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Occupy OaklandLotte in corso. AMERICHE

Starbucks-#nocontractnocoffeeLavoratori stressati e frustrati da ritmi frenetici e bassi salari incrociano le braccia a tempo indeterminato, tra reti, social e hashtag

Dai primi mille lavoratori in sessantacinque negozi di quaranta città, il blocco delle macchine del caffè ha coinvolto decine di altri punti vendita di Starbucks, dall'Atlantico alla California, diventando lo sciopero più lungo nella storia dell'azienda, a quattro anni dalla sindacalizzazione dei primi baristi a New York.

Una settimana dopo il tradizionale Red Cup Day del 13 novembre scorso - il giorno più redditizio per l'azienda e proprio per questo scelto dai baristi come data per iniziare le proteste - lo sciopero si è esteso a sessantacinque città, novantacinque punti vendita e duemila lavoratori. Inoltre centinaia di persone hanno bloccato il più grande centro di distribuzione Starbucks del paese, impedendo le consegne ai negozi in tutto il nord-est degli Stati Uniti.

Proteste in Messico - novembre 2025L'uccisione di un sindaco "anti-criminalità" è la scintilla che fa deflagrare il disagio sociale

Dopo Indonesia, Nepal, Filippine, Perù, Ecuador, Madagascar, Marocco, Timor Est e Paraguay, anche il Messico si aggiunge alla lista in continua espansione dei paesi dove soprattutto i giovani ne hanno abbastanza del presente.

Dopo l'assassinio il 1° novembre scorso del sindaco di Uruapan (Stato di Michoacán) Carlos Manzo, critico nei confronti del governo sulla lotta al narcotraffico, le proteste hanno iniziato ad espandersi nel resto del paese con marce e assalti ad edifici governativi. Il vento della protesta è arrivato il 15 novembre davanti al palazzo presidenziale, che affaccia sullo Zocalo, la storica piazza principale di Città del Messico, con la polizia che ha risposto con gas lacrimogeni. Il bilancio provvisorio degli scontri è di 120 feriti, tra cui un centinaio di agenti, e una settantina di arresti.

Starbucks No contract No coffeeI baristi di Starbucks minacciano lo sciopero a tempo indeterminato, ma come sempre dietro la rivendicazione si nasconde un disagio più profondo

Il prossimo 13 novembre, in coincidenza con il tradizionale "Red Cup Day", migliaia di baristi di Starbucks si preparano alla mobilitazione. Il sindacato Starbucks Workers United (SBWU) ha reso noto che il 92% dei suoi iscritti ha votato a favore dello sciopero, chiedendo il primo contratto collettivo nazionale che garantisca salari più alti, orari stabili e migliori condizioni di lavoro.

Non è la prima volta che il "Red Cup Day" diventa un simbolo di protesta: già tre anni fa, circa duemila dipendenti di oltre cento negozi, distribuiti in venticinque Stati americani, avevano scelto proprio questa giornata – una delle più intense e redditizie per l'azienda – per far sentire la propria voce. Starbucks ha circa diecimila negozi in Nord America, di cui circa cinquecento sono sotto accordo sindacale con SBWU, che rappresenta oltre novemila baristi su duecentomila dell'azienda e ha presentato più di mille denunce per presunte "pratiche lavorative sleali" da parte di Starbucks al National Labor Relations Board. Lo Starbucks Workers United, come già accaduto ai sindacati Unite nello sciopero dei dipendenti di McDonald's e Teamsters per quelli di Amazon, rafforza la presenza in un contesto di crescente agitazione operaia, ma oltre la richiesta di un "contratto giusto" i lavoratori incrociano le braccia perché non ne possono più di ritmi che gli rovinano la vita.

Manifestazioni No-kings USA 2025Manifestazione di massa negli Stati Uniti sull'onda di una polarizzazione economica, sociale e politica crescente.

Il 14 Giugno i numeri erano già rilevanti: in oltre duemila città statunitensi, in migliaia sono scesi in strada con lo slogan "No Kings". Le piazze più calde sono state Chicago e Seattle con oltre settantamila manifestanti, ma anche San Francisco, New York, Washington D.C., Phoenix e Portland hanno registrato decine di migliaia di partecipanti.

Il 18 Ottobre i numeri sono cresciuti: manifestazioni in oltre 2700 località, con picchi di 350.000 presenze a New York, 250.000 a Chicago, 200.000 a Washington D.C. e 100.000 a San Francisco, per un totale di circa sette milioni di persone, ossia la protesta più partecipata nella storia degli Stati Uniti.

