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Come si è venuta ponendo nell'ultimo periodo la CGIL di fronte alla questione dell'accordo quadro? Di dove le preoccupazioni degli autori di questa "lettera aperta"?5

Nella sua relazione al Consiglio Generale della CGIL del 21-23 marzo 1967 Novella si poneva di fronte alle posizioni prese il mese precedente dalla CISL in maniera ambigua. Si cita dalla sua relazione:

"... Desidero esprimere a questo punto alcune opinioni relative ad alcuni problemi di coordinamento delle scelte rivendicative in funzione di una visione generale dello sviluppo economico e del miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici. In questo senso, abbiamo già avuto modo di ribadire che noi siamo favorevoli ad una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle Confederazioni sul piano dell'orientamento generale. Ciò non può però significare, in alcun modo, una limitazione dell'autonomia delle diverse categorie, che è, tra l'altro, una condizione essenziale del rapporto democratico con i lavoratori. Decisioni come quelle prese dall'ultimo Consiglio Generale della CISL vanno invece nella direzione opposta, quella della centralizzazione della contrattazione. Diciamo con tutta franchezza, che noi non abbiamo mutato il nostro atteggiamento di fronte alle primitive posizioni della CISL in materia di accordo quadro... Ci sembra indispensabile che su queste questioni venga approfondito rapidamente il dibattito interno interessando largamente il quadro sindacale e che debba essere portata avanti una verifica a livello delle esperienze e delle nuove situazioni in cui si svolge l'azione sindacale. Ciò deve essere fatto con urgenza, tanto più che proprio in queste ultime 24 ore siamo stati formalmente informati di posizioni della CISL sull'accordo quadro che segnano a nostro avviso una involuzione rispetto a quelle emerse durante alcuni precedenti incontri ed un ritorno alle posizioni primitive..."

Perché sono ambigue tali posizioni? In primo luogo perché non si vede come "una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle Confederazioni sul piano dell'orientamento generale" "delle scelte rivendicative in funzione di una visione generale dello sviluppo economico e del miglioramento delle classi lavoratrici" possa non portare necessariamente ad una più ampia centralizzazione della contrattazione. Si rifletta al riguardo sugli interventi delle tre Confederazioni ai danni dell'autonomia dei sindacati dei metalmeccanici, in tutta la fase centrale e finale dell'ultima vertenza contrattuale, con danno gravissimo per i lavoratori che hanno visto spezzare la propria mobilitazione nel momento decisivo (5 maggio 1966). Già, oggi, nell'attuale situazione politica e sindacale, entrare nell'ordine di idee di "una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle Confederazioni ecc." significa fare una concessione sostanziale alla CISL e al suo modo di intendere tale maggiore responsabilità (centralizzazione della contrattazione, riduzione dei sindacati di categoria a meri esecutori della linea confederale).

In secondo luogo, nonostante Novella ritenga le posizioni più recenti della CISL addirittura involutive rispetto alle precedenti, egli non respinge formalmente — come sempre la CGIL aveva fatto in passato — la proposta di accordo quadro, ma afferma di ritenere "indispensabile che su queste questioni venga approfondito rapidamente il dibattito interno interessando largamente il quadro sindacale e che debba essere portata avanti una verifica a livello delle esperienze e delle nuove situazioni in cui si svolge l'azione sindacale." Cioè il dibattito sull'accordo quadro si imporrebbe, secondo Novella, in quanto è maturata una nuova situazione sindacale generale ed è su tale base necessaria una presa di posizione diversa, da parte della CGIL, su quel tema? Non è questa, come a taluno potrebbe apparire, un'interpretazione forzata e tendenziosa del suo discorso; nell'aprile 1967 il Comitato Centrale della FIOM approva un documento nel quale tra l'altro si afferma: "Il Comitato Centrale della FIOM rileva che anche l'esperienza dell'ultima lotta contrattuale ha contribuito a mettere in luce l'importanza di un coordinamento confederale delle politiche rivendicative il quale, senza indebolire l'autonomia contrattuale delle categorie e senza ignorare l'insostituibile apporto delle esperienze rivendicative di fabbrica, favorisca tutte le necessarie convergenze fra gli obiettivi rivendicativi e contrattuali dei lavoratori dei diversi settori e categorie e assicuri nel 1967 un generale rilancio della contrattazione articolata."

"Uno sviluppo ulteriore di questo coordinamento, che non ha nulla a che fare con un livellamento o una 'armonizzazione' quantitativa delle richieste dei vari sindacati, come ha recentemente ribadito il Consiglio Generale della CGIL, dovrà necessariamente comportare, con la repulsa di ogni politica di centralizzazione contrattuale, una più chiara definizione dei terreni rispettivi di intervento o di contrattazione delle Confederazioni e dei sindacati di categoria."

