Negli ultimi tempi, in una serie di sedi sindacali, si è sentito fare spesso più o meno questo discorso, da parte di dirigenti e membri dell'apparato incaricati di far deglutire gradatamente la pillola della nuova linea circa l'accordo quadro ai militanti di base: "la CISL ha la più ferma intenzione di firmare col padronato un accordo quadro, sola o con le altre Confederazioni; la CGIL si trova costretta a scegliere tra un irrigidimento dei rapporti unitari con la CISL, molto migliorati negli ultimi anni, con notevole vantaggio per i lavoratori, e una modifica della propria tradizionale posizione, contraria pregiudizialmente all'accordo quadro."
Si riflette nei discorsi di questo tipo una concezione verticista e burocratica della questione dell'unità sindacale, vista come una formula magica in grado di per sé, in qualunque modo conseguita, di guarire ogni male. È invece convinzione di coloro che hanno steso questa "lettera aperta" che l'unità sindacale debba essere la risultante di un lungo processo democratico, nel quale la parte determinante debba essere giocata dal rafforzarsi nelle lotte dell'unità tra i lavoratori, grazie ad una corretta politica della CGIL, senza concessioni sostanziali alle direzioni delle altre Confederazioni, le cui preoccupazioni politiche di fondo si legano alla sopravvivenza e allo sviluppo del sistema capitalistico. Ciò non esclude in alcun modo accordi ad ogni livello; ciò semplicemente esclude che nella pratica delle lotte e nel suo atteggiamento di fronte al capitalismo la CGIL faccia sua la linea politica della CISL; nel momento attuale è per esempio importante che la CGIL ricerchi l'unità d'azione con le altre organizzazioni sindacali, ma mantenga appieno la propria autonomia sul terreno rivendicativo, e questo per porre le proprie rivendicazioni nel più stretto contatto con i lavoratori: non c'è altro modo per poter raggiungere l'unità d'azione su avanzati livelli di lotta e, per poter influire sulla linea rivendicativa delle altre organizzazioni sindacali, stimolandone le contraddizioni interne. Nella misura in cui ai lavoratori vengono proposte dalla CGIL corrette piattaforme di lotta, che si saldano alle loro esigenze reali, si creano più stretti livelli di unità alla base tra tutti i lavoratori e viene scossa l'egemonia che su certi strati hanno i burocrati della CISL e della UIL; nella misura in cui maturano, in vasti settori non solo di base della CISL nuovi orientamenti confusamente anticapitalistici, solo una politica molto ferma sul piano dei principi da parte della CGIL, e molto elastica sul piano tattico, è suscettibile di accelerare fenomeni di tendenziale crisi e disgregazione in seno al sindacato cattolico, nella prospettiva di una unificazione sindacale all'insegna del rilancio classista, che riduca ai minimi termini le forze legate al capitalismo, tanto cattoliche che socialdemocratiche. Entrare nella logica dell'accordo quadro, da parte della CGIL, è quanto più è necessario ai vertici della CISL per mantenere la presa sulla propria organizzazione e ridimensionarvi e sconfiggervi le nuove tendenze di sinistra; entrare in tale logica significa contribuire in maniera fondamentale a dare un segno preciso al processo di unificazione sindacale in atto in Italia: quello della marcia verso il sindacato integrato nello Stato borghese, che non ha attributi di classe anticapitalistici.
Questa è la linea di tendenza prevalente: si marcia a tappe forzate verso l'accettazione del sistema capitalistico come cornice invalicabile da parte dell'azione sindacale; verso un sempre maggior incanalamento delle lotte operaie, con i loro obiettivi, tempi e forme, in una prospettiva subalterna al sistema, che esclude che vengano messe in discussione e intaccate le strutture del profitto e dello sfruttamento (col necessario intervento dei partiti operai d'avanguardia) una prospettiva che si pone su un terreno permanentemente difensivo, con obiettivi meramente economici e per di più essi stessi assai limitati e arretrati (altrimenti il passaggio a più ampi obiettivi diverrebbe necessario). Nell'Occidente capitalistico non mancano "grandi esempi" atti a illustrare la prospettiva nella quale si inserisce, ad opera dei vertici del movimento operaio e sindacale, il nostro paese: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania.
