Delta del Nilo. Da 13 giorni nella fabbrica, l'azienda rifiuta il negoziato. La solidarietà di altri lavoratori
Cresce e si espande la lotta degli oltre 16mila lavoratori tessili della Misr Spinning and Weaving Company, a Mahalla al-Kubra, ormai al tredicesimo giorno di sciopero. Negli ultimi giorni l'azienda per rappresaglia ha imposto il distacco della corrente elettrica agli stabilimenti presidiati 24 ore su 24 dagli operai e, nonostante la mediazione di diversi parlamentari, si è rifiutata di negoziare qualsiasi soluzione fino a quando non sarà ripresa la produzione.
Per contro, negli ultimi giorni migliaia di operai sono usciti più volte in corteo dalla fabbrica per protestare sotto gli edifici della direzione aziendale, raggiunti da un gran numero di familiari e concittadini solidali. Tra gli slogan il grido "Ladri! Ladri!", riferito ai dirigenti che vorrebbero negare gli aumenti adducendo presunte perdite nei bilanci.
Egitto. Mobilitazione totale nel distretto di Mahalla al-Kubra, dove si concentrano le aziende tessili, da sempre precursore dei movimenti egiziani. I lavoratori chiedono un salario adeguato ad un'inflazione al 33%. Il regime di al-Sisi rischia
Sono 17mila i lavoratori in sciopero a Mahalla al Kubra, centro tessile di proprietà statale nel Delta del Nilo, a 120 km a nord del Cairo.
La polizia attacca il presidio dei lavoratori, in mobilitazione da anni, del cementificio Torah del gruppo tedesco HeidelbergCement. Il regime di al-Sisi detiene centinaia di lavoratori, favorendo le grandi imprese.
di Pino Dragoni, il Manifesto
di cattivipensieri
A quasi 6 anni dalla rivoluzione che nel gennaio 2011 spodestò il presidente Mubarak, l'Egitto vede nelle ultime settimane un'accelerazione della crisi economica che da anni affligge il paese. Le misure di austerità, i tagli ai sussidi pubblici per l'acquisto dei beni di prima necessità (zucchero, farina, olio, benzina…) e la svalutazione della moneta legata alla concessione di un nuovo prestito da 12 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, aprono una spirale di rapido peggioramento delle condizioni di vita e sussistenza delle classi più povere del paese. L'esercito egiziano, attore di primo piano nell'economia nazionale, e le forze di sicurezza del presidente al-Sisi proseguono nella repressione delle manifestazioni di dissenso e dei tentativi di lotta delle organizzazioni dei lavoratori, attraverso arresti mirati, sparizioni forzate ed un controllo sempre più capillare del territorio.
Egitto. Sparisce la classe media, si moltiplicano i poveri, inflazione alle stelle. L'attivista Tamer Wageeh al manifesto: "Le riforme volute dal Fondo Monetario Internazionale un disastro sociale. c'è da aspettarsi lo scoppio di manifestazioni spontanee".
Le madri egiziane non ce l'hanno fatta più: il taglio dei sussidi per il latte artificiale, con il prezzo salito del 40%, ha scatenato l'ultima protesta. La scorsa settimana decine di donne hanno bloccato le strade del Cairo con i bimbi piccoli tra le braccia e mescolato la rabbia degli slogan al pianto.
Quello che segue è l'ultimo articolo pubblicato in Italia da Giulio Regeni, il giovane ricercatore assassinato al Cairo. L'articolo è stato scritto più di un mese fa, è stato pubblicato con pseudonimo sul sito Nena news il 14 gennaio scorso e ripubblicato dal manifesto dopo la morte di Regeni. Che qui dà conto delle attività sindacali e delle lotte operaie represse dal governo egiziano; probabilmente Giulio Regeni è stato ucciso proprio per questo. In allegato un altro articolo sullo steso argomento pubblicato sotto pseudonimo sul manifesto del 3 luglio 2015.(ndr)
Al-Sisi ha ottenuto il controllo del parlamento con il più alto numero di poliziotti e militari della storia del paese mentre l'Egitto è in coda a tutta le classifiche mondiali per rispetto della libertà di stampa. Eppure i sindacati indipendenti non demordono. Si è appena svolto un vibrante incontro presso il Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati (Ctuws), tra i punti di riferimento del sindacalismo indipendente egiziano.
Di Gianni Del Panta e Francesco De Lellis
Egitto. A due anni dal golpe militare il sindacalismo indipendente si impegna su lotte locali dopo il divieto di sciopero imposto dal governo. L'esercito va all'attacco dei cementifici di el-Arish, mentre il governo punta su una politica liberista e a favore degli strati più ricchi, come dimostra l'eliminazione della tassa sui redditi milionari. Si tratta di una chiara predilezione del regime per i potenti gruppi di affari, a scapito delle fasce più deboli della popolazione.
di Moustafa Bassiouni 22.8.2014
La repressione non ferma il movimento dei lavoratori. Ma chi protesta deve fare i conti anche con i freni posti dalle rispettive centrali sindacali. Per questo le conquiste sono insufficienti, come il salario minimo
L'ondata di scioperi del febbraio 2014 che ha costretto alle dimissioni il governo di Hazem al Beblaui, avrebbe dovuto rappresentare un'affermazione importante per il movimento operaio egiziano. Per la prima volta dal 3 luglio 2013, giorno della destituzione del presidente Mohamed Morsi (dei Fratelli musulmani), nei servizi pubblici e nel settore industriale dello Stato si sono verificati scioperi di grande portata: i lavoratori del settore tessile e manifatturiero, dei trasporti e dei servizi di pulizia si sono uniti a quelli delle poste, della sanità e del settore giustizia.
Egitto. Per la protesta operaia si dimette il premier Beblawi insediato nel 2013 dai militari golpisti.
Il premier egiziano ad interim Hazem Beblawi ha annunciato le dimissioni del governo. L’esecutivo, voluto dai militari dopo il golpe del 3 luglio 2013, che ha determinato l’arresto dell’ex presidente Morsi e la messa al bando dei Fratelli musulmani, aveva subìto defezioni di rilievo. Il primo a dare forfait è stato il leader laico del partito Dostour (Costituzione), il premio Nobel Mohammed el Baradei, a cui hanno fatto seguito le dimissioni del ministro per la Cooperazione internazionale, Ziad Bahaa al-Din.
La rivoluzione ha risvegliato lo spirito di lotta del popolo egiziano, coronando l'escalation di sit-in e scioperi dei lavoratori che sono andati crescendo dal 2006 – una mobilitazione guidata ed organizzata dagli stessi lavoratori oppressi. Le lotte dei lavoratori hanno giocato un ruolo centrale negli ultimi tre giorni dell'occupazione da parte di milioni di persone di Piazza Tahrir, costringendo il dittatore Mubarak a dimettersi, visto che il movimento di protesta dei lavoratori si diffondeva in gran parte del paese e con la sua radicalizzazione terrorizzava i governanti. Scelsero di sacrificare Mubarak, piuttosto che assistere alla caduta di tutto il regime.