"Il C.C. della FIOM è consapevole che questa esigenza costituisce uno dei più rilevanti obiettivi che le organizzazioni sindacali, e la CGIL in particolare, saranno chiamate a realizzare nel corso dei prossimi mesi e dei prossimi anni. Alla sua più chiara determinazione esso intende dare il proprio contributo, promuovendo in tutte le istanze della Federazione un appropriato dibattito."

E più avanti:

"Per quanto attiene, d'altra parte, all'impegno assunto dalla CGIL di ricercare con le altre Confederazioni sindacali una possibile base di intesa su di un eventuale 'accordo quadro' interconfederale, il C.C. della FIOM, mentre si riserva di presentare alla CGIL alcune sue proposte più elaborate, cosi come esso è stato sollecitato a fare, esprime sin da ora l'opinione che un eventuale 'accordo quadro' da stipularsi con le Confederazioni imprenditoriali dell'industria dovrebbe, in primo luogo, caratterizzarsi per la definizione di una più chiara distinzione fra le prerogative delle Confederazioni e quelle delle organizzazioni di categoria, in modo da evitare il determinarsi di 'zone di ambiguità' che potrebbero essere facilmente utilizzate dalle organizzazioni padronali al fine di rilanciare una loro politica di centralizzazione."

"Il C.C. della FIOM esprime in modo particolare il proprio dissenso con l'orientamento recentemente emesso dal Consiglio Generale della CISL il quale rischia di offrire alle controparti, e in modo particolare alla Confindustria, un terreno propizio ai loro dichiarati intenti di ridurre o di paralizzare l'iniziativa rivendicativa dei sindacati di categoria, a partire da quella nei luoghi di lavoro. Esso ritiene quindi essenziale — prima di avviare qualsiasi negoziato e per valutare la loro stessa opportunità — giungere alla definizione di chiare e comuni posizioni delle organizzazioni sindacali e all'accertamento pubblico delle posizioni delle controparti in ordine alla necessità di non insidiare, con meccanismi procedurali calati dall'alto, non più modificabili dai sindacati di categoria, l'autonomia della contrattazione di categoria, di settore e di azienda."

"Con quest'ordine di preoccupazioni un 'accordo quadro' potrebbe utilmente definire le materie, vecchie e nuove, che dovranno costituire l'oggetto di una specifica (e in alcuni casi esclusiva) intesa interconfederale e di una azione sindacale corrispondente. E fra le nuove materie potrebbe trovare posto, ad avviso del C.C. della FIOM, oltre a quella del salario previdenziale, anche quella dei diritti sindacali, i quali costituiscono, per loro natura, degli obiettivi comuni a tutti i lavoratori e sostanzialmente omogenei in tutte le categorie dell'industria."

"Potrebbero in tal modo risultare più chiaramente delimitate ma anche chiaramente ribadite le prerogative delle organizzazioni di categoria e in modo particolare il loro autonomo diritto di regolamentare, attraverso la stipula dei contratti nazionali di lavoro, le procedure della contrattazione articolata e, ovviamente, gli istituti sui quali questa contrattazione dovrà esercitarsi."

Su tali prese di posizione vanno ripetuti i rilievi già fatti alla relazione di Novella; in più va aggiunto che in tutta l'ondata di lotte contrattuali che ha caratterizzato gli ultimi due anni, si è assistito di fatto — senza alcun accordo quadro in vigore, ma grazie alla politica condotta dalle tre Confederazioni — a "un livellamento o 'armonizzazione' quantitativa delle richieste dei vari sindacati" delle diverse categorie, nel quadro di una adesione generale agli indirizzi della politica di piano promossa dallo Stato. Quindi una precisa, rigorosa e spietata politica di centralizzazione contrattuale: per esempio gli aumenti retributivi delle principali categorie non superano il 5%, le riduzioni d'orario di lavoro sono ridicolmente ridotte e scaglionate nel tempo, ecc.

Ed ancora: la linea dei comitati tecnici paritetici è stata proposta — od imposta — in ogni categoria, con ciò tendendo a paralizzare non tanto genericamente "l'iniziativa rivendicativa dei sindacati di categoria, a partire da quella dei luoghi di lavoro" ma, in concreto, l'iniziativa dei lavoratori, attraverso soprattutto le Commissioni Interne.

