L'ipotesi di accordo siglata il 22 settembre scorso per il rinnovo del CCNL chimico non è solo un brutto accordo, ma una operazione che punta a spianare la strada alle confederazioni su quell'intesa sulla produttività che il Governo vuole ottenere entro ottobre.
Nei documenti sindacali l'accordo dei chimici viene osannato per la sua parte salariale ma si tace sulle aperture che questo accordo realizza in materia di deroghe al contratto nazionale ed alla libera fruibilità della forza lavoro per aumentarne l'intensità di sfruttamento.
L'accordo ha una lunga premessa (tutta ideologica) nella quale viene di fatto assunto il punto di vista padronale rispetto alla crisi economica attuale. Tutto ruota attorno alla responsabilità sindacale nel considerare il fattore produttività sostanzialmente legato all'utilizzo della forza lavoro quasi che causa dell'attuale crisi di valorizzazione del capitale sia imputabile essenzialmente al basso grado di utilizzo (sfruttamento) della forza lavoro.
In questo modo la strada Confindustriale per una riduzione delle tutele contrattuali è spianata.
Tutto l'accordo è pervaso da questa condivisione di responsabilità tra aziende e sindacati. Si dice che la situazione è eccezionale, particolare, che bisogna certo rivendicare scelte di investimento e innovazione da parte delle imprese, ma, subito, va cercata una maggiore competitività intervenendo sulle condizioni della prestazione.
E in questa ottica ci si è mossi nella stesura dell'accordo.
Vi invitiamo a leggere la lunga premessa all'ipotesi di accordo perchè, meglio di quanto si possa fare qui, dimostra la subordinazione sindacale al punto di vista delle imprese e spiega le patuizioni successive.
I contenuti dell'accordo possono essere divise in due tipologie.
Da una parte gli impegni futuri, sui quali le parti si impegnano a trovare successivamente a questo accordo delle soluzioni concrete ed esigibili, dichiarandosi però già da ora d'accordo sulla filosofia..
E poi alcuni punti sui quali si è già patuita la soluzione.
Nella prima tipologia ad esempio figurano punti come:
La formazione: Come prevedibile un generico richiamo alla sua importanza, sopratutto se mirata a favorire l'incentivazione di una corretta interlocuzione sindacati-imprese (come se ciò dipendesse da chissà quale scuola di formazione). Si conclude poi col dire che, dopo, magari, forse, chissà, si potrebbe prevedere a livello aziendale la nomina di un "delegato alla formazione".
Una cosa stranissima a dire il vero. Non si non si comprende infatti perchè non possa essere la RSU titolata a contrattare con l'azienda eventuali piani formativi interni all'azienda.
Ma questa è l'attuale linea sindacale ... escludere dai luoghi della contrattazione tutto ciò che all'azienda possa presentarsi come un costo. Insomma, sulla formazione si fa filosofia e non contrattazione.
Sulla qualità delle risorse umane: Si parla di migliorare la "polivalenza e polifunzionalità" dei lavoratori (ossia di favorire il cumulo di mansioni) perchè considerata utile ad una maggiore flessibilità e produttività del lavoro. Paradossalmente ciò viene presentato come propedeutico ad un aumento dell'occupazione come se non si sapesse che spesso le aziende hanno ridotto i loro costi occupazionali anche grazie alla pratica (già presente da tempo) di caricare di mansioni maggiori e diverse la forza lavoro rimasta in azienda.
Comunque questo è un impegno che l'accordo nazionale demanda genericamente al livello aziendale senza porre paletti precisi ma limitandosi a dire solo che dopo, chissà, semmai, le parti definiranno delle linee guida.
Sulla qualità delle relazioni sindacali: Qui non ci si risparmia in reciproci complimenti sul come già ora siano belle ed armoniose le relazioni sindacali in categoria, ma si dice che si vuole far di più.
Si dice che bisogna garantire un rispetto delle regole e dei comportamenti, che bisogna dare maggiore tempestività alla soluzione dei problemi che via via il mercato e la crisi propongono, che bisogna garantire maggiore coerenza tra le parti ......... Tutto molto generico, non trovate ? e comunque ... come ???
Semplice .... le parti convocheranno successivamente alla firma dell'accordo una commissione nazionale con lo scopo di redigere un vademecum comportamentale a cui le parti dovranno sottostare.
Questi punti non sono cosa da poco. Questi punti parlano di flessibilità, condizioni della prestazione, orari, cumulo di mansioni, condizioni a cui attenersi nella trattativa locale, processi di raffreddamento dei conflitti, limiti nella dichiarazione di fermate per sciopero ecc, ma tutto questo non viene regolato sull'accordo che i lavoratori (dicono) dovranno approvare o meno entro qualche settimana ma viene semplicemente spulciato e rimandato a successivi incontri tra le parti che, chiuse in qualche stanza, decideranno lontano dai lavoratori, dalle Rsu e dalle assemblee.
L'ipotesi di accordo che viene sottoposta ora ai lavoratori richiama questi punti in maniera volutamente generica, quasi a banalizzarne la portata reale, ma le cui premesse fanno ben capire che si trasformeranno in un peggioramento delle condizioni della prestazione ed in una riduzione delle capacità negoziali in materia.
