Sin dalla firma dell'ultimo contratto di categoria forti gruppi di operai all'interno della Pirelli si sono resi conto di come i risultati contrattuali fossero del tutto inadeguati rispetto alla volontà dei lavoratori, alla capacità ed unità di lotta espressa nelle 72 ore di sciopero ed anche alla stessa piattaforma rivendicativa iniziale.
È in questa fase che si è sentito più che mai urgente il bisogno di un collegamento permanente, di discussione e di lotta, tra tutti gli operai, tra i reparti, in tutta la Pirelli. F nato così il Comitato Unitario di Base che già più volte è intervenuto in fabbrica e che ora cerca di far crescere l'organizzazione tra gli operai, fondata su una chiara comprensione dei problemi che abbiamo davanti e. soprattutto, su una prospettiva di lotta a breve e lungo termine. Da qui è nata l'esigenza di questo documento, in modo che possa servire come piattaforma per un dibattito reale e democratico alla base, e come primo momento di verifica della volontà di lotta dei lavoratori Pirelli.
1. Il contratto va superato con la lotta
Il nostro contratto, e cioè il contratto del settore gomma, ha avuto tutti i limiti che ben conosciamo e che sono facilmente paragonabili ai limiti degli altri contratti di categoria. Questo perché ogni singolo contratto rientrava in un generale piano di riorganizzazione capitalista che ha trovato nei contratti nazionali un punto di passaggio obbligato.
Ciò che ritroviamo nei contratti è, dal più al meno, la linea della programmazione economica italiana (legata ad un disegno capitalista molto vasto) che possiamo schematizzare nel modo seguente:
—blocco dei salari o aumenti salariali inferiori all'aumentato costo della vita e soprattutto sproporzionati rispetto all'incremento della produttività. Questo per arrestare il flusso crescente del monte salariale — determinatosi attraverso le lotte operaie degli anni '60—e per consentire quindi quella diminuzione dei costi capitalisti (solo sulla pelle degli operai, però!) necessaria per il rilancio e la espansione dell'economia e della produzione nazionale;
—aumento dello sfruttamento intensivo in fabbrica, ottenuto attraverso una grande accelerazione dei ritmi lavorativi dovuta al continuo taglio dei tempi, alle innovazioni tecnologiche che non trovano un corrispettivo aumento degli organici. In alcune fabbriche metalmeccaniche, ad esempio, il carico macchine si è quadruplicato negli ultimi anni e in moltissime altre la produzione aumenta, nonostante siano bloccate le assunzioni;
—blocco delle lotte o loro inserimento in un ambito controllato e programmato dalle singole aziende. Ciò è dimostrato ad esempio dal limite triennale dei contratti, per cui nei tre anni i padroni contano di non avere lotte, almeno su scala generale e con obiettivi di fondo. Infatti le lotte e le contrattazioni aziendali si devono svolgere all'interno della logica dei contratti e rispettandone il contenuto (anche qualora gli operai non lo accettassero). Questo significa, per i padroni, una stabilità produttiva, un controllo economico e politico ed una riduzione di costi—gli scioperi costano anche ai padroni!—; questo significa, per gli operai, non poter contestare affatto lo sfruttamento ma semplicemente regolamentare il modo in cui avviene;
— inserimento degli organismi sindacali all'interno di questo piano e quindi ingabbiamento delle lotte anche attraverso lo strumento sindacale. I sindacati infatti devono sempre più funzionare oggettivamente da gestori dei contratti, devono essere disponibili prima alla trattativa e soltanto dopo alla lotta (questo è il senso dell'Accordo quadro di cui tanto si parla e su cui torneremo in un documento successivo). La C.I. stessa deve essere subordinata al sindacato centrale e questi essere inserito attivamente nella programmazione. Le Commissioni Paritetiche, che peraltro per ora non funzionano, risultano armi di ricatto antioperaio in quanto possono intervenire solo nei casi di sopruso evidente e sono, per lo più, in mano padronale in quanto la metà è formata da dirigenti e la metà (ma sappiamo che è sempre possibile comprare qualche ruffiano) da rappresentanti operai.
Questa schematicamente, la linea capitalistica italiana, questa la programmazione, questo il senso profondo dei contratti
Ma, di fatto, questo piano capitalistico non è ancora passato in quanto si è trovato contro le lotte operaie, molto spesso spontanee, che in un crescendo hanno investito completamente il settore metalmeccanico (FIAT, Innocenti, Ercole e Magneti Marelli ecc.), toccando quello tessile (Marzotto ecc.) e giungendo anche nel settore gomma (Ceat, Michelin). Ed è proprio dagli operai torinesi della CEAT e della Michelin che emerge una indicazione assai importante. Pur non avendo avuto una decurtazione salariale (come invece è avvenuto alla Pirelli), sono scesi spontaneamente in lotta per migliorare la loro condizione e sono riusciti a strappare accordi favorevoli sul premio di produzione, sulle qualifiche, sul cottimo ecc. Oggi guadagnano circa 40.000 lire più di noi e questo perché sono riusciti a far ripartire la lotta dal basso, dalla base operaia stessa. D'altra parte i metalmeccanici ci hanno offerto altre preziosissime indicazioni che gli operai Pirelli devono raccogliere. Anzitutto che i lavoratori non devono vedere la loro lotta solo in funzione della firma di accordi e contratti ma che devono contestare continuamente i tentativi padronali di accrescere lo sfruttamento e che quindi è possibile anche dire no al contratto anche se è già stato firmato. In secondo luogo che è impossibile ottenere qualsiasi cosa con semplici trattative ma che è invece la lotta l'unica arma operaia. Oggi è possibile riprendere delle lotte che rifiutino il contratto, che impongano ai sindacati la denuncia immediata dei contratti di categoria, che riescano a strappare ai padroni degli effettivi miglioramenti salariali e di condizione in fabbrica, che rifiutino l'intensificazione dello sfruttamento.
2. Dai singoli reparti può ripartire una lotta che investa tutta la Pirelli
Lo stato di grave disagio dei lavoratori Pirelli, la massa di problemi da affrontare e risolvere, la volontà operaia di riprendere la lotta per strappare nuove condizioni salariali e di lavoro è evidente da un'analisi anche approssimativa della situazione nei reparti. Questi problemi il contratto non li ha risolti. Le lamentele, gli esposti alla C.I. e così via non saranno certo in grado di risolverli se non si appoggeranno ad una decisa volontà di lotta dei lavoratori, unica condizione per obbligare i Sindacati a riprendere le agitazioni e, soprattutto, condizione indispensabile per costringere la Direzione a cedere.
Alla Tipografia si sono sviluppati dei fermenti dalla firma del contratto. Questi fermenti hanno però avuto due grossi limiti:
1) quello di rimanere all'interno di una contestazione particolare di reparto, semicorporativa, che evidentemente non può essere fatta proprio da tutto il complesso Pirelli;
2) quello di non essere riusciti a far sì che i temi della lotta (incentrati sul problema dei superminimi) fossero conosciuti non solo dai 40 operai del reparto, ma da tutta la fabbrica in modo da poter iniziare una discussione ed una organizzazione di lotta che partendo da questo o da altri reparti, potesse coinvolgere la massa dei lavoratori Pirelli.
Infatti, al di là di certe condizioni particolari e di conseguenza di alcune rivendicazioni specifiche, gli obiettivi più importanti di un singolo reparto, ed anche della Tipografia, possono essere obiettivo di lotta per tutti.
D'altra parte è evidente che il peso e la forza di 40 operai sono minimi rispetto a quelli che ha una massa di lavoratori in sciopero: è questo che il padrone teme ed è questo che gli operai devono organizzare.
In molti reparti esiste una situazione di tensione da cui partire .
Al reparto 5740 esiste una situazione di cottimo inaccettabile per i lavoratori che cominciano ad esprimere il loro malcontento.
Al reparto 32 (trafile plastica) esiste una situazione di contestazione sul problema delle qualifiche così come alle trafile del reparto 60 (tubi in gomma), in quanto le qualifiche (e i soldi) rimangono le stesse benché il tipo di lavoro svolto richieda una qualifica superiore. Ai reparti cinghie trapezoidali esiste il problema delle qualifiche e del cottimo.
Alla CAME poi, accanto ai problemi del cottimo e del premio di produzione rimasti da molto tempo fermi, esiste il rischio di chiusura dello stabilimento contro cui gli operai possono e devono mobilitarsi immediatamente per non essere poi costretti ad accettare le cose una volta avvenute. All'azienda meccanica sabato pomeriggio gli operai hanno scioperato 4 ore, non presentandosi al lavoro. Persino gli impiegati del Grattacielo si stanno muovendo (problema intervallo mensa) ed è probabile una loro lotta. Da sottolineare il fatto che questi sono solo alcuni esempi, ma che è possibile trovare una analoga situazione di disagio e di fermento in ogni singolo reparto, in ogni azienda collegata alla Pirelli. Di più: questa situazione non è particolare della Pirelli ma in tutte le fabbriche cresce il malcontento e la protesta operaia, come d'altra parte si può riscontrare dalle ultime lotte. Il nostro obiettivo deve essere quello di riuscire a non lasciare isolate le singole rivendicazioni, di non limitarci alle petizioni ed alla raccolta di firme che lasciano il tempo che trovano ma invece di partire direttamente dalla condizione operaia in fabbrica e di trovare quei punti comuni a tutti i reparti, quegli obiettivi di fondo su cui far ripartire la lotta.Questa piattaforma di lotta è necessario discuterla ed elaborarla con tutti gli operai Pirelli, all'interno dei singoli reparti, iniziando subito con le Fermate là dove ciò è possibile. Gli obiettivi non possono venire dall'alto ma devono crescere e precisarsi nel dibattito di base. Tuttavia, come primo contributo alla discussione, vogliamo sottolineare soltanto alcuni di quei problemi generali su cui è possibile trovare un vasto accordo.
