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Proteste in Tanzania- novembre 2025La miseria crescente spinge la "Generazione Z" dell'Africa orientale a scendere in strada

Anche la Tanzania, considerato finora uno dei paesi africani più stabili, si aggiunge alla lunga lista delle aree del mondo dove la temperatura sociale è alle stelle.

I presunti brogli nelle elezioni di fine ottobre, che hanno riconfermato alla guida del paese la presidente Samia Suluhu Hassan (il cui partito governa ininterrottamente la Tanzania dal 1961), hanno rappresentato il fattore scatenante della forte tensione sociale. A pesare sul clima generale è anche la crescente polarizzazione economica tra l'1% più ricco e il resto della popolazione. Negli ultimi anni l'economia del Paese ha registrato una crescita media del PIL tra il 5% e il 7%, ma il PIL pro capite rimane basso (nel 2024 è stato stimato a 1.224 dollari). Dei 65 milioni di abitanti, il 60% ha meno di 25 anni. Secondo l'Amref Health Africa, il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e l'8% in condizioni di povertà estrema.

I lavoratori tanżaniani sono per la maggior parte impiegati nell'agricoltura (che occupa il 70% della popolazione) e nell'estrazione di oro, argento, rame e diamanti, ma anche nel turismo. L'integrazione logistica tra le nuove tecnologie agricole ed estrattive, il porto di Dar es Salaam e le reti di trasporto pesante (in particolare la Tanzania-Zambia Railway) hanno modernizzato il Paese, sviluppando lavoro associato e poli industriali di proprietà di capitali autoctoni ma, soprattutto, stranieri, dato che il costo della manodopera è tra i più bassi al mondo. I principali partner commerciali della Tanzania sono Cina, Germania, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Kenya, Giappone, India e Sudafrica.

L'elemento catalizzatore della protesta è stato, come spesso accade, la rete digitale, puntualmente censurata dal governo. La chiusura di Internet per alcuni giorni ha portato al blocco dell’economia, dato che anche in Tanzania la maggior parte delle transazioni economiche avviene tramite la Rete.

Le piazze, a maggioranza animate dai giovani, rivendicano un cambiamento sociale e lottano per un futuro migliore. Le proteste, che hanno raggiunto il loro culmine ad inizio novembre, si sono diffuse da Dar es Salaam ad altre città, come Dodoma e Arusha, con barricate, incendi, assalti a seggi elettorali, prigioni e stazioni di polizia. La repressione poliziesca è stata brutale. Al solito i numeri sono discordanti: i morti sarebbero oltre tremila per l'osservatorio sui diritti umani e circa cinquecento per la BBC, mentre il numero degli arrestati è ancora più incerto ed in continuo aggiornamento.

Otre all'uso dei social network (Discord), vi sono altre invarianze con le recenti sommosse globali come l'assenza di una leadership, vista la sfiducia verso il sistema dei partiti, e la replicazione delle modalità di organizzazione orizzontali e spontanee già viste in Perù, Filippine, Marocco, Madagascar, ecc.