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Proteste in Sri Lanka Ci vorrebbero aggiornamenti giornalieri per riuscire a tenere il passo con quanto sta accadendo nel mondo in termini di lotte, scioperi e sommosse, ma per forza di cose qui ci limiteremo ad un focus riassuntivo. Una premessa è necessaria: riguardo a quest'incipiente ondata di subbuglio planetario, va considerato l'intreccio sempre più stretto tra gli scioperi a carattere rivendicativo e le rivolte contro lo stato di cose presente. Al di là di ciò che pensano e fanno politici e sindacalisti di ogni risma e colore, interessati per lo più ai tavoli delle trattive e alla legittimazione del proprio ruolo, quando le situazioni sono mature le lotte scoppiano spontaneamente, mandando a gambe all'aria i loro piani. Come nei terremoti "naturali" in cui l'urto tra le placche crostali sprigiona quantità enormi di energia, anche in quelli sociali lo scontro tra le classi provoca improvvise vibrazioni che fanno saltare i vecchi equilibri.

Il nostro report comincia dallo sciopero iniziato ai primi di luglio nelle piattaforme petrolifere e di gas nel Mare del Nord, che minacciava di frenare pesantemente le esportazioni di gas dalla Norvegia con ricadute a livello internazionale; di fronte a tale rischio, il governo di Oslo è intervenuto per porre fine alla mobilitazione e ha imposto un arbitrato salariale obbligatorio: troppi e troppo grossi gli interessi in ballo (le esportazioni norvegesi rappresentano un quarto dell'energia europea) per lasciare la controversia in mano ad imprenditori e sindacati. Restando in nord Europa, è da segnalare quanto succede in Olanda dove il piano del governo per la riduzione delle emissioni di azoto, mirato a ridurre entro il 2030 il parco bestiame del 30%, ha provocato le proteste degli allevatori che hanno bloccato l'accesso ai centri di distribuzione e molti snodi autostradali.

In Libia si sono intensificate le manifestazioni contro il peggioramento delle condizioni di vita a causa del carovita e delle lunghe interruzioni della fornitura di energia elettrica, aggravate dal blocco di diverse installazioni petrolifere; a Tobruk il 1° luglio i manifestanti hanno assaltato l'edificio del Parlamento. In Ghana, un'inflazione galoppante ha portato all'aumento del prezzo di cibo e carburante; in migliaia hanno protestato nella capitale Acca scontrandosi con la polizia. Recentemente, Kenya e Mozambico sono stati teatro di manifestazioni contro l'impennata dei prezzi dei generi alimentari, tra cui mais, zucchero, olio, latte e pane. A Panama da una settimana si susseguono mobilitazioni e blocchi contro il carovita, i manifestati minacciano di continuare fino a quando non arriverà una risposta da parte del governo. In Albania lo scorso 8 luglio vi è stata una massiccia manifestazione nella capitale Tirana contro l'aumento dei prezzi (+30% il carburante); pochi giorni prima migliaia di persone hanno manifestato contro l'aumento dei prezzi del carburante e dei generi alimentari a Sarajevo, Tuzla e in diverse città della Bosnia ed Erzegovina. In Argentina il 9 luglio è stata una giornata di mobilitazione in diverse città del paese al grido "que se vayan todos", in protesta contro il governo e il progetto di accordo con il FMI, e contro l'aumento dei prezzi. In Francia i Gilets Jaunes stanno scaldando i motori: sabato 9 luglio hanno marciato per le strade della capitale e in altre città contro il carovita, annunciando future manifestazioni; in Rete è stato fatto circolare un appello per una mobilitazione generale a Parigi il prossimo 14 luglio, festa della presa della Bastiglia. Nuovo stop dei lavoratori di Ryanair il 17 luglio, dopo gli scioperi dell'8 e del 25 giugno, contro i tagli salariali e per rivendicare migliori condizioni di lavoro.

Per quanto riguarda l'Italia, La Stampa del 10 luglio apre con un'intervista al segretario della CGIL così intitolata: "Landini: il premier ci ascolti o in autunno l'Italia esplode". Nell'articolo il segretario ribadisce: "Se la guerra non si ferma entro l'anno andiamo incontro a una esplosione". Il timore dei bonzi sindacali per la tenuta sociale del paese è fondato: secondo l'Istat, a giugno l'inflazione è schizzata all'8%, un livello che non si registrava da 36 anni; secondo il Codacons, i prezzi al dettaglio "sono destinati a salire ancora nelle prossime settimane, come conseguenza dell'escalation dei carburanti che registrano livelli altissimi alla pompa e delle evidenti speculazioni sui listini, e l'inflazione è destinata a raggiungere quota 10%". I capitalisti sono allarmati: Allianz, la società europea di servizi assicurativi e finanziari con sede a Monaco di Baviera, invita le aziende a prepararsi a una crescita delle proteste e dei disordini sociali in tutto il mondo in seguito all'aumento dei prezzi di cibo e carburante.

L'ultimo paese di cui parliamo, ma non per importanza, è lo Sri Lanka. Ce ne eravamo già occupati nei mesi scorsi con l'articolo "Guerra, carovita e lotta di classe", in cui avevamo scritto che "la situazione attuale dello Sri Lanka è un assaggio di quello che potrebbe accadere prossimamente a livello globale." Il riferimento era alle manifestazioni del 15 marzo 2022 nella capitale Colombo, durante le quali folle inferocite avevano assediato il palazzo presidenziale per poi essere respinte dall'esercito. Lo scorso 9 luglio, invece, la massa inferocita di manifestanti, partiti nei giorni precedenti da varie parti del paese in treno, bus e camion per convergere nella capitale, è riuscita a fare irruzione nella residenza del presidente Gotabaya Rajapaksa, che ha fatto in tempo a fuggire; e in serata ha assaltato e incendiato la residenza privata del primo ministro Ranil Wickremesinghe, che si è dimesso come richiesto. Attualmente l'inflazione nel paese ha raggiunto il 60% ma la situazione era fuori controllo già prima dell'assalto ai palazzi del potere: la carenza di carburante, cibo e medicine ha portato all'esasperazione la popolazione, la quale infine è insorta contro la classe politica nazionale.

E' normale che sia così: in una società basata sull'antagonismo tra la classe degli oppressori e quella degli oppressi il primo nemico è la propria borghesia. Ma questa è legata da mille fili al capitalismo mondiale, impersonale, anonimo: una rete di interessi che fa il giro del Pianeta, a cui è necessario rispondere con una lotta altrettanto globale. Un coordinamento di questo tipo al momento non esiste, ma siamo certi che da queste lotte e da queste esplosioni sociali emergerà la tendenza ad andare oltre gli interessi particolari e le barriere nazionali per sfociare in una grande sollevazione internazionale. Non è un caso che le immagini che arrivano dallo Sri Lanka in rivolta siano presto diventate virali sui social network.