—SALARI: alla Pirelli è necessario porsi l'obiettivo, che è minimo, di giungere almeno ai livelli salariali di Ceat e Michelin (40 mila lire in più).
Uno dei punti essenziali della lotta salariale è senz'altro quello del premio di produzione che deve essere immediatamente legato all'attuale livello produttivo ed aumentare proporzionalmente a tutti gli aumenti di produzione ed agli incrementi della produttività. Sblocco del congegno di rivalutazione. La rivendicazione è: premio di produzione subito, che corrisponda ad almeno il 25% della paga più la contingenza. A questa rivendicazione fondamentale vanno collegate quelle della rivalutazione dei cottimi, degli immediati passaggi di categoria, e soprattutto di un aumento del salario annuo con la parificazione delle mensilità tra operai e impiegati.
—CONDIZIONI DI LAVORO: è necessario impedire qualsiasi aumento dei ritmi di lavoro organizzando fermate non appena avvengono dei tagli dei tempi. Nello stesso modo bisogna impedire gli aumenti delle tabelle di cottimo che si trasformano in minor guadagno e più sfruttamento. Le fermate non vanno lasciate isolate ma immediatamente sostenute da tutta la fabbrica perché questi problemi, anche se momentaneamente colpiscono un solo reparto, sono problemi di tutti. D'altra parte si presenta come indispensabile risolvere il problema della nocività attraverso la formazione di comitati di controllo eletti direttamente dagli operai. La salute non va né contrattata ne pagata con le briciole delle indennità. Le condizioni nocive vanno abolite.
Un'altra rivendicazione fondamentale è quella dell'aumento degli organici per far sì che gli aumenti di produzione non ricadano sulle spalle degli operai con i tagli dei tempi, per consentire quelle sostituzioni necessarie per il lavoro stesso e per la nostra salute.
—ORARIO DI LAVORO: le condizioni di supersfruttamento si possono battere soprattutto con la riduzione di orario a parità di salario. La nostra rivendicazione deve essere: sabato festivo subito. Anche su questo punto è possibile e necessario sviluppare l'azione di lotta in tutta la fabbrica, collegandoci anche con altre fabbriche che già hanno posto simili problemi.
Queste sono soltanto delle proposte di discussione, dei temi di fondo su cui far crescere l'organizzazione e la lotta in fabbrica. E' però evidente che solo la decisa e chiara volontà operaia, di tutti gli operai, può permettere di risolvere questi e altri problemi. Ed è per questo e con queste prospettive che è nato il Comitato Unitario di Base.
3. Il Comitato Unitario di Base come strumento politico e di lotta
L'esigenza di un Comitato Unitario di Base, che sappia raccogliere intorno a sé la massa dei lavoratori, si è sviluppata di pari passo con l'esigenza della ripresa della lotta. Infatti ci si è resi conto del fatto che la lotta può nascere, crescere e rendersi generale soltanto se esiste una precisa volontà e consapevolezza tra gli operai, soltanto se parte da un'analisi precisa della situazione concreta di fabbrica e di sfruttamento . Da troppo tempo esiste l'idea che sia possibile risolvere effettivamente i problemi degli operai attraverso la stipulazione Si accordi con il padrone. Questo è falso poiché sino a che esiste un sistema sociale e di fabbrica fondato sullo sfruttamento i problemi dei lavoratori non possono essere risolti realmente e completamente. Gli accordi ed i contratti non possono essere altro che una fase, magari importante ma non fondamentale, della lotta continua che la classe operaia deve condurre contro lo sfruttamento, contro le condizioni di fabbrica e sociali, contro l'oppressione capitalistica. Questa lotta è una lotta quotidiana che va organizzata e portata avanti ovunque, partendo dalla fabbrica, dai singoli reparti. Quindi qualsiasi piattaforma rivendicativa deve sempre essere collegata con una chiara prospettiva politica (non partitica) perché politico è il significato dello sfruttamento e politica è la volontà dei padroni di mantenere ed accrescere il loro potere. Infatti se così non avviene le rivendicazioni, anche se oltremodo avanzate, possono essere utilizzate dai padroni stessi per superare certi squilibri riscontrabili attualmente in fabbrica, lasciando però immutato il senso e la logica dello sfruttamento stesso. Problemi come quello del taglio dei tempi, ad esempio, non si risolveranno mai con accordi perché il giorno stesso che un eventuale accordo venga stipulato il padrone può ripartire con l'intensificazione dello sfruttamento, perché questa è la sua logica. L'unica risposta quindi è la lotta e la contestazione continua, ininterrotta che rifiutando le armi padronali (come appunto il taglio dei tempi) rifiuta anche tutto il sistema capitalistico . Da quanto detto ed essendo questi i lineamenti politici del Comitato Unitario di Base è evidente che noi non vogliamo assolutamente formare un nuovo sindacato o scavalcare i sindacati esistenti. Vogliamo invece costruire un organismo che possa e sappia legare insieme la rivendicazione e la lotta, l'aspetto economico e quello politico, che sappia insomma costruire intorno a sé una rete organizzativa permanente con la contestazione continua dello sfruttamento. Questi gli obiettivi. Le forme organizzative evidentemente potranno essere precisate solo nella misura in cui il Comitato saprà gestire delle lotte, saprà riunire intorno a sé una parte sempre più numerosa di lavoratori, indipendentemente dalla tessera sindacale o di partito. Quello che però è chiaro sin da ora è che dovrà esistere la massima democrazia di base, cioè la possibilità di ciascun operaio di esprimere liberamente le sue opinioni, proprio perché non esistono linee precostituite ma tutto va creato e sviluppato nella lotta e nella partecipazione dei lavoratori a questa lotta. Il presente documento dunque è la risultante di discussioni tra i compagni della Pirelli che già partecipano al Comitato. Discussioni avvenute anche insieme ad operai di altre fabbriche ed insieme anche ad un gruppo di studenti.
Questo documento quindi non è definitivo bensì soltanto iniziale: dovrà precisarsi con il contributo di tutti. In questo senso chiediamo a tutti di partecipare al Comitato Unitario di Base, le cui riunioni verranno sempre comunicate, iniziando a discutere questo documento nei reparti e collaborando con idee, notizie, con aiuti economici (ci troviamo in difficoltà economiche in quanto ci autofinanziamo e non possiamo ovviamente sviluppare il lavoro senza il contributo economico di tutti) e soprattutto iniziando la lotta in fabbrica.
4. Il collegamento con gli operai delle altre fabbriche e con gli studenti.
Uno degli obiettivi principali del Comitato è quello di organizzare la lotta alla Pirelli e di collegarla con le altre grandi lotte che si stanno sviluppando ovunque. La Pirelli infatti non è un'isola particolare bensì è inserita nel contesto sociale generale. I padroni della Pirelli sono estremamente uniti con i padroni delle altre fabbriche; sono loro che controllano e dirigono la vita economica e politica attraverso il governo e lo Stato. Quindi anche gli operai devono essere uniti nella lotta. D'altra parte alcune fabbriche anche a Milano (Innocenti, Magneti Marelli ecc.) stanno sperimentando organismi come il nostro Comitato ed è con questi organismi, con gli operai stessi in lotta, che dobbiamo e possiamo collegarci. Sarà un lavoro lungo e faticoso, ma è essenziale anche per noi della Pirelli.
Al piano generale di sfruttamento capitalista va contrapposto un piano generale di lotta operaia
Un altro dei fatti nuovi importantissimi, accanto alla ripresa delle lotte operaie, è la lotta degli studenti, che si sono mostrati disponibili ad un collegamento effettivo con gli operai come si è già realizzato da molte parti. Anche gli studenti si sono resi conto che per risolvere i loro problemi devono lottare contro i padroni che determinano la società e quindi anche la scuola. Anche gli studenti si sono resi conto che solo con una dura lotta anticapitalista si potranno modificare le condizioni attuali. Ma non è solo questo che ci ha unito agli studenti. C'è il fatto che temi come quelli del diritto allo studio per tutti sono temi che interessano direttamente i lavoratori e i loro figli, che interessano gli studenti-lavoratori di tutte le fabbriche che possono pagarsi la scuola solo subendo un violento sfruttamento in fabbrica. Quindi il Comitato Unitario di Base dovrà quanto prima affrontare anche tutti questi problemi che interessano una grossa parte di giovani anche nella nostra fabbrica. Ma evidentemente per poterci collegare di fatto con gli altri operai in lotta dobbiamo giungere con una nostra esperienza autonoma di lotta, con una nostra esperienza di battaglie e di organizzazione. L'obiettivo del collegamento con gli operai delle altre fabbriche e con gli studenti lo si può realizzare solo nella lotta. Riprendere la lotta alla Pirelli: questa la parola d'ordine del Comitato Unitario di Base che, anche con la collaborazione esterna di un gruppo di studenti, si impegna fin d'ora a sostenere politicamente ed organizzativamente le lotte che partiranno in Pirelli, cercando immediatamente di collegarle con gli altri scioperi a Milano e in Italia.
