L'inflazione dell'Eurozona in ottobre ha toccato il massimo storico del 10,7%, masse di senza-riserve cominciano a muoversi per difendere le loro condizioni di vita
Mercoledì 9 novembre in Belgio si è tenuto uno sciopero generale contro l'impennata dei prezzi e per chiedere aumenti salariali. Numerosi blocchi sono stati organizzati in aree industriali e commerciali del paese, e interruzioni del lavoro hanno interessato tutti i settori: industria, trasporti, aeroporti, ospedali, ecc.
Nella stessa giornata anche in Grecia è iniziato uno sciopero generale di 24 ore contro il carovita (l'inflazione nel settembre scorso ha sfiorato il 12%). "L'alto costo della vita è insopportabile… chiediamo salari più alti e protezione sociale per tutti", riporta il manifesto della Confederazione generale dei lavoratori greci GSEE. Il corteo, che ha raccolto decine di migliaia di manifestanti e ha sfilato per le strade della capitale, è stato organizzato dai sindacati ma ha visto anche la partecipazione di gruppi anarchici e organizzazioni studentesche. L'economia è rimasta paralizzata e violenti scontri tra manifestanti e polizia hanno avuto luogo davanti al Parlamento ad Atene.
Il 10 novembre in Francia c'è stato lo sciopero organizzato dall'insieme dei sindacati della rete dei trasporti di Parigi per chiedere aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, e per contestare la riforma delle pensioni. Si sono verificati disagi sulle linee della metropolitana, mentre nel pomeriggio un corteo di protesta ha attraversato le strade del centro di Parigi.
Recentemente anche in Italia, alle prese con il carovita e l'aumento della povertà assoluta (come testimonia il grafico dell'Istat che riportiamo sotto), ci sono state alcune manifestazioni organizzate dal movimentismo gruppettaro, dal sindacalismo di base e dall'attivismo extra-parlamentare. Tra queste quella di Bologna del 22 ottobre scorso per "affrontare la crisi climatica, contro guerra, patriarcato, precarizzazione e sfruttamento, discriminazioni e diseguaglianze, caro-bollette, cementificazione …"; e di Napoli, il 5 novembre, aperta dallo striscione "Non paghiamo guerra, carovita e disoccupazione".
Per il 2 dicembre è stato indetto uno sciopero generale dal sindacalismo di base che, puntualmente, cerca un punto d'unione per superare l'assurda concorrenza tra sigle e, così, contare qualcosa sul piano mediatico. È stato inoltre lanciato un appello per una manifestazione nazionale "contro la guerra e il carovita, giù le armi e su i salari" per sabato 3 dicembre a Roma. Da parte dei sindacati confederali, quelli che organizzano ancora buona parte dei salariati, tutto tace, anche se non è da escludere prossimamente qualche iniziativa di piazza per dimostrare che esistono ancora.
Il disagio corre un po' in tutta Europa, così come la sfiducia verso il sistema e la preoccupazione per il peggioramento delle condizioni di vita, anche se il passato esercita ancora un certo peso sul presente e continua a soffocare il futuro. Al di là di quello che pensano gli uomini e le loro organizzazioni, con l'aumentare della miseria sociale aumenteranno anche le mobilitazioni e gli scioperi, è una certezza. Se dunque non spetta a nessuno suscitare la lotta di classe, poiché essa scoppia per cause materiali inerenti ai processi di accumulazione capitalistica, quello che invece si può fare fin da subito è adottare una linea politica di rottura con l'esistente e non di riforma dello stesso.
Allo stato attuale, anche se le contraddizioni presenti nella società sono sempre meno gestibili dalla classe dominante, le forze che si dichiarano antagonistiche ripropongono i soliti schemi, triti e ritriti, dalla difesa della democrazia alle nazionalizzazioni delle aziende sotto controllo operaio passando per la lotta alle disuguaglianze e arrivando a quella per la giustizia sociale, e rappresentano un fattore di freno e non di avanzamento del "movimento reale".
Forse è il caso di ribadire che nessuno rende un'ingiustizia all'operaio, il quale è pagato al "giusto" valore, essendo la forza-lavoro una merce come un'altra. Nessuno gli rende una ingiustizia particolare perché egli subisce l'ingiustizia universale. Passaggi ancora oggi difficili da digerire per tanti che si richiamo più o meno direttamente all'opera di Marx ed Engels, eppure è passato più di un secolo e mezzo da quando furono scritti.