Le cause profonde delle manifestazioni contro le misure "autoritarie" attuate dal governo Trump sono la miseria e il disagio crescenti. Milioni di americani sono messi con le spalle al muro, costretti a scegliere se acquistare cibo o pagare l'affitto, ma immersi in un network sociale che favorisce la rapida diffusione di informazioni e la formazione di hub coordinati.

Dopo mesi di agitazione tra i lavoratori, il comparto aeroportuale rifiuta l'accordo sindacale e manda in tilt l'America del Nord.

Il Canada sta vivendo un'intensificazione delle lotte che non si vedeva dagli anni Ottanta. Secondo Statistics Canada, nel 2023 i giorni di lavoro persi a causa di scioperi e serrate hanno raggiunto quota 6,6 milioni, il livello più alto dal 1986. A trainare questa impennata sono stati soprattutto il settore dell'istruzione e quello dei servizi pubblici, ma l'ondata di mobilitazioni si è allargata progressivamente a diversi comparti chiave dell'economia, dai porti alla logistica, fino al trasporto aereo.

Proteste a LimaLa guerra d'oggi non è solo quella che si combatte tra stati, ma anche quella che gli stati combattono contro la propria popolazione quando essa si ribella.

In Sri Lanka movimenti di piazza, culminati in un assedio al palazzo del potere a Colombo, si sono scagliati contro l'aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità, causato principalmente dalle sanzioni contro la Russia in seguito all'invasione dell'Ucraina. Il presidente Gotabaya Rajapaksa ha risposto alle mobilitazioni con il coprifuoco e la censura (blocco dei social network). Nel paese, ormai prossimo al fallimento, tutto scarseggia, dal cibo al gasolio ai farmaci. Anche preti e suore sono scesi in piazza, ma per fare opera di pompieraggio sociale.

Quello dello stato srilankese non è un caso isolato. Da più di dieci giorni in Perù si susseguono manifestazioni, blocchi stradali, saccheggi nei supermercati e scontri con la polizia. La situazione sociale, già critica da tempo anche a causa del Covid (che ha determinato intoppi nella catena di approvvigionamento), è peggiorata drasticamente nelle ultime settimane per effetto della guerra in Ucraina. Ad aumentare sono i costi di cibo, fertilizzanti e carburante. I sindacati degli agricoltori e dei trasportatori, le categorie più colpite dai rincari, sono sul piede di guerra ma oramai quasi tutti i settori sociali sono in agitazione. Cinque i morti tra i manifestanti, tra cui un minorenne, decine i feriti. Il presidente peruviano, Pedro Castillo, da una parte usa la carota, promettendo di calmierare i prezzi e aumentare i salari, dall'altra brandisce il bastone, tanto che lunedì scorso ha annunciato un coprifuoco di almeno due giorni nella capitale: "Il Consiglio dei ministri, in conformità con la Costituzione, ha decretato lo stato di emergenza. Il quale, sospende i diritti costituzionali relativi alla libertà e alla sicurezza personale, all'inviolabilità del domicilio e alla libertà di riunione e di transito nella provincia di Lima e Callao".

Il martedì seguente, incuranti del coprifuoco, centinaia di manifestanti hanno sfidato il governo e la polizia, e sono scesi in piazza a Lima chiedendo le dimissioni del presidente. La misura restrittiva ha destato le proteste dell'opposizione, dei sindacati e anche dell'episcopato peruviano, ed è stata sospesa dal capo dello Stato intorno alle 17.00 dello stesso giorno, in anticipo sui tempi.

Tra le classi dominanti c'è forte preoccupazione per quello che sta succedendo nelle piazze globali. Qualche giorno fa l'ONU ha lanciato l'allarme: l'aumento dei prezzi di grano e fertilizzanti rischia di causare una crisi alimentare mondiale. Gli stati in bilico sono Libano, Pakistan, Libia, Tunisia, Yemen e Marocco, i quali dipendono dalle importazioni ucraine per nutrire le popolazioni. Ma un po' tutti i paesi risentono dei contraccolpi dovuti alla guerra e alla situazione di incertezza che si è determinata a livello internazionale. La FAO ha stimato che fino a 13 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero essere spinte alla fame dal conflitto in corso.

Il lavoro salariato poggia esclusivamente sulla concorrenza tra operai, tra proletari dello stesso paese e tra proletari di paesi diversi. La lotta della classe lavoratrice per migliorare le proprie condizioni di esistenza si svolge ogni giorno, senza sosta, ai quattro angoli del mondo, cercando di contrappore l'associazione alla concorrenza. Ma c'è un'altra sciagura per i proletari, che è addirittura peggiore della schiavitù salariata, ed una diretta conseguenza del modo di produzione capitalistico: la guerra.