Il Comitato Unitario di Base (giugno 1968)
Lavoratori
anche se i Sindacati non lo hanno comunicato ufficialmente è già noto che la Direzione ha raggiunto un accordo di massima con l'INAM per il passaggio dell'assistenza de i lavoratori Pirelli allo Stato. Di tutto ciò i lavoratori Pirelli sono stati tenuti all'oscuro secondo un metodo che è già stato rilevato in altre occasioni come nel la firma del l'ultimo contratto . Il padrone agisce e dispone dei soldi degli operai (i fondi mutua sono soldi nostri, tolti dalla busta-paga) come gli torna più comodo; lo Stato serve gli interessi padronali con i suoi Enti e con i suoi Piani che hanno il compito di risolvere i problemi dei singoli capitalisti; i Sindacati, invece di comunicare questi fatti e di far ripartire la lotta, si limitano a mediazioni di vertice che ben poco possono mutare della realtà dello sfruttamento.
Lavoratori
il problema dell'assistenza è un problema importantissimo ma che va collegato a tutta la condizione operaia in fabbrica altrimenti rischia di diventare un obiettivo falso perché parziale e comunque non in grado di incidere sulla realtà di fabbrica. Infatti assistenza privata e assistenza di Stato sono assai simili: perché il padrone conserva sempre l'arma della fiscalità. I padroni (privati e statali) si occupano della nostra salute solo nella misura in cui gli torna comodo e cioè per garantirsi che noi siamo sempre disponibili ad essere sfruttati quotidianamente. L'assistenza diviene così una delle tante espressioni dell'autorità e dell'oppressione capitalista in fabbrica e nella società. Capi e cronometristi nella produzione, medici fiscali a casa, poliziotti negli scioperi: sono tutti strumenti di quell'unico potere capitalista che bisogna combattere. Non solo: ma l'assistenza può soltanto al massimo guarire a posteriori e non impedire le malattie, il logoramento fisico e nervoso a cui viene sottoposto l'operaio in fabbrica.
Per impedire ciò la linea deve essere chiara:
Abolizione delle condizioni di nocività
Ristrutturazione dei ritmi di lavoro e delle tabelle di cottimo nella prospettiva dell'abolizione del cottimo stesso (tra l'altro con i cottimi attuali si guadagna sempre meno in quanto non si riesce più a farli).
Riduzione dell'orario di lavoro col sabato festivo (40 ore pagate 48);
Abolizione del lavoro comandato nei giorni di conguaglio.
Senza di ciò la lotta per un'assistenza migliore, contro la fiscalità rimane una lotta che non cambia la realtà dello sfruttamento che è invece quella che vogliamo cambiare e distruggere.
Lavoratori
è solo con la lotta, con la ripresa immediata delle fermate e degli scioperi che si può battere il disegno capitalistico Pirelli (e nazionale) ed imporre la volontà operaia. Iniziamo subito con fermate di reparto e colleghiamoci con le lotte già in corso o che si stanno preparando alla Pirelli (Tipografie, trafile plastica) o nelle altre fabbriche dipendenti (Came, Aga, Sapsa, Azienda meccanica) nella prospettiva di uno sciopero di tutta la Pirelli.
Il Comitato Unitario di Base (17 giugno 1968)
Questo volantino ha il compito di chiarire qual'è la linea e quali sono le' proposte del Comitato Unitario di Base per la ripresa delle lotte in Pirelli, anche in conseguenza di assurdi attacchi mossici da un sindacato. Alla Pirelli, come in molte altre fabbriche, la situazione è ferma da dieci anni e intanto il padrone approfitta della situazione statica all'interno della fabbrica per: bloccare il congegno sul cottimo e sul premio di produzione, dimezzare il premio di produzione, aumentare i ritmi di lavoro e diminuire gli organici, con lo scopo ultimo di ridurre il salario e aumentare sempre più lo sfruttamento e di conseguenza i suoi profitti. I lavoratori però esprimono un forte malcontento ed una chiara esigenza di riprendere la lotta: da questa esigenza operaia è nato il Comitato Unitario di Base.
Cos'è il COMITATO UNITARIO Dl BASE?
Il Comitato Unitario vuole essere un tentativo di raccogliere i lavoratori sulla base di una precisa comprensione dei problemi della fabbrica, inserendo le rivendicazioni in un contesto più generale, cioè politico (non partitico), al fine di unire i lavoratori della Pirelli per una lotta di tutta la fabbrica contro i padroni. L'unità dei lavoratori deve nascere dall'esigenza di risolvere i problemi della condizione operaia con la lotta contro la politica padronale. Indipendentemente dalla tessera sindacale o di partito, il Comitato vuole creare un'unità di base, cioè un momento di lotta a cui ogni singolo operaio partecipi senza aspettare direttive dall'alto e senza sperare che qualcun'altro possa risolvere i suoi problemi.
IL COMITATO NON È UN QUARTO SINDACATO (si rassicurino quanti temono la concorrenza e vedono in pericolo la loro carriera di funzionari): è solo un organismo di base che vuole adoperarsi per un'azione di lotta sui problemi che uniscono tutti gli operai Pirelli. In questo senso il Comitato Unitario, fedele alla sua linea, ha affrontato la questione della mutua, collegandola a tutti i problemi della fabbrica (nocività, cottimi, qualifiche, lavoro comandato, ecc.). Dal punto di vista della classe operaia non è possibile affrontare il problema dell'assistenza senza legarlo al problema della salute stessa.
LA SALUTE NON SI PUÒ CONTRATTARE: ecco perché il Comitato indica nella lotta di tutta la Pirelli lo strumento per ottenere l'effettiva tutela della nostra salute, attraverso:
Abolizione delle condizioni di nocività, Abolizione delle visite fiscali, Ristrutturazione dei ritmi di lavoro, Riduzione dell'orario
Il volantino sindacale, uscito in questi giorni, accusa il Comitato di "falso, demagogia, e confusione". Noi intendiamo dare una risposta.
a) falso: perché abbiamo sostenuto che i "sindacati non hanno comunicato ufficialmente i termini dell'accordo Pirelli-Inam".
Noi parlavamo di tutti i sindacati e lamentavamo che non fosse uscito un comunicato ufficiale a firma dei tre sindacati che presentasse ai lavoratori i termini dell'accordo ed una piattaforma rivendicativa unitaria per l'imposizione della lotta. La sola SILG-CGIL si limitava ad uh'informazione generica dell'accordo ed indicava i termini della trattativa e NON della lotta. Noi riteniamo che ogni trattativa che si dice "unitaria" è inutile se non è sostenuta da una lotta degli operai uniti. Le cosiddette trattative unitarie finiscono invece nel ridursi a compromessi e "chi guadagna è solo Pirelli". Il Comitato quindi non si è assunto il compito di combattere per principio i sindacati ma neppure di elogiarli.
IL RILANCIO DELLA LOTTA IN PIRELLI E IL NOSTRO OBIETTIVO.
b) demagogia:
ci si accusa di voler abolire il cottimo. Noi parlavamo di "ristrutturazione dei ritmi di lavoro e delle tabelle di cottimo nella prospettiva dell'abolizione del cottimo stesso". Infatti oggi è necessario lottare per un cottimo migliore e non sarà certo il Comitato Unitario di Base a negarlo: ma la prospettiva finale deve essere quella di forti aumenti sulla paga base con l'abolizione del meccanismo del cottimo, perché il cottimo ci costringe a lavorare di più e meglio per i padroni, perché il cottimo crea disoccupazione, divide gli operai e li lascia in mano al dispotismo padronale.
c) confusione: si sostiene che noi lasciamo "intendere che per la mutua ormai le cose sono fatte".
No, le cose non sono fatte se esisterà una precisa volontà di lotta dei lavoratori. Sì, le cose sono arcifatte se, come per l'ultimo contratto, la decisione sarà presa solo dalla direzione e dai dirigenti sindacali, senza la partecipazione della base operaia.
Siamo accusati di voler la confusione.
Certo, se per confusione si intende lo sciopero e la lotta, il Comitato Unitario vuole la confusione, come l'hanno voluta i lavoratori dell'Innocenti, Marelli, Marzotto, Fiat ecc. e della Francia stessa. Gli operai della Pirelli difendono il Comitato Unitario di Base perché sono per la lotta, per la ripresa delle fermate, per il collegamento con le lotte già esistenti in Pirelli (AGA, SAPSA, Azienda Meccanica, ecc.).
