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Nell'azienda Pirelli, "avanguardia dello sfruttamento e della reazione", la finissima politica padronale approfittando della separazione dei vertici sindacali, era riuscita a far passare i suoi disegni a tutti i livelli, per mezzo degli accordi separati. Così, mentre le scadenze dei rinnovi contrattuali erano in passato annuali, nel 1960 i sindacati accettarono scadenze biennali di rinnovo, e nel 1964 si convenne sul rinnovo ogni tre anni. A questo punto la direzione mise il suo impegno a bloccare la dinamica del cottimo, e vi riuscì perfettamente con il contratto del '64. Infatti, bloccando la dinamica del cottimo sul premio di produzione, la Pirelli riusciva: 1) a far perdere una parte di salario al lavoratore (la dinamica portava in busta paga circa 8.000 lire del premio di produzione, sotto la voce di superminimo); 2) a creare le condizioni a metà anno per poter assorbire gli aumenti percentuali che ci sarebbero stati al rinnovo del contratto di fine d'anno.

17 giorni di sciopero; una partecipazione operaia del 95%; eppure, attraverso il contratto 1964 il padrone faceva passare in pieno nell'azienda la politica dei redditi: bassi aumenti salariali (gli operai recuperano solo una parte del salario tolto da Pirelli all'inizio dell'anno), nessuna soluzione ai problemi della normativa, grave sperequazione operai-impiegati e, questo è il peggio, si accettava la gabbia padronale della lotta: i sindacati si impegnarono a non promuovere nessuna lotta rivendicativa nell'arco di tempo di validità del contratto. La CGIL rifiutava la firma, e dopo tre mesi rilanciava la lotta per il superamento del contratto, ma non riuscì a mobilitare gli operai intorno alla sua iniziativa sindacale. Le tradizionali divisioni della classe operaia della Pirelli furono determinanti per il fallimento dell'azione, e così la CGIL decise di lavorare in prospettiva del contratto successivo.

Intanto in fabbrica nei tre anni aumenta il malcontento, e sono già chiari i sintomi di una potenziale riscossa operaia, grazie anche all'assunzione di circa duemila giovani operai. Nell'agosto '67, per esigenze molto diffuse, in alcune consociate ed alla tipografia, scoppiano i primi scioperi di reparto, che i sindacati raccolgono solo in parte con alcuni accordi insignificanti firmati a fine d'anno dalla CISL e dalla UIL, e di cui gli operai sono molto scontenti. I tre sindacati, intanto, prima della scadenza contrattuale (fine '67), avviavano trattative con gli industriali su una piattaforma rivendicativa generale. Nella fabbrica affiorava una volontà di lotta per un discorso nuovo su contenuti nuovi. All'atto delle contrattazioni, le assemblee operaie esprimevano esigenze di fondo, ed erano disponibili ad una lotta senza riserve. A questa volontà operaia si contrapponeva invece una decisione sindacale che dava il fatto compiuto, e i tre giorni di sciopero che i sindacati decisero di proclamare, risultarono solo uno "sciopero dimostrativo".

In una riunione della FILCEP-CGIL, indetta per valutare l'operato della segreteria sull'accordo di massima che il padrone si diceva disposto ad accettare, su 17 interventi operai, 9 erano contrari alla firma di un contratto in quei termini, 8 erano favorevoli (compresi funzionari e dirigenti sindacali). Pure l'accordo fu firmato anche dalla CGIL. La volontà operaia era stata del tutto emarginata dai giochi dei vertici sindacali.

Nel '64, come si è detto, attraverso il congegno di rivalutazione dei cottimi, Pirelli aveva preso ai lavoratori qualcosa come 1314.000 lire al mese. Ebbene, il contratto del '68 recuperava solo 34.000 lire. Nessun effettivo miglioramento, dunque, e nemmeno il ritorno alla condizione precedente; sì rivedevano soltanto, e parzialmente, l'orario di lavoro e le qualifiche, mentre restavano fuori i problemi dei ritmi di produzione, del cottimo e della nocività. La contrattazione del premio di produzione veniva rimandata al giugno '69. Dopo molti anni veniva ripresa la delega sindacale (l'iscrizione al sindacato attraverso trattenute sulla busta paga), che dava modo alla direzione di avere sott'occhio tutto il quadro della situazione sindacale in fabbrica, e le facilitava di conseguenza una eventuale volontà di repressione.

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