Non poteva esserci conferma più autorevole della gravità della crisi della Cgil di quella che Susanna Camusso ha espresso nel direttivo nazionale del 10 luglio. In un clima surrealmente preferiale a dispetto della sempre più dura condizione sociale, la sua denuncia del mancato avvio della campagna di assemblee unitarie su fisco e previdenza e del sempre più insostenibile scarto tra le decisioni che si assumono e la loro concreta attuazione è una dichiarazione esplicita dello stato di crisi dell'organizzazione.
Non ci interessa analizzare le ragioni tattiche o meno che hanno spinto Susanna Camusso a porre, cosa del tutto irrituale, la questione all'insieme del gruppo dirigente. La sua relazione introduttiva è stata esente da qualsivoglia autocritica sulle scelte politiche di fondo di questi anni e sulla politica contrattuale che si persegue. Anzi. Non siamo davanti quindi al tentativo di avviare la ridefinizione della strategia della Cgil. Quello che ci interessa sottolineare è che a pochi mesi dalla conclusione del suo congresso la Cgil è impegnata in una discussione che testimonia lo stato di paralisi totale in cui si trova, con la segretaria generale che punta il dito e si interroga sulla stanchezza dei gruppi dirigenti, sul pluralismo che sabota le decisioni, sino a immaginare una crescente ritrosia degli apparati a affrontare il giudizio dei lavoratori, specie sulle pensioni. In questo quadro il fiacco tentativo di trovare legittimazione presso il governo con l'iniziativa unitaria su previdenza e fisco è naufragata prima ancora di partire. Le assemblee non si stanno facendo e già oggi i temi dell'iniziativa sono dettati e stravolti dall'incalzare del governo. La Cgil appare orfana di quel collateralismo con politica e istituzioni e senza la legittimazione della concertazione che per anni gli hanno consentito di sopravvivere al caro prezzo, tuttavia, della progressiva perdita del proprio insediamento sociale ed a un prezzo ancora più alto per i lavoratori. Oggi non riesce a praticare nessuna linea, né quella vertenziale, quanto mai necessaria, ma nemmeno quella nostalgica della concertazione approvata al congresso. In sostanza la Cgil appare in un vicolo cieco e con un futuro sempre più incerto.
Sergio Bellavita
Portavoce "Il sindacato è un'altra cosa"
[tratto da www.rete28aprile.it]