Il Comitato Unitario di Base (26 giugno 1968)
L'azione dei lavoratori impegnati nelle lotte di questi giorni nei reparti 32, 35 e 8691, stanno a provare il fermento crescente della fabbrica e la volontà operaia di lottare, e ci danno un importante insegnamento, che il Comitato Unitario di Base intende sottolineare e proporre a tutta la fabbrica. Questi lavoratori, infatti, senza tante chiacchiere, hanno messo in atto la DEMOCRAZIA OPERAIA. Si sono riuniti in assemblea nella mensa hanno discusso collettivamente i loro problemi, hanno deciso di scioperare subito, senza dare preavviso al padrone. Al padrone fa paura proprio questo: che i lavoratori, coscientemente, partendo dalla base dal basso, decidano delle loro lotte; senza attendere autorizzazioni, e quindi sfuggendo al controllo dei padroni, che così non hanno il tempo di organizzarsi per ridurre il costo e l'incisività degli scioperi. Ne sono prova le minacce e i tentativi di divisione degli operai portati avanti dai soliti servi del padrone, anche quelli camuffati da sindacalisti (ne sanno qualcosa i lavoratori dei reparti in lotta). In ogni reparto, in ogni compartimento, esistono problemi analoghi e magari più gravi di quelli che hanno spinto alla lotta i lavoratori del 32, 35 e dell'8691, che si sono messi in azione per risolvere una buona volta i loro problemi di reparto. Non possiamo quindi limitarci a dire che nei singoli reparti esistono solo problemi particolari: lo sfruttamento lo abbiamo addosso tutti. Problemi come quelli del Cottimo, dello Orario di lavoro, della nocività, non si risolvono con semplici rivendicazioni di reparto, ma con lo sciopero di tutta la Pirelli. Quello che hanno dimostrato i nostri compagni in lotta, è che bisogna saper cominciare, muoversi con decisione e senza deleghe e speranze che qualcuno, dall'alto, risolva i nostri problemi, e soprattutto non aspettando che i tre sindacati si mettano d'accordo, ma mettendoci d'accordo noi, alla base, portando in fabbrica il metodo dell'Assemblea, non formale, ma che esprima veramente la nostra volontà e divenga il nostro punto di forza. Ciò è avvenuto in molte altre fabbriche (CEAT, Michelin, Innocenti, Marzotto ne sono alcuni grossi esempi) e le indicazioni di lotta che ne vengono sono assai importanti. Infatti le lotte devono essere ben organizzate per gli operai, improvvise per i padroni e i suoi servi. Quelli delle trafile plastiche lo hanno fatto, è possibile farlo tutti noi. Democrazia diretta vuol dire proprio questo: partecipazione cosciente operaia a tutte le decisioni. La lotta deve estendersi da un reparto a tutta la fabbrica, collegandosi almeno con le altre fabbriche del gruppo già in lotta, legandosi agli scioperi della Pirelli di Settimo Torinese, superando divisioni artificiose e rivendicazioni parziali. Ma la linea deve essere quella dei lavoratori delle trafile plastiche: Democrazia di base e lotta. La lotta non deve cessare appena cominciano le trattative, ma proprio in quel momento dobbiamo far pesare ancor di più la nostra forza, rifiutando al padrone qualsiasi concessione prima di aver ottenuto i nostri obiettivi.
Lotta e democrazia di base devono voler dire anche e soprattutto organizzazione continua e lotta che non si ferma appena raggiunto un piccolo accordo.
Comitato Unitario di Base (Luglio 1968)
La condizione operaia all'interno della fabbrica non solo peggiora continuamente, ma tende a degenerare per il dispotismo con cui il padrone ci impone ciò che vuole: la fiscalità nell'assistenza medica, ambienti di lavoro nocivi, il ritmo a cui dobbiamo produrre e, quel che è peggio, taglia come vuole la nostra busta-paga (vedi cottimi e premi di produzione). Solo noi lavoratori possiamo porre termine a questo stato di cose, mettendo in atto quello che già molti lavoratori italiani hanno fatto: allo strapotere padronale, dobbiamo opporre le nostre unità di lotta, realizzando appieno la democrazia diretta. Con questo metodo anche alla PIRELLI si sono già fatti e si stanno facendo scioperi e fermate da parte degli operai dei reparti più combattivi Anche noi come loro dobbiamo fare assemblee di reparto e di fabbrica, decidere in queste riunioni forme di sciopero improvviso, collegandoci agli altri reparti in lotta, arrivare in questo modo ad uno Sciopero generale, **se occorresse anche alla occupazione della fabbrica, poiché solo con la fabbrica ferma il padrone acquista l'uso della ragione: non può rinunciare a lungo al suo profitto. Ma non solo: dobbiamo gestire la nostra lotta: i contenuti delle trattative, prima di essere sottoscritti (e non importa da quale Sindacato) devono essere discussi ed accettati dai lavoratori, e non dobbiamo rinunciare alla lotta sino a che le rivendicazioni portate avanti dalle assemblee non siano state accolte e realizzate integralmente. L'assemblea all'uscita del turno è senza dubbio una forma di democrazia decisionale avanzata, ma non basta, poiché molti lavoratori non possono trattenersi per la rapida partenza dei mezzi di trasporto. Dobbiamo lottare per avere la libertà di discutere dei nostri problemi in fabbrica, interrompendo il lavoro. Questo metodo è già una consuetudine in altre fabbriche, e solo con le assemblee in fabbrica si ha la partecipazione reale di tutti i lavoratori. Infine ci teniamo a ribadire:
1) che il Comitato Unitario di Base non vuole formare un altro Sindacato (già tre sono motivo di confusione per i lavoratori), ma vogliamo soprattutto diffondere tra tutti i lavoratori l'esigenza di impostare la lotta sulla base di una reale democrazia diretta operaia, e lavorare perché ciò si verifichi; 2) Non ci interessa nessuna carriera né politica né sindacale, ma solo che si avviino alla soluzione i problemi degli operai della PIRELLI, che sono i nostri stessi problemi.
Non ci interessa di che colore politico sono i lavoratori di quei reparti che scioperano unitariamente adottando il metodo della democrazia diretta, poiché essi si sono mossi come dovrebbero muoversi tutti i lavoratori della fabbrica sui loro problemi, indipendentemente dalle posizioni politiche, ma solo mirando a togliere al padrone il suo potere assoluto. Siamo con la classe operaia unita nella lotta contro il padrone, poiché unitari sono i problemi della classe operaia. Se le sigle dividono, i problemi uniscono i lavoratori.
Il Comitato Unitario di Base (settembre 1908)
Lo sciopero genera 'e di tutta la Pirelli oggi si impone come necessario. Necessario per piegare la Direzione sui contenuti che i singoli reparti hanno individuato, necessario per collegarci in modo attivo con le altre fabbriche del gruppo Pirelli (Settimo Torinese in testa) che sono già in lotta, necessario per sviluppare tra di noi le forme e i contenuti di una lotta anticapitalistica, seguendo il metodo della democrazia diretta, cioè della partecipazione alle decisioni. Ma lo sciopero generale di tutta la fabbrica è oggi anche possibile. 17 reparti già in lotta indicano la volontà reale degli operai, danno una misura della situazione di fabbrica.
Il Comitato Unitario di Base sin dalla sua nascita si era posto l'obiettivo di smuovere la situazione statica alla Pirelli. Questo oggi è avvenuto, i reparti sono in fermento, CGIL da una parte, CISL, Direzione e UIL-Pirelli dall'altra sono costrette, una buona volta, ad accorgersi della forza e della decisione degli operai. Ma sono attualmente in corso manovre estremamente pericolose, che consistono nel rinviare alle calende greche lo sciopero di fabbrica, nel mantenere la nostra lotta al livello degli scioperi di reparto mentre al contrario può e deve crescere, nel ricercare al costo del sacrificio di obiettivi irrinunciabili l'unità d'azione con la CISL e la UIL. Se questa linea andrà avanti si finirà come a febbraio, quando fu firmato il contratto senza tener conto della spinta e delle esigenze dei lavoratori. Lasciare isolati, divisi i reparti significa lasciare che Pirelli continui a imporre la sua legge in tutta la fabbrica. Né due ore di sciopero, per giunta con un bel preavviso, sono sufficienti. Sciopero di 24 ore e di tutta la fabbrica! Lo sciopero di fabbrica è indispensabile al fine di una lotta che porti ad alcuni risultati soddisfacenti sui problemi che interessano i singoli reparti, I'intera fabbrica e infine il gruppo Pirelli. Su questi problemi i lavoratori la piattaforma unitaria l'hanno trovata nella lotta, e non occorrono minuetti di vertice per mettersi d'accordo:
—eliminazione totale di ogni condizione di nocività;
—aumento degli organici, riduzione dell'orario a 40 ore settimanali a parità di salario, sabato festivo subito: in tal modo può iniziare una lotta decisa contro l'aumento pazzesco dei ritmi di lavoro;
—aumento del salario reale attraverso la rivalutazione del cottimo, nella prospettiva dell'eliminazione di quest'ultimo per assorbimento nella paga base.
La lotta di tutta la Pirelli può fare una grande svolta! I lavoratori hanno deciso la lotta attraverso assemblee di reparto e di marciapiede, raggiungendo l'unità di base e non l'unità delle sigle. La lotta della Pirelli può non solo essere decisa ma anche diretta dagli operai tutti. L'Assemblea di tutti gli operai in sciopero sarà lo strumento democratico attraverso il quale si deciderà quali devono essere gli obiettivi precisi, quali i contenuti delle trattative, quali accordi rifiutare e quali accettare: attraverso la discussione, attraverso il contributo di ciascuno.
