi circa di attivo del 1963 ai 745 milioni di dollari di passivo attuali (vedi Prometeo, n° 16/17).

(11) Una notazione sul sistema monetario attuale: esso è basato sugli accordi di Bretton Woods del 1944, che prevedono la convertibilità di tutte le monete in dollari, e la convertibilità di questi in oro, fermo restando il prezzo dell'oro in 35 dollari l'oncia; questo rapporto è evidentemente fiduciario, e si basa sulla saldezza dell'economia americana.

(12) Le riserve auree americane sono infatti scese da 22,8 miliardi di dollari nel '50 a 17 miliardi di dollari nel '60 e ai 10 miliardi di dollari attuali.

(13) "Senza dubbio il nostro tempo... preferisce l'immagine alla cosa, la copia all'originale, la rappresentazione alla realtà, l'apparenza al l'essere... . Per esso sacra è solo l'illusione, ma ciò che è profano è la verità. Meglio ancora il sacro ingigantisce ai suoi occhi in relazione al decrescere della verità e al crescere dell'illusione, cosicché il colmo dell'illusione è anche il colmo del sacro!' (Essenza del cristianesimo - Feuerbach)

"La vita delle società in cui regnano le moderne condizioni di produzione si annuncia come un immenso accumulo di spettacolo. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è trasferito in una rappresentazione.

Le immagini che si sono distaccate da ogni aspetto della vita, coagulano in un'unica immagine in cui non si può più ristabilire l'unità della vita (....) Lo spettacolo in generale come inversione completa della vita è il movimento autonomo del non vivente". (Società dello spettacolo -Debord)

(14) Interessanti ed essenziali argomentazioni su tale argomento si trovano, oltreché nel 2° e 3° libro del Capitale, anche nei "Grundrisse" di Marx.

(15) Per merci ideologiche si intende il pensiero che si è mercificato, si è reso cioè scambiabile non per un suo intrinseco valore d'uso, ma soltanto per il valore di scambio che in esso è incorporato (tipiche merci ideologiche sono, ad esempio, l'arte, la scienza, la religione, la morale, ecc. così come i ruoli e i comportamenti da essi derivati). Per ideologia materializzata si intende invece indicare quelle merci la cui nascita è motivata esclusivamente dall'esigenza di soddisfare un bisogno sociale creato dall'ideologia e dallo spettacolo (tipiche ideologie materializzate sono il turismo, gli spettacoli sportivi e musicali, ogni oggetto che funga da gratificatore sociale e che abbia perso ogni possibilità di utilizzazione umana. Ad esempio la stessa automobile, persa ogni utilità riconducibile a delle esigenze umane, sta sempre più rapidamente allineandosi con questo tipo di merci assolutamente senso senso). E' possibile riunire nella definizione di ideologia-merce questi due aspetti della produzione attuale del capitale, poiché questo termine indica chiaramente ciò che entrambi i prodotti hanno in comune: gli uni l'essere merce per i fini del l'ideologia, e gli altri l'essere ideologia per i fini della merce.

I due tipi di prodotti sono scambiabili attraverso un equivalente generale, l'ideologia appunto, che si affianca all'equivalente classico, il denaro.

(16) Sinteticamente: per dequalificazione intendiamo un peggioramento congiunto degli aspetti oggettivi o soggettivi (indi lavoro); per sottoutilizzo intendiamo un peggioramento degli aspetti oggettivi (lavoro) di contro ad un miglioramento degli aspetti soggettivi (la professionalità, la scuola).

Da Comontismo - Edizioni - Milano