Ma oltre a questi punti, trattati volutamente in maniera generica ed aleatoria, appesantiti già da una premessa che ne smaschera le conclusioni, su altre cose l'ipotesi di accordo comincia ad essere più precisa.
Flessibilità organizzativa: Ossia, modifica del punto 4, articolo 25 del precedente CCNL. Nel nuovo articolo si dice esplicitamente che a fronte di esigenze dell'impresa a recuperare competitività si possa procedere a livello aziendale a concordare deroghe su quanto previsto dal Contratto nazionale, tranne che in materia di minimi tabellari.
Cioè le imprese potranno concordare di aumentare gli orari di lavoro, di modificare la prestazione lavorativa (ad esempio cumulando le mansioni) di cambiare l'organizzazione del lavoro esistente anche quando ciò entra in conflitto con i paletti posti dal CCNL.
Questo per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, Per quelli a tempo determinato l'ipotesi di accordo sembra non porre limiti alle deroghe, neppure per quanto riguarda i minimi tabellari.
Di fatto è l'assunzione esplicita dell'articolo 8 della finanziaria di Tremonti, che allora la Cgil contrastò (a parole) ma di cui ora ne riconosce la validità e l'esigibilità da parte delle imprese.
Occupabilità - progetto ponte: Questo nuovo articolo del CCNL prevede una specie di possibile scambio tra lavoratori anziani disponibili a trasformare il loro lavoro in Part-time e giovani che in questo caso l'impresa potrebbe assumere (ovviamente senza alcun impegno relativo alla forma contrattuale che, in quanto non esplicitata nell'articolo sarà presumibilmente a termine).
Lo scambio, si dice, sarebbe mirato a inserire un giovane facendolo assistere da un "tutor" (il lavoratore anziano passato a Part.time) per meglio formarlo alla professione.
A parte che è tutto dire proporre ad un lavoratore anziano (proprio adesso poi con il costo della vita alle stelle) di dimezzarsi lo stipendio per diversi mesi per far da tutor ad un giovane da formare alla professione.
Sembra quasi che i nostri sindacati siano convinti che l'industria chimica, al pari del lavoro artigianale classico, sia fatta di lavori altamente professionalizzati, che richiedano conoscenze specifiche e lunghe pratiche manuali, altrimenti non si sarebbero potuti inventare una cosa del genere.
Vien da ridere a pensare ad una anziana lavoratrice del confezionamento (nella farmaceutica) tagluiarsi lo stipendio per diversi mesi per formare una giovane al lavoro di confezionamento, così altrettanto se si pensa ad un anziano lavoratore dei cicli continui su un petrolchimico a fare altrettanto per formare un giovane lavoratore a guardare una valvola o a controllare la misura della pressione ... per fare solo alcuni esempi.
Sembra non si sappia come il lavoro, sia nelle piccole come nelle grandi imprese, sia ormai da decenni parcellizzato, automizato, tale da ridurre la forza lavoro ad un alienante lavoro di controllo della macchina o dell'impianto, cosa che richiede certo esperienza e professionalità, ma facilmente acquisibile durante un primo periodo di tirocineo ... come d'altronde si è fatto fino ad oggi, senza che nessuno, neppure l'impresa, si sia mai lamentato.
Per non parlare delle attività di imballaggio, confezionamento ecc.
Si sono inventati questa cosa della qualità del lavoro, della sua alta professionalità, dimenticandosi la parcellizzazione delle mansioni, la ripetitività, l'alienazione, che l'organizzazione attuale del lavoro produce.
In realtà, questa della solidarietà tra lavoratori anziani e giovani lavoratori sembra più una mascheratura per rendere digeribile ciò che realmente l'azienda vuole, sostituire più velocemente di quanto faccia l'uscita per pensionamento, i lavoratori anziani (quasi tutti a tempo indeterminato), cominciando col ridurne il costo, per sostituirli con forza lavoro più giovane, certamente a tempo determinato, quindi meno costosa e meno forte contrattualmente.
In definitiva ci troviamo di fronte ad una ipotesi di accordo, cercata in fretta e furia (tre mesi prima della sua scadenza naturale) solo per fare da apripista alla trattativa confederale sulla produttività, ossia su quel che il Governo ha chiesto, cioè ridurre le limitazioni sulla durata e sulla distribuzione della giornata lavorativa e aiutare le imprese a liberarsi dei lavoratori anziani a tempo indeterminato, riducendone i costi a favore di una loro sostituzione con giovani a tempo determinato, meno pagati e meno tutelati.
Tutta l'ipotesi di accordo, dalla sua premessa (tutta ideologica), ai suoi passaggi e rinvii generici, fino alle poche cose che vengono invece chiarite meglio ruota attorno alla questione della maggiore produttività.
Non è un caso che l'ipotesi di accordo precisa alla fine, a scanso di equivoci, che comunque la stessa ipotesi potrà essere successivamente modificata per essere adeguata a quel che presumibilmente sarà patuito a livello confederale in materia di flessibilità e competitività.
24-9-2012 COORDINAMENTO RSU
[tratto da www.coordinamentorsu.it]