Non basta fermare la fabbrica, bisogna condurre la lotta in modo democratico: controllo di base sulla lotta per vincere!
Sciopero di tutta la fabbrica! dobbiamo dirlo in fabbrica a tutti quelli che oggi invitano alla calma, ad aspettare.
Giovedì 19, due reparti, per i quali non era previsto lo sciopero, si sono spontaneamente uniti ai compagni in lotta.
D'ora in poi, quando un reparto si ferma, tutti fermi, e in Assemblea per decidere come continuare la lotta, sino a distruggere il potere di Pirelli e di tutti i padroni.
Il Comitato Unitario di Base (25 settembre 1968)
Lavoratori delle consociate Pirelli!
Giovedì ottobre gli operai e gli impiegati della Pirelli Bicocca, al 100%, hanno scioperato.
Lo sciopero di fabbrica è stato il punto culminante di un'agitazione in corso da diverse settimane, che aveva visto scendere in lotta gli operai di un reparto dopo l'altro. L'inizio dell'agitazione vedeva entrare in sciopero pochi reparti; ma alla vigilia dello sciopero di fabbrica già una ventina di reparti, con più della metà degli operai della Bicocca, erano in lotta. La lotta in corso alla Pirelli Bicocca è stata voluta dai lavoratori ed è partita da essi!
I reparti sono entrati in sciopero, uno dopo l'altro, per decisione unanime degli operai e sugli obiettivi che gli operai stessi decidevano: cottimi, tempi, nocività ecc. Di fronte al crescere del fronte degli scioperi di reparti, il padrone reagiva cercando di stroncare la lotta. Nel reparto 8655 (confezioni coperture giganti) venivano tagliati improvvisamente i tempi. Gli operai del reparto reagivano scioperando; al loro sciopero il padrone replicava con la serrata di cinque reparti.Lungi dal ripiegare in buon ordine, i lavoratori di tutta la Bicocca si preparavano allo sciopero generale.
L'unità alla base caratterizza la lotta alla Pirelli Bicocca.
I lavoratori fin dall'inizio hanno rifiutato che sopra le loro teste, al di fuori del loro controllo, per obiettivi non decisi da essi, venisse ricreata un'unità operativa e rivendicativa dei vertici sindacali, attraverso lunghe trattative. Questo avrebbe significato la rinuncia alla lotta oggi, subito, per obiettivi urgenti, per i quali i lavoratori della Bicocca vogliono e debbono battersi senza ritardi.
La parola d'ordine è stata ed è: unità di base, e non unità delle sigle sindacali.
La CISL e la UIL hanno cercato di impedire gli scioperi di reparto e lo sciopero di fabbrica. La CGIL ha cercato di ritardare lo sciopero di fabbrica, perché voleva a tutti i costi l'accordo con la CISL e la UIL. Ma l'unità dei lavoratori e la loro decisione di lotta hanno imposto a tutti e tre i sindacati, mercoledì 2 sera, all'ultimo minuto, di dichiarare lo sciopero generale. Se questa proclamazione non fosse avvenuta, lo sciopero generale ci sarebbe stato ugualmente. Basti accennare al fatto che giovedì, alle 4,30, gli operai di alcuni reparti (turno di notte), che effettuavano lo sciopero in bianco, sono usciti dalla fabbrica ed hanno formato un picchetto massiccio, fermando gli operai del primo turno e poi, insieme, quelli del turno normale.
La lotta continua alla Pirelli Bicocca, e continuerà fino alla sconfitta del padrone! Uniti alla base, decidendo democraticamente, in assemblee, degli obiettivi e delle forme di lotta, i lavoratori della Pirelli indicano la strada da seguire a tutte le fabbriche e invitano in primo luogo voi, lavoratori delle consociate, ad entrare in lotta, uniti alla base, per i vostri obiettivi.
(Milano, 6 ottobre 1968)
Lo sciopero di giovedì 3 ha rappresentato una grossa vittoria per gli operai della Pirelli. Erano molti anni che alla Pirelli ed anche a Milano non si verificava fuori dalle normali scadenze contrattuali, uno sciopero così massiccio e con una così alta partecipazione cosciente da parte dei lavoratori. I timori e i ritardi sindacali sono stati battuti dalla volontà della base che ha imposto lo sciopero generale, che ha organizzato i picchetti a partire addirittura dal turno di notte.
Non possiamo tornare indietro!
Tutti gli operai sono ben coscienti che non basta una giornata di sciopero per battere il padrone, ma che invece è necessario continuare la lotta fino alla vittoria dei lavoratori della Pirelli. Ma per questo fine è necessario precisare gli obiettivi e le forme di lotta, discutendo e decidendo collettivamente, reparto per reparto.
Portiamo avanti gli obiettivi della nostra lotta!
Gli obiettivi dei lavoratori della Pirelli sono e rimangono:
Più soldi (e quindi ristrutturazione del congegno di cottimo, il che significa aumento di salario).
Meno fatica (e quindi lotta contro il taglio dei tempi, contro l'incremento della produttività, per la riduzione dell'orario di lavoro e parità di salario, per l'abolizione delle condizioni di nocività).
La XIV e il premio di produzione sono questioni grosse ed importanti. Facciamo però attenzione, in questo momento, a non mescolare tutto assieme, perché il problema fondamentale oggi è e rimane il cottimo.
Anche le forme di sciopero sono importanti!
Giovedì scorso infatti lo sciopero è riuscito perché è stato improvviso, deciso dai lavoratori. Questa è la via da seguire e da sviluppare. I lavoratori non possono aspettare gli accordi tra i tre sindacati, non possono dipendere dalla risposta di Pirelli. Per vincere è indispensabile attaccare, come abbiamo fatto sin dai primi scioperi di reparto, e non difenderci, aspettando le eventuali provocazioni della direzione.
Non dobbiamo aspettare l'incontro delle parti fissato per mercoledì: la trattativa non deve interrompere la lotta!
Non sono gli incontri o le minacce che fanno paura al padrone. Dobbiamo controllare noi direttamente e democraticamente lo sviluppo delle trattative. Perché i contenuti della lotta dei reparti non vadano perduti è necessario che le assemblee controllino direttamente le trattative con Pirelli, che devono svolgersi solo qui a Milano, e non a Roma o in qualche altro posto.
Bisogna battere il ferro finché è caldo!
La lotta di giovedì scorso è la più corretta e la più utile: il turno di notte si ferma una o due ore prima e, di fatto, dichiara lo sciopero per tutta la fabbrica organizzando, già per il turno delle sei, il picchetto, anche con l'aiuto degli studenti, che così dimostrano la loro volontà di lotta anticapitalistica. Ma le decisioni sulla lotta devono essere prese da tutti. Il prossimo giorno di sciopero dobbiamo imporre, sin dall'inizio, l'Assemblea generale!
Bisogna discutere i problemi di tutta la fabbrica, e non di un solo reparto, come è avvenuto giovedì scorso.
Sciopero ed assemblea = La strada per battere il padrone.
Il Comitato Unitario di Base (7 ottobre 1968)
I lavoratori della Pirelli, con lo sciopero di giovedì 10 ottobre, hanno risposto in modo chiaro ed adeguato alle manovre padronali. La trattativa di mercoledì, così come era stata impostata da Pirelli ed accettata dai sindacati, era una provocazione nei confronti degli operai in sciopero. Infatti non è possibile discutere del problema della mutua, rifiutandosi di affrontare i problemi di reparto (lanciando una generica promessa di colloquio sul "Gruppo" per lunedì) mentre la fabbrica è in fermento. Mercoledì gli operai del 1I turno, ricevute le prime notizie sulla trattativa, hanno subito fermato la produzione mettendosi a girare per i reparti e convincendo i pochi indecisi. Numerosi reparti del turno di notte hanno ripreso la lotta del 1I turno, hanno formato in fabbrica assemblee generali dei lavoratori che hanno deciso di estendere lo sciopero a tutta la fabbrica. L'unità dei lavoratori ha fatto così fallir! ogni tentativo di bloccare o ritardare la lotta. Di fronte ai burocrati sindacali che, in nome dell'unità dei vertici, volevano dividere i lavoratori, gli operai hanno mostrato ancora una volta che solo l'unità di base può sviluppare le forme e i contenuti della lotta. La parola d'ordine è stata decisa subito e da tutti. Sciopero generale di tutta la fabbrica. Giovedì quindi il 1 e il 2 turno hanno continuato lo sciopero bloccando anche l'ingresso agli impiegati. Infatti Sciopero generale significa sciopero di tutta la fabbrica, quindi anche degli impiegati in quanto anche essi lavoratori e sfruttati, anche se non è stata avanzata alcuna rivendicazione specifica per loro. Non dobbiamo fare il gioco di Pirelli lasciando divisi operai e impiegati. Gli impiegati possono maturare e crescere solo nella lotta, fianco a fianco con gli operai. In questo modo potranno giungere anche loro ad elaborare rivendicazioni autonome ed a unirsi agli operai in una dura lotta anticapitalistica.