Immediatamente dopo il Comitato Centrale della FIOM dell'aprile 1967, a conferma di come l'apertura del dibattito nella Confederazione sull'accordo quadro altro non significasse che disponibilità della CGIL ad una discussione con la CISL prima e con la controparte padronale dopo su quel tema, viene elaborato e messo in circolazione un documento dal titolo "Proposte del Comitato Esecutivo della FIOM nazionale per un eventuale schema di accordo per la regolamentazione dei rapporti sindacali nell'industria (accordo quadro)," in 7 punti, di cui ecco di seguito alcune parti:

1) Principi generali

  • "a) le parti — soggetti della contrattazione specificati al punto 2° — si impegnano a trattare in via negoziale, nelle sedi e secondo le modalità previste per quanto riguarda le materie di loro rispettiva competenza negli accordi interconfederali e nei contratti di categoria, tutti i problemi che insorgono nei loro rapporti."
    "Pertanto ogni richiesta avanzata da una delle parti all'altra dovrà essere esaminata congiuntamente entro termini di tempo da convenirsi nelle sedi competenti, in relazione alla natura della materia, prima di ricorrere all'azione diretta e di modificare unilateralmente la situazione preesistente."6
  • "b) le parti si impegnano a non ricorrere all'azione diretta e non turbare con iniziative unilaterali le trattative sindacali fino a quando sono in corso discussioni bilaterali e una delle parti non abbia dichiarato di volerle interrompere; e, in caso di rottura delle trattative stesse, le parti si impegnano a riprendere le discussioni su invito di una di esse o delle autorità di governo senza pregiudizio per le azioni in corso."

2) Struttura e soggetti della contrattazione

  • ...
  • "b) i soggetti della contrattazione collettiva sono in ogni grado e livello le organizzazioni sindacali."
    "La contrattazione interconfederale è di competenza delle Confederazioni nazionali. La contrattazione di categoria è di competenza delle Federazioni e dei sindacati nazionali di categoria."

"Le parti convengono in relazione alla esigenza di dare piena applicazione a tale principio di procedere al riesame dell'accordo interconfederale sui compiti e le funzioni delle Commissioni Interne."7

Il terzo punto, intitolato "Diritti sindacali," contiene quanto è già nel documento della CISL (febbraio 1967) precedentemente riassunto, e poco più. Gli altri punti riguardano i temi seguenti: occupazione; collocamento; formazione e addestramento professionali; salario previdenziale e coordinamento degli istituti contrattuali sulla malattia, gli infortuni e l'anzianità.

"Non turbare con iniziative unilaterali le trattative sindacali fino a quando sono in corso discussioni bilaterali e una delle parti non abbia dichiarato di volerle interrompere; e, in caso di rottura delle trattative stesse, le parti si impegnano a riprendere le discussioni su invito di una di esse o delle autorità di governo senza pregiudizio per le azioni in corso": l'esperienza concreta della recente lotta contrattuale dei metalmeccanici chiarisce cosa significhino tali frasi: mobilitazioni di massa spezzate a metà; tregue continue per aderire agli "inviti a trattare" di questa o quella "autorità," magari fatti nei momenti di maggior difficoltà per i padroni e senza aver niente da dire; in sostanza, direzione burocratica dell'intera vertenza, demoralizzazione degli operai, alla fine sconfitta contrattuale; e cioè, nella sua sola forma attualmente possibile, "centralizzazione" della contrattazione e limitazione delle prerogative tradizionali dei sindacati di categoria da parte delle Confederazioni.

Note

[5] Per ciò che riguarda le eventuali posizioni successive alla Conferenza di Ariccia, si veda la nota 1.

[6] Ciò significa, nella pratica, creare procedure secondo le quali, prima di entrare nel merito delle vertenze, occorrono discussioni tra le parti circa la loro competenza in materia e circa i tempi necessari all'esame della stessa. Quanto ciò si presti a rinviare alle calende greche la soluzione delle vertenze ognuno può costatare.

[7] Per le Commissioni Interne, come si vede, e secondo una vecchia aspirazione della CISL e della destra socialista, è in preparazione un funerale di terza classe. Non si comprende, infatti, quale potrà esserne il ruolo, con i comitati paritetici in vigore nelle aziende, i quali ne assorbiranno, distorte, gran parte delle funzioni. Le Commissioni Interne sono strettamente radicate nelle tradizioni di lotta e nella coscienza del proletariato italiano: per i lavoratori è divenuto naturale rivolgersi ad esse. Sono inoltre rappresentative di tutti i lavoratori, e non dei soli iscritti ai sindacati (in Italia una netta minoranza). La loro liquidazione (od esautorazione totale) creerà un vuoto politico nelle fabbriche e danneggerà i lavoratori sotto tutti i punti di vista; nessun altro organismo sindacale periferico, soprattutto se introdotto in fabbrica con metodi burocratici e una linea di collaborazione di classe, potrà prenderne il posto nella stima e nella coscienza dei lavoratori.