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È opportuno sottolineare che facciamo una distinzione fra sindacati con le loro dirigenze e operai iscritti ad essi od organizzati da essi. Se gli operai hanno fiducia in una organizzazione, fanno bene a difenderla, ed è molto positivo che si sia arrivati anche allo sciopero per questo. Quando si può si lotta insieme e se c'è modo di criticare l'operato dei bonzi lo si critica. È invece insostenibile, specie per quanto riguarda chi si collega alla Sinistra Comunista, un'altra distinzione: quella fra i grossi sindacati tricolore e i piccoli sindacati minoritari: per cui i primi sarebbero corporativi e venduti in blocco, alcuni dei secondi miracolosamente indenni. È falso: la natura di un sindacato non la decide il suo gruppo dirigente, o la buona volontà dei suoi iscritti, o qualcuno che offre appoggio esterno ma è un risultato storico. I sindacatini-fotocopia possono anche essere etichettati come sindacati di classe, ma di fatto 1) sono inutili e fanno solo confusione; 2) quando vanno alla trattativa si comportano come Nenni quando voleva portare il PSI "nella stanza dei bottoni", cioè dei comandi, fingendo di non sapere che bisogna cambiare l'impianto, non l'operatore; 3) non sono affatto più "classisti" di quelli tricolore, sono solo più piccoli, relegati in aree di nicchia dove riempiono il vuoto lasciato dai grossi e sono costretti ad essere più radicali per acquisire il consenso perduto dai concorrenti; 4) agognano al riconoscimento da parte dello stato e delle "controparti" e questo li indebolisce.

Leggiamo sui testi della Sinistra che il sindacato è un organismo monoclassista, formato solo da proletari e che per questo non è assimilabile ad organismi come ad esempio il parlamento. Bene, ma per cancellare l'effetto storico della assunzione del sindacato entro lo stato borghese occorrerebbe uno stravolgimento sociale di potenza gigantesca. Se ciò non avviene, ogni sindacato non potrà fare altro che mediare fra capitalisti, stato e proletari secondo le regole della concertazione/contrattazione introdotta dal fascismo e non più reversibile (cfr. Le scissioni sindacali in Italia). La radicalizzazione dell'apparenza è perfettamente gestita dai sindacati tricolore. Al loro interno esistono tutti i presupposti per il recupero o l'espulsione di quella parte di iscritti che tendesse a ribellarsi. Nel 1968-69 la CISL si pose come alternativa di "sinistra" alla CGIL, considerata dai giovani di allora troppo cedevole. Nel 1980, durante i 35 giorni alla Fiat, la CGIL finse di essere al fianco dei lavoratori con grinta, salvo poi pugnalarli alla schiena. Quando all'inizio degli anni '90 ci fu una sollevazione interna contro le gerarchie sindacali per il famoso Protocollo, la CGIL inviò a Torino Sabattini e Cremaschi, un duro della vecchia guardia e un sinistro della generazione successiva. Ecc. ecc. Esistono forze interne alla CGIL più numerose, organizzate e radicali di quelle dei piccoli sindacati; ha più senso lavorare con quelle che con nuove sigle. Di solito qui sorge inevitabile la domanda: ma se questo diventa impossibile (espulsioni ecc.) cosa possono fare i lavoratori? Se il proliferare di sindacatini è l'effetto di condizioni oggettive, non ne consegue automaticamente che il fondare sindacatini possa modificare dette condizioni. E infatti non le modifica, proprio perché il rapporto di lavoro è basato storicamente sul presupposto contrattuale e il contratto con firma diventa il fine di ogni sciopero, anche quando sono in ballo licenziamenti o temi che non possono essere oggetto di trattativa.

L'esito degli scontri per motivi sindacali non dipende dalle forme in cui tali scontri avvengono ma dalla forza che gli operai riescono a mettere in campo, a volte anche contro le proprie organizzazioni. Perciò, da questo punto di vista, non esiste una scala di valori in cui inserire le varie sigle sindacali, l'unico criterio è quello dell'efficacia rispetto agli obiettivi degli operai. Ma al di là dell'ovvio "uniti è meglio", neghiamo che oggi un sindacato qualsiasi possa essere definito "di classe". Neppure come tendenza, perché nessuno al momento può riprogettare l'impianto che sta dietro ai bottoni. Di conseguenza, se la natura del sindacato odierno è prodotta da un processo storico irreversibile, finché non cambia radicalmente il rapporto fra le classi ogni sindacato è "opportunista" e ogni suo dirigente è un "bonzo" come si dice fin dagli anni '20 del secolo scorso.

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