La linea venuta fuori democraticamente e dalla base giovedì è e deve essere: —Lotta continua sino al raggiungimento degli obiettivi dei lavoratori; — Scioperi improvvisi, senza i preavvisi che servono al padrone;—Democrazia diretta e cioè assemblee in fabbrica dove tutti possano parlare e decidere. Questa è la linea che fa paura a Pirelli. Infatti il recente comunicato della Assolombarda ha sottolineato che il tipo di lotta attuato giovedì è estraneo alla prassi sindacale. I sindacati cioè, secondo il padrone, devono aspettare i tempi da lui fissati. Il comunicato Assolombarda ci dimostra come la nostra lotta colpisca i padroni e che quindi non deve essere mutata. Essa non è uno sfogo esasperato, ma una scelta politica che dovrà estendersi a tutte le fabbriche Pirelli. Di fronte alla linea del padrone la risposta è stata e deve essere: Sciopero ininterrotto per le ore straordinarie e per i comandati nei riposi di conguaglio, per tutto il tempo della vertenza; Blocco della produzione quando venga deciso dalle assemblee e per imporre la trattativa anche sui problemi di reparto: Oggi, dopo l'incontro sindacale, nessun compromesso ma assemblee di tutti i lavoratori dentro la fabbrica per decidere e organizzare le scelte operaie su tempi, modi, mezzi ed obiettivi di lotta.
Solo l'Assemblea operaia di fabbrica ha potere di decisione.
Il Comitato Unitario di Base (14 novembre 1968)
Lavoratori delle consociate Pirelli, il giorno di lotta generale della Pirelli per il cottimo, il taglio dei tempi, il premio di produzione e la quattordicesima, già preannunciato, è prossimo.
Il Comitato Unitario di Base della Pirelli, composto da operai e studenti, sottolinea l'importanza di questa giornata di lotta, nella quale al blocco totale della produzione, seguirà la manifestazione, decisa dalle assemblee degli operai della Bicocca. La manifestazione è uno strumento importante per propagandare gli obbiettivi della lotta e per portare la lotta fuori della fabbrica, uscendo dal silenzio e dall'isolamento. I problemi per cui lottiamo non sopportano rimandi: il padrone deve rispondere e subito. La dislocazione delle fabbriche Pirelli aiuta il padrone a dividere gli operai. Agli operai serve l'unità e non la divisione. Le giornate di lotta comune permettono la crescita della solidarietà operaia, dell'unità di base, la discussione democratica sui mezzi e sui modi di proseguire la lotta, fatta dagli operai stessi. Le assemblee che si sono susseguite nelle fabbriche e che hanno portato alle giornate di lotta di questi mesi, sono appunto lo strumento democratico capace di fare giungere gli operai alla vittoria. La volontà emersa in queste assemblee è stata soprattutto quella della necessità dell'unità di base, anche tra la Bicocca e le consociate.
Il Comitato Unitario di Base si fa portatore di questa voce e si mette a disposizione degli operai delle consociate per:
—dare pronto avviso al mattino del giorno di lotta della Bicocca, per far così coincidere il giorno di sciopero;
—far confluire gli operai delle consociate in viale Sarca per il corteo che da lì partirà.
Il Comitato Unitario di Base (21 ottobre 1968)
Mercoledì in modo inatteso e improvviso la fabbrica ha ripreso la lotta interna che si è ricollegata allo sciopero generale di martedì radicalizzandolo. Questa nuova esplosione di lotta non è stata determinata solo dalla riproposta provocatoria delle vecchie tabelle di cottimo all'8655 ma è dovuta anche al malcontento degli operai per questa ultima fase dello sciopero controllata e diretta dai sindacati in modo tradizionale. Sono state ignorate completamente le proposte e le indicazioni sorte dalla nuova realtà della conduzione autonoma e spontanea della lotta e anche dalle assemblee. Si è arrivati così allo sciopero di martedì, "improvviso" solo per gli operai e al corteo concordato con la polizia. Lo sciopero improvviso deve invece essere veramente inaspettato per Pirelli per colpire così la produzione e indebolire la resistenza padronale.
Al contrario le due ore di sciopero articolato programmate per oggi c per martedì prossimo senso un chiaro ritorno ai vecchi metodi; sono gli scioperi decisi burocraticamente dall'alto e quindi controllabili da Pirelli. Dallo sciopero improvviso e spontaneo di mercoledì sono venute fuori alcune proposte:
I ) L'assemblea di reparto come unico organo di decisione operaia;
2) La riduzione della produzione da 450 a 250 punti;
3) La ripresa degli scioperi di due ore da organizzarsi all'improvviso e dentro la fabbrica.
Questo vuol dire: Lotta quotidiana e permanente contro Pirelli.
Ogni reparto deve quindi stabilire nella assemblea lo strumento di lotta più adatto al singolo momento e al singolo reparto, unificando lo sciopero per colpire Pirelli in maniera ugualmente incisiva e dura e nello stesso tempo con un danno economico di uguale entità per gli operai dei vari reparti. E questo il modo corretto di portare avanti la lotta rifiutando la tentazione e la provocazione dello sciopero ad oltranza. Il padrone non muore di fame e può resistere più dell'operaio.
Dobbiamo colpire il sistema padronale in molti punti e in modi diversi con forme nuove e improvvise. Queste devono essere decise nelle Assemblee interne di reparto, che si debbono ottenere durante le ore di sciopero improvviso.
I ) Le Assemblee di reparto per decidere la lotta
2) L'Assemblea generale di fabbrica per unificare e rendere generale lo sciopero.
E' necessario inoltre stabilire il collegamento interno tra i singoli reparti perché tutte le decisioni e le iniziative vengano comunicate e estese a tutta la fabbrica. Questo si può fare tramite gli elementi più attivi dei vari reparti in contatto col Comitato di Base. In questo modo può essere attuato il collegamento immediato della lotta e il suo allargamento all'intera Pirelli.
Solo con la Democrazia di base può crescere la lotta.
Solo con la lotta possiamo sconfiggere il padrone.
Il Comitato Unitario di Base (25 ottobre 1968)
La nostra lotta ha messo Pirelli in condizioni di dover ricorrere all'intervento del Prefetto prima e del Ministro poi per trattare sui problemi da noi posti per migliorare le condizioni di lavoro all'interno della fabbrica. Solo la nostra lotta continua e sempre più incisiva determinerà i contenuti economici e politici della trattativa.
Una prima conquista contro lo sfruttamento l'abbiamo già ottenuta e non dobbiamo rinunciarvi: LA RIDUZIONE DEI PUNTI. Ma è chiaro che solo l'unità dei lavoratori può mettere in ginocchio il padrone su un punto che costituisce la base fondamentale dello sfruttamento. Attraverso il cottimo il padrone realizza la parte più alta dei suoi profitti, riducendo il lavoratore a seguire la macchina oltre i limiti della resistenza fisica.
I sindacati si presentano alla trattativa senza una piattaforma comune: QUESTO È GRAVE.
La parte normativa del cottimo è un obiettivo non semplicemente economico: si tratta della nostra salute, della nostra fatica. Questo i lavoratori l'hanno già espresso in tutte le assemblee .
Questa deve essere l'unica posizione alla trattativa. Solo così le trattative possono essere un momento di vittoria unitaria e non di divisione. Abbiamo già verificato come l'assemblea sia l'unico momento di vera unità di tutti i lavoratori. Scioperi all'interno della fabbrica dunque e assemblea dei lavoratori . L'assemblea di fabbrica di tutti i lavoratori è l'unica che ha il potere di decidere sulle forme di lotta e sul controllo delle trattative. Da parte dei sindacati che trattano, non deve essere firmato nessun accordo senza che prima i contenuti siano portati all'assemblea la quale deciderà se accettarli oppure respingerli e continuare la lotta.
Solo i lavoratori hanno diritto di decidere sui loro interessi.
LA LOTTA NON DEVE ESSERE MAI INTERROTTA
Questa deve essere la nostra risposta alle rappresaglie e intimidazioni padronali (spostamenti, licenziamenti, minacce di chiusura ecc.). La trattativa non deve sospendere la lotta. Non deve più accadere. Solo a Pirelli serve la tregua, non ai lavoratori. L'unica condizione per la normalità in fabbrica è la soluzione dei nostri problemi.
Non riuscirà Pirelli a dividerci con le minacce. Quando siamo in fabbrica, sappiamo contarci; sappiamo di essere più forti di lui.
ALLA VIOLENZA DELLO SFRUTTAMENTO RISPONDEREMO CON LA LOTTA.
Il Comitato Unitario di Base (18 novembre 1968)
La lotta degli operai della Pirelli non è una lotta isolata, ma è collegata al movimento generale di opposizione operaia alla politica padronale di sfruttamento. In tutta Italia si sviluppano le lotte e gli scioperi in forme nuove. I 60.000 metallurgici di Genova scendono in sciopero e, superando i programmi tradizionali, allargano la protesta a tutta la popolazione, e bloccano completamente la città. Alla SNAM Progetti gli operai e i tecnici in lotta si organizzano in assemblea permanente per decidere le forme e i contenuti dell'agitazione. Alla Alfa Romeo, dove la linea 10 è in sciopero, viene portata avanti da gruppi di operai la parola d'ordine dell'assemblea di linea. Alla Siemens gli operai t'anno scioperi articolati per il nostro stesso obiettivo: la contrattazione normativa del cottimo. Gli operai della Pirelli non sono dunque soli nel sostenere una lotta diversa e radicale contro il padrone. Ma la lotta non finisce alla soglia delle trattative. Le trattative sono un momentodi lotta. Prefetti e ministri si sono prestati ad aiutare Pirelli a chiedere trattative fasulle. Ciò che noi vogliamo è chiaro: se Pirelli vuole incontrarsi con noi deve dare ciò che abbiamo chiesto. Questa la condizione per la sospensione della lotta. Il momento è duro: ma noi non cederemo e dobbiamo rifiutarci di tornare indietro. No agli scioperi programmati.