Sia essa di conquista oppure di difesa, non apporta al proletariato di qualunque nazione nessun miglioramento di sorta. Lo avevano chiaro i giovani socialisti di inizio secolo (come dimostra il volantino che abbiamo pubblicato), che indicavano il nemico non nel proletariato di un'altra nazione, ma nella propria borghesia. La guerra è il frutto di interessi capitalistici contrapposti, serve per giustificare l'enorme sperpero di risorse per la produzione e l'acquisto di armi ma, soprattutto, serve per tenere avvinta tutta la classe proletaria al presente ordine sociale.

La storia ci insegna che essa dev'essere bloccata al suo scatto: se invece passa, per un lungo periodo di tempo qualsiasi ipotesi di rivolgimento sociale viene meno.

Unionize Amazondi FELICE MOMETTI

Il centro logistico di Amazon a Staten Island comprende quattro magazzini che occupano più di diecimila lavoratrici e lavoratori, in grande maggioranza afroamericani e latini. A Staten Island si trova il centro nevralgico dal quale dipendono una cinquantina di magazzini di smistamento che consegnano nel più breve tempo possibile i 2.400.000 pacchi giornalieri nell'area metropolitana di New York. Ed è al JFK8 di Staten Island, magazzino con 8.300 dipendenti, che dal 25 al 30 marzo lavoratrici e lavoratori hanno votato, in una grande tenda nel parcheggio del centro logistico, per farsi rappresentare dall'Amazon Labor Union (ALU). Un sindacato nato nell'aprile dello scorso anno – non affiliato alle grandi confermazioni nazionali ‒ su iniziativa di alcuni lavoratori e lavoratrici che nel marzo 2020, durante la prima ondata della pandemia, avevano organizzato delle proteste per una maggiore sicurezza e la salvaguardia della salute. Dopo 27 anni, cioè da quando Amazon esiste, per la prima volta la creatura di Jeff Bezos viene sconfitta in un'elezione sindacale. La portata politica e simbolica della vittoria sindacale è accresciuta dalle dimensioni che ha avuto: 2.654 voti a favore del sindacato e 2.231 contrari.

strike usaSebbene l'attuale numero degli scioperi sia limitato in confronto a quello degli anni '40, quando negli Stati Uniti incrociava le braccia in media un lavoratore su dieci in un anno, il numero di lavoratori in sciopero nel paese è il più alto dagli anni '80.

I salariati americani stanno mostrando i muscoli per la prima volta da molti decenni e si potrebbe dire che, anche se non lo hanno dichiarato apertamente, nei fatti hanno dato vita a uno sciopero generale nazionale per ottenere salari e condizioni di lavoro migliori. Durante la pandemia milioni di lavoratori sono stati chiamati a fare enormi sacrifici, ora cominciano a chiedere il conto.

#ParoNacional 28 aprile 2021Un'imponente ondata di lotte sta scuotendo il Sudamerica alle prese con la crisi sanitaria e l'aumento della miseria

Da una settimana la Colombia è sull'orlo del caos a causa di una rivolta di massa che presenta caratteristiche simili a quella scoppiata in Cile alla fine del 2019, in seguito all'aumento del costo dei biglietti della metropolitana.

Ciò che ha spinto masse di colombiani a scendere e a manifestare nelle strade del paese è stata la riforma fiscale, proposta al parlamento dal presidente Iván Duque lo scorso 15 aprile, volta a "rendere le finanze pubbliche sostenibili nel contesto della crisi" e a "mantenere la fiducia degli investitori e dei finanziatori stranieri". La crisi dell'economia colombiana, accelerata dalla pandemia da Covid-19, nell'ultimo anno ha prodotto il fallimento di 500mila attività e la contrazione del Pil del 7%, e ora richiede nuovi sacrifici ad una popolazione già stremata. La proposta di legge è stata dunque la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Suppor Amazon Workers Organizing"An injury to one is an injury to all" (un torto fatto a uno è un torto fatto a tutti).

Comincia con il classico e sempre valido slogan degli Industrial Workers of the World (IWW) la storia dei lavoratori del nuovo centro di distribuzione Amazon di Bessemer, un sobborgo del comune di Birmingham nello Stato dell'Alabama, dove da mesi alcuni dipendenti stanno provando ad organizzarsi per costituire un sindacato in azienda. Se ce la faranno, sarà la prima volta per Amazon negli Stati Uniti.