Le popolazioni stremate dalla crisi economica si ribellano contro lo stato di cose presente
Dal 14 gennaio scorso la Tunisia è in preda a manifestazioni di massa contro il peggioramento delle condizioni di vita. Il primo mese dell'anno è quello in cui torna alla memoria la Rivoluzione dei Gelsomini e nel 2021 si celebrano i dieci anni della caduta del regime di Ben Ali. I protagonisti di questa nuova ondata di collera proletaria sono giovani e giovanissimi che di notte, approfittando del buio, violano il lockdown generale e il coprifuoco saccheggiando negozi, incendiando pneumatici, e rispondendo ai lacrimogeni della polizia con fitte sassaiole.
Le città maggiormente colpite dagli scontri sono Tunisi, Biserta, Menzel Bourguiba, Sousse, Nabeul e il governatorato di Kasserine, dove un manifestante è stato ucciso dalle forze dell'ordine. Centinaia gli arrestati, la maggior parte dei quali ha un'età compresa tra i 15 e i 25 anni. Ieri, migliaia di persone hanno marciato in direzione del parlamento tunisino, blindato dalle forze dell'ordine, chiedendo la liberazione dei manifestanti fermati durante i disordini della scorsa settimana, e misure urgenti di sostegno al reddito. In un paese dove la disoccupazione è alle stelle, i prezzi aumentano e i servizi pubblici sono allo sfascio, alle nuove generazione non resta altro da fare che portare avanti la rivoluzione incominciata dieci anni fa con lo scoppio della Primavera araba al grido di "pane, libertà e dignità!".
Anche in Libano la situazione sociale è incandescente. Nei giorni scorsi si sono verificate manifestazioni rabbiose a Beirut, dove gruppi di manifestanti hanno bloccato il traffico nel centro cittadino, e a Tripoli, in cui ci sono stati duri scontri con la polizia. Il paese dei cedri è tecnicamente fallito e il nuovo lockdown anti-Covid, prorogato fino all'8 febbraio, sta mettendo a dura prova gli strati più poveri della popolazione, che ritornano a scendere in piazza contro il carovita e per i sussidi di disoccupazione.
In campo sociale nulla è vano, le esperienze di lotta non vanno perdute. Ci sono dei momenti di riflusso, di stasi, e poi di ripresa, come nel caso dei lavoratori, disoccupati e studenti iracheni di piazza Tahrir, a Baghdad, che dall'ottobre del 2019, sfidando una feroce repressione (900 morti, 25mila feriti, e centinaia di attivisti sequestrati e torturati), continuano la lotta per un futuro migliore, contro i settarismi religiosi e le divisione etniche.