La storia delle più recenti lotte sindacali in Italia è allarmante: era possibile unificare e concentrare lo sforzo della gran parte del proletariato contro un padronato caparbio, tutto proteso ad incentivare i propri profitti nel quadro di un processo di concentrazione internazionale del capitale, e invece lo si è atomizzato in mille rivoli ognuno dei quali lottava separato dagli altri; lo sforzo di unificazione è stato esercitato contro il proletariato, da parte delle burocrazie sindacali, imponendo ai vari settori di lottare, separati, per obiettivi simili e ridicolmente limitati nelle varie vertenze contrattuali. Ma vi è di più: lo sforzo immenso e i sacrifici dei lavoratori italiani vengono utilizzati dalle burocrazie sindacali per premere nei confronti del capitale e dello Stato borghese, perché questi concedano ad esse più ampi spazi di potere. Così le burocrazie sindacali, voltando le spalle ai lavoratori, si affacciano sulla soglia della stanza dei bottoni, laddove a loro giudizio si "programma" l'economia del paese; cosi le burocrazie sindacali tendono a porsi con un ruolo mediatorio nel conflitto di classe e nei vari conflitti sociali parziali, contribuendo al tempo stesso a risolverli, a dirottarli e a smorzarli, trasformando in tal modo quel loro ruolo originario ch'era stato di rappresentanza e di direzione delle più genuine spinte ed esigenze operaie.
Da quanto sin qui scritto appare come gli autori di questa "lettera aperta" ritengano l'azione, da parte dei militanti operai e d'avanguardia, per arrestare e capovolgere il processo involutivo che investe la CGIL, assai dura e difficile. Non esiste nessuna garanzia in partenza che tale azione venga ad avere esito positivo in uno spazio di tempo, breve o lungo che sia; alcuni successi parziali sono comunque già possibili: per esempio, sembra in questo momento che per un certo periodo probabilmente nella Confederazione non si parlerà di firmare un accordo quadro. La parzialità molto limitata di una vittoria di questo tipo è però evidente: la politica opportunistica dei dirigenti della Confederazione può continuare, e presumibilmente proseguirà, senza nessun accordo quadro firmato (almeno per un certo tempo).
L'azione e la lotta dei militanti d'avanguardia devono però ugualmente mirare ad ottenere vittorie limitate sin da ora, che significano preparare o facilitare vittorie fondamentali e accelerare i tempi che riporteranno la Confederazione ad una politica sindacale di classe, anticapitalistica.
Date le difficoltà enormi di tale lotta, non c'è da aspettarsi una facile vittoria definitiva in poco tempo. Ma prima di entrare nel merito di quali si ritengano essere i compiti pratici delle forze d'avanguardia nella CGIL, perché vengano utilizzate tutte le possibilità e si giunga a capovolgere il processo che porta a destra la Confederazione, vanno chiarite alcune cose sul rapporto tra sviluppi della politica della CGIL e sviluppi della politica dei partiti operai, senza di che è impossibile comprendere a fondo i primi ed operare correttamente nei sindacati.

Lettera aperta ai militanti della Confederazione Generale Italiana del Lavoro e dei partiti operai
- 1. Premessa
- 2. Le posizioni della CISL sull'accordo quadro
- 3. Le posizioni della CGIL sull'accordo quadro
- 4. Esiste una divergenza politica tra la FIOM e la CGIL?
- 5. Quale tipo di unità sindacale si sta realizzando?
- 6. Correnti della CGIL e partiti del movimento operaio; rapporto partito-sindacato
- 7. La lotta per una diversa politica da parte della CGIL