Non devono essere i vertici sindacali a decidere quante ore di sciopero dobbiamo fare e quando. La decisione deve essere lasciata alla assemblea operaia, così come agli operai deve essere lasciata la decisione delle forme di lotta che devono essere quanto più possibile incisive e per contro danneggiare il meno possibile i lavoratori. Gli scioperi siano decisi da noi all'improvviso. Improvviso deve essere il blocco della fabbrica, improvviso il corteo, per sorprendere il padrone, danneggiarlo al massimo, e per costringerlo a trattare sul serio su quello che chiediamo. Il padrone si colpisce nella produzione. A Settimo Torinese tutta la fabbrica ha scelto come forma di lotta la riduzione dei punti. Ridurre i punti vuol dire lavorare meno, colpire il padrone alla produzione e, intanto, avere poco danno noi. Riducendo i punti dimostriamo al padrone che la sua produzione dipende da noi, dalla nostra decisione, e che perciò saremo noi a stabilire quanto potremo produrre. Costituiamo l'assemblea generale di fabbrica permanente: Finché Pirelli non cederà, noi ci riuniremo per discutere e decidere dei nostri interessi nell'assemblea generale. L'assemblea generale è l'organo di discussione di tutti, senza limiti di orario. L'assemblea finisce quando noi abbiamo finito di discutere i problemi, e le decisioni dell'assemblea sono vincolanti per tutti i sindacati. Non deve più accadere che alle trattative i sindacati portino le loro linee e si dimentichino delle richieste operaie.
Le trattative devono riflettere la nuova realtà di fabbrica. In fabbrica siamo uniti, mentre alle trattative i sindacati sono divisi sui contenuti. Impediamo questi giochi. Tutta la fabbrica sia mobilitata nell'assemblea finché non avremo imposto al padrone i contenuti dei nostri scioperi.
Il Comitato Unitario di Base (1 dicembre 1968)
Si prospetta l'accordo: tutti tentano di accattivarsi le simpatie dei lavoratori gridando "bravi, bravissimi per la grande lotta e l'impegno dimostrato" e aggiungendo "grazie alla nostra guida vi abbiamo fatto ottenere questo e quell'altro, dunque tesseratevi e votateci". Ma proprio questa lotta ci ha dimostrato che non è con i discorsi o con le votazioni che si risolvono i problemi dei lavoratori. Il Comitato di Base non ha mire elettorali: non è né vuole essere un quarto sindacato. Fin dall'inizio abbiamo detto che la classe operaia non risolverà mai tutti i suoi problemi in una società divisa in sfruttatori e sfruttati, e che quindi qualsiasi accordo raggiunto dopo una fase di lotta non può essere altro che una tappa che ci porta alla conquista di migliori condizioni di vita, ma che per questo non pone termine alla lotta contro gli sfruttatori: perciò i lavoratori del Comitato di Base continueranno la loro azione alla Pirelli insieme con i loro compagni.
Poche parole riguardo all'accordo fra delegazioni ristrette dei sindacati e padroni. Ci avevano tolto 1013.000 lire. Otteniamo:
32 lire orarie (a rendimento 100 %) = ó.000 lire circa al mese sul cottimo. Da notare che ancora una volta si crea di fatto una sperequazione nel trattamento e di conseguenza dei presupposti di divisione fra gli operai.
—Sblocco annuale dei congegni sul cottimo.
—Normativa da concordare e definire.
—50 ore sulla quattordicesima. Totale circa 10.000 lire al mese.
Rimangono da risolvere:
—L'abolizione degli scaglionamenti sulla quattordicesima, che riguarda particolarmente gli interessi dei giovani.
—La data di applicazione dell'accordo, che secondo noi deve coincidere con l'inizio dello sciopero.
—La normativa sul cottimo.
Più che sulle parole degli oratori dobbiamo abituarci a fare i conti sui fatti. Siamo convinti che riusciremo a modificare le nostre condizioni sul posto di lavoro e nella società in base a quello che sapremo conquistarci. Ed allora per ciò che riguarda i ritmi di lavoro non dobbiamo aspettarci che l'accordo sulla normativa ci risolva il problema del cottimo. Risolvere questo problema vuol dire dare un colpo decisivo allo sfruttamento, che sappiamo non verrà diminuito o eliminato con i procedimenti burocrati di una qualche commissione. Dunque non riprendiamo più al ritmo delle tabelle del padrone, ma decidiamo noi stessi quanto lavorare adesso per potere arrivare a 60 anni ancora sani e non rottami: anche perché quando abbiamo la schiena rotta la direzione ci ringrazia mettendoci a scopare, decurtandoci il salario sul cottimo e decurtandoci quindi la liquidazione e la pensione. Se tutti comprendiamo ciò, tutti dobbiamo avere la decisione dimostrata dal reparto 8661, che si è subito fermato nel momento in cui un assistente imponeva ad un lavoratore il vecchio ritmo. Anche noi, su ogni fatto importante, su ogni problema che si presenta nei reparti dobbiamo immediatamente sospendere il lavoro, riunirci in assemblea (senza aspettare che facciano la legge che ce lo permetta: ce lo siamo già conquistato questo diritto) e tutti assieme decidere come affrontare la questione. Le condizioni di lavoro possono cambiare se noi stessi le facciamo cambiare. Se vogliamo che si risolvano i problemi delle qualifiche (non dimentichiamoci che la lotta di questi mesi è partita dallo sciopero di cinque lavoratori delle trafile plastiche proprio per le qualifiche), della nocività, degli organici e tutti gli altri grossi problemi^, che determinano la nostra condizione all'interno della fabbrica, non dobbiamo smobilitare, ma tenerci pronti. Non smobilitiamo anche per impedire le rappresaglie minacciate da Pirelli e per sapervi rispondere. Se permetteremo che con licenziamenti e trasferimenti vengano cacciati i lavoratori più combattivi, diventeremo più deboli e passerà ancora una volta la politica di Pirelli e torneremo indietro di dieci mesi.
Ricordiamoci che se noi ci fermiamo c'è qualcuno che cammina: il padrone.
Il Comitato Unitario di Base (18 dicembre 1968)
Anche dopo gli accordi di dicembre, alla Pirelli restano aperti numerosi problemi che interessano tutti i lavoratori: dalle qualifiche alla mutua, alla nocività, all'orario di lavoro. Già alcuni reparti stanno affrontando il grosso problema delle qualifiche in termini di lotta, perché l'esperienza recente insegna che solo con la lotta la classe operaia può ottenere delle vittorie sul padrone. Ma c'è un altro problema molto sentito da tutti: la pesantezza dell'orario di lavoro, che, collegato ai ritmi di produzione imposti, fa della Pirelli una delle fabbriche in cui lo sfruttamento è portato ai limiti estremi. A questo punto è necessario riportare il discorso sui tempi di produzione e sul cottimo, su cui si era centrata la lotta durissima dei mesi scorsi. Eravamo ben decisi a rifiutare i ritmi impossibili voluti dal padrone, a rifiutare il supersfruttamento che Pirelli opera addosso a noi.
Per questo ha un valore grandissimo la decisione presa durante la lotta da pressoché tutta la fabbrica, di rifiutare le tabelle padronali e di produrre ad un ritmo che non ci massacrasse.
La firma dell'accordo ha portato ad un aumento orario sul cottimo di 32 lire. Ma solo per chi produce al 100% .
E chi non ce la fa? E i lavoratori a cottimo fisso?
Quest'accordo incomincia ad essere vantaggioso a partire dall'80% di rendimento (tant'è vero che per un rendimento inferiore si tiene valida la vecchia busta paga) e le 32 lire diventano così, per Pirelli il mezzo per costringerci a mantenere i ritmi da lui stabiliti. Ma la coscienza e la volontà di rifiutare il supersfruttamento del padrone non si sono spente. Al reparto confezione gli operai hanno deciso da soli che le tabelle erano insostenibili e che la fatica da spendere per il padrone non può andare oltre i 350400 punti. Questa decisione, questa consapevolezza della nostra forza quando siamo uniti, dobbiamo averla tutti. Come all'8655, siamo noi, i lavoratori, tutti insieme, che dobbiamo decidere quale ritmo possiamo sostenere, e che dobbiamo lottare perché il ritmo produttivo da noi deciso sia considerato rendimento 100%, e perché l'aumento della retribuzione del cottimo (come già il Comitato di Base aveva proposto) sia uguale per tutti e non in percentuale.
RITMI PAZZESCHI DI LAVORO E SALUTE SONO STRETTAMENTE LEGATI.
