Quando l'estate scorsa abbiamo puntato all'unificazione delle lotte per questo autunno raccogliendo l'appello che veniva dalla Val Susa avevamo visto giusto. Sia per il processo politico e sociale che il percorso ha innescato in termini di relazione tra le varie soggettività ma soprattutto per la ricomposizione dei diversi terreni di conflitto. Un percorso assai diverso da quello della ricomposizione politica e sociale delle diverse soggettività che in questi anni ha mostrato tutta la sua impotenza a produrre conflitto, oltre che risultati concreti. Oggi, con lo sciopero sociale del 14 novembre, il lavoro ha riaffermato la sua centralità parlando il linguaggio dei bisogni negati, del futuro e del presente precluso, che unifica ciò che il capitale frantuma e divide. Connettendo tra loro metalmeccanici, facchini, ricercatori, attivisti sociali, precari e studenti in una pratica di conflitto reale, non nella sua rappresentazione come purtroppo molto spesso accade. Il carattere straordinario del 14 novembre sta in questa saldatura, nel conflitto del luogo di lavoro che diviene del territorio e viceversa, nelle pratiche sulle 24 ore. Resta l'amaro in bocca pensando a come sarebbe stato ancora piu forte se la Fiom e l'Usb avessero puntato davvero su questa data senza frantumare la propria iniziativa.
Oggi è nella continuità dell'esperienza dello sciopero sociale che dobbiamo investire, nel forzare sulla radicalità di scelte e pratiche. Dobbiamo proseguire la mobilitazione contro l'approvazione del Jobs Act sino a rendere lo sciopero generale del 5 dicembre della Cgil una nuova prova dello sciopero sociale sulle 24 ore. Se persino i mass media mainstream sono stati costretti, mostrando una certa preoccupazione, a dare uno spazio a quest'esperienza persino superiore a quello dato alla Fiom è proprio perché questo modello, questa saldatura possono indurre a una escalation delle lotte sociali. Il pesante calo di consenso di Renzi e del Pd testimoniano la forza del conflitto sull'orientamento politico di massa. Non ci interessa il possibile risvolto sul terreno elettorale quanto mai distante dal poter rispondere ai bisogni sociali, quanto piuttosto sottolineare come la ripresa del conflitto smonti d'incanto tutte le fantasiose teorie sul carattere granitico del regime Renziano, sul crecente individualismo ecc ecc. Cosi come smonta ogni teoria sulla fine del lavoro e della sua rappresentanza. È stata la latitanza del conflitto ad aver reso possibile il continuo perpetuarsi delle politiche d'austerita' anche di fronte al loro clamoroso fallimento. Oggi con la ripresa del conflitto si può sinceramente sperare di rimettere al centro la lotta all'ingiustizia sociale, ai profitti e ai profittatori più che alla casta,ai suoi privilegi ed agli scontrini, lotta che, sebbene sacrosanta, accetta il sistema e le sue compatibilità. Sul sagrato del duomo di Milano i solerti funzionari digos urlavano ai lavoratori metalmeccanici accorsi a impedire il fermo di un'attivista : questi non sono dei vostri!! Il gioco dei buoni e dei cattivi stavolta non ha funzionato. Continuamo così.
Sergio Bellavita
[tratto da www.rete28aprile.it]