I busti che gli addetti ai confezionatori debbono portare già a 35, 40 anni, le mani piagate delle operaie alle cinghiette, gli aborti, ecc.; sono causati direttamente dai ritmi impossibili di lavoro e dalle condizioni ambientali in cui esso si svolge.
Rifiutiamoci di essere delle macchine che Pirelli spinge al massimo del rendimento fino a che non si rompono, e che poi vengono gettate via!
I comitati cottimi ci saranno utili tecnicamente, ma convinciamoci che solo il nostro impegno diretto e costante in tutte le fasi della lotta (comprese le trattative) porterà alla conquista di condizioni di lavoro umane nella fabbrica. Dobbiamo tenere ben presente che il problema di uno è il problema di tutti, e che ogni problema nostro, come abbiamo sperimentato, si risolve solo con la lotta. Dobbiamo difendere l'unità degli operai all'interno della fabbrica, poiché solo la solidarietà operaia impedisce le rappresaglie padronali. La prova viene dalla SAPSA: in seguito alla minaccia di licenziamento di un operaio subito tutta la fabbrica si è bloccata, facendo immediatamente rientrare ogni eventuale provvedimento. Anche all'8655 un tentativo di provocazione ha avuto una risposta unitaria immediata, che ha impedito la rappresaglia.
Unità e solidarietà operata contro le rappresaglie padronali
lotta ai ritmi imposti dal padrone.
Manteniamo i ritmi decisi da noi stessi.
Il Comitato Unitario di Base (15 gennaio 1969)
Sarebbe stato da illusi non aspettarci che dopo le lotte operaie e del Movimento Studentesco del '68, I'organizzazione degli sfruttatori (padroni, polizia e stato) organizzasse la sua repressione. Infatti, fin dalle prime lotte di Valdagno si cominciano a imprigionare e denunciare folti gruppi di operai; allo stesso modo si procede contro gli studenti che per maggior maturità politica, portano avanti iniziative di lotta in stretto contatto con la classe operaia, superando vecchi schemi partitici e sindacali che vogliono ancora l'"autonomia" e la divisione della lotta. In questo senso vanno interpretati i fatti di Avola e di Viareggio, come repressione organizzata. In questo clima trovano posto naturalmente anche le azioni criminose di fascisti: I'incendio alla facoltà di Napoli, le sparatorie di Livorno gli attentati alle sezioni del PCI di Milano, ecc.
Ma i fatti importanti sono questi: due braccianti assassinati un ragazzo reso invalido per tutta la vita.
La sparatoria di Viareggio, l'incarcerazione di decine di compagni, le tante denunce: tutto è stato orchestrato dalla polizia, dal governo, dalla RAI-TV, dalla stampa per colpire chi si oppone al sistema sfruttatori-sfruttati.
E i braccianti di Avola, che lottavano da mesi duramente per qualche biglietto da mille, sono uccisi con fredda determinazione per mantenere le condizioni di privilegio dei padroni della terra. Se nelle piazze i padroni ci fanno ammazzare dalla polizia, non meno pesante si fa sentire la repressione all'interno della fabbrica: qui il capitale ha a disposizione un'infinità di mezzi per attuare il suo disegno e il più importante fra questi è il ritmo di lavoro, fatto in modo che il lavoratore durante la giornata non possa concentrarsi altro che sul la produzione da realizzare, senza aver tempo assolutamente per parlare dei suoi problemi. Di Avola e Viareggio non si deve parlare. In questo modo il padrone raggiunge due obiettivi: reprimere il lavoratore e sfruttarlo. Un altro sistema in uso sono gli spostamenti, non potendo ancora licenziare: assistiamo in questo periodo a continui spostamenti di lavoratori e lavoratrici, la maggior parte dei quali sono stati fra i più attivi durante la lotta dei mesi scorsi.
Anche alla Pirelli ci stiamo avviando al "dopo lotta", e cerchiamo di vedere bene che cosa significhi: per i braccianti di Avola non si perseguono i colpevoli della sparatoria ma si denunciano quaranta lavoratori. A che cosa sono serviti i venti minuti di sciopero proclamati dall'alto? Se avessimo discusso in assemblee generali i fatti di Avola e Viareggio ci saremmo contentati del minuto di silenzio? E se fosse successo alla Pirelli, ci accontenteremmo di eseguire direttive dall'alto su come piangere, su come difenderci? Dobbiamo conquistarci il diritto di poter discutere anche in fabbrica fatti gravi come Avola e Viareggio, e solo se noi rispondiamo duramente per Avola e Viareggio, la repressione non sarà portata avanti neanche all'interno della fabbrica. Ma non solo: quando la classe operaia è in lotta per nuove conquiste di potere, il padrone non può usare i suoi strumenti di sfruttamento e di repressione. Lo abbiamo appena visto, come non passava né il taglio dei tempi né le rappresaglie durante la lotta.
Solo con la partecipazione permanente e diretta di tutti i lavoratori può essere portata avanti la riscossa degli sfruttati.
Solo l'assemblea generale dei lavoratori ci mette in grado di non essere più semplici esecutori di direttive, più o meno scontenti, ma di essere protagonisti per la soluzione dei nostri problemi.
Solo se "perderemo" un'ora di lavoro per discutere anche di fatti come Avola e Viareggio saremo in grado di portare avanti azioni di lotta che scalzino il potere dei padroni.
So lo se la clsse operaia si d à una struttura organizzativa di base nuova, che renda tutti protagonisti, che ci faccia uscire dalla logica delle lotte settoriali, superando le divisioni esistenti che servono solo a rendere debole la classe operaia; se la nostra lotta della Pirelli la colleghiamo direttamente con le lotte della Siemens, dell'Alfa Romeo dei braccianti della Sicilia, degli studenti, dei lavoratori della FIAT, della Saint Gobain, di Porto Marghera, dei tessili della Marzotto, solo allora vinceremo la logica dello sfruttamento e della repressione messa in atto nella fabbrica e nella società dai padroni protetti dal governo.
COLLEGHIAMOCI CON I COMPAGNI IN LOTTA DI TUTTA ITALIA.
Il Comitato Unitario di Base (31 gennaio 1969)
Il problema delle pensioni è stato affrontato da tutte le fonti di informazione ufficiali (radio, TV, giornali, pubblicazioni dei sindacati e dei partiti, ecc.) in maniera ampia e apparentemente molto dibattuta su posizioni contrastanti. A noi non interessa entrare qui nel merito del discorso alla stessa maniera, giudicando cioè se una piattaforma è più o meno vantaggiosa di un'altra, ma ci interessa dare una valutazione politica sulle singole proposte avanzate: cioè cercare di capire che cosa esse implicano rispetto alla condizione del lavoratore. Dopo una vita di lavoro di quarant'anni, cioè quarant'anni di sfruttamento da parte dei padroni, un lavoratore, oltre a essere rimasto povero tutta la vita, in media ha versato agli enti previdenziali non meno di 20 milioni. Questo significherebbe almeno quindici anni di pensione a centomila lire al mese. Invece l'ottanta per cento dei lavoratori, ormai vecchi rottami ammalai muoiono entro cinque, dieci anni dopo aver smesso di lavorare con pensioni ben più misere.
Perché non riusciamo a vivere abbastanza per godere i miseri frutti del nostro lavoro e dove vanno a finire i nostri soldi?
È solo sfruttandoci tutta la vita che i padroni possono poi permettersi di non farci vivere a lungo e quindi di non restituirci tutto quello che noi abbiamo già pagato. A loro restano invece abbastanza soldi per elargire superpensioni a se stessi e ai loro leccapiedi governativi e amministratori degli istituti pensionistici. Possono rubare i nostri soldi per finanziare assurdi progetti demagogici di urbanizzazione mai realizzati, potenziare la rete autostradale (e chi di noi può usarla se non ci basta la vita?). E ancora armare sempre meglio un esercito inutile e centomila poliziotti pronti a scagliarsi contro di noi se solo osiamo protestare contro queste cose. Gli stessi poliziotti sono invece pronti a difendere i padroni quando vogliono spendere in lussi inutili e borghesi i soldi che in teoria non dovrebbero avere perché dicono che non possono aumentare i nostri salari di fame.
Ecco perché il problema delle pensioni è strettamente legato alla condizione generale di sfruttamento dei lavoratori.
Ecco perché non possiamo accettare proposte che invece di unirci ci dividono maggiormente. Infatti l'aumento percentuale richiesto è negativo per i lavoratori. In primo luogo dal punto di vista economico, perché è sempre più avvantaggiato chi già prende di più (col 10% di aumento chi ha 30 avrà 3, chi ha già 300 avrà 30). In secondo luogo dal punto di vista dell'unità della classe le divisioni che già esistono fra i lavoratori vengono ancor più accentuate, a tutto vantaggio dei padroni. E poi, è giusto regolamentare solo i minimi e non preoccuparsi di stabilire i massimi ammissibili? Non farlo significa in realtà sancire la struttura di classe di questa società.
Per queste considerazioni appare chiaro che è necessario scioperare compatti, ma soprattutto usare della giornata di sciopero per discutere tra di noi i nostri problemi, e trovare quindi da soli le soluzioni che rispondano alle esigenze nostre e non dei padroni.
Il Comitato Unitario di Base Pirelli
Movimento Studentesco
Gruppi operai e studenti della Borletti e della Siemens (4 febbraio 1969)