Lotte in corso. INTERNAZIONALE
Primo Maggio di lotta del mondo, decine le capitali attraversate da cortei di lavoratori e sindacati.
A Taipei, Taiwan, le organizzazioni sindacali sono scese in strada per chiedere al governo la riduzione dell'orario di lavoro e l'aumento dei salari. In Sud Corea, decine di migliaia di persone hanno preso parte ai cortei del 1° Maggio per rivendicare un salario minimo più alto. In Germania, migliaia di manifestanti si sono riuniti nelle piazze di Amburgo e Berlino.
L'apparato repressivo più imponente contro le manifestazioni del Primo Maggio si è visto all'opera a Istanbul, in Turchia, dove circa 20.000 poliziotti sono stati schierati con un centinaio di mezzi blindati per impedire che i manifestanti raggiungessero piazza Taksim, luogo simbolo del movimento operaio turco e delle recenti rivolte antigovernative. Duecento gli arresti e svariate decine i feriti negli scontri con la polizia, che ha usato gas lacrimogeni e getti d'acqua per disperdere la folla.
Tensione anche in Corea del Sud, dove migliaia di persone sono scese in piazza a Seul per protestare contro le politiche del governo sul lavoro. Manifestazioni importanti anche in Germania: secondo i sindacati tedeschi, almeno 400.000 persone hanno partecipato alle 470 mobilitazioni che si sono svolte in tutto il Paese.
Il 15 aprile è stato il giorno dello sciopero globale indetto dai lavoratori dei fast food e dei servizi. Una giornata preceduta da mesi di tam tam sui social network, in special modo su Twitter e Facebook dove da tempo circolavano foto e informazioni e si stabilivano collegamenti con altre categorie e movimenti.
In tutto il globo, in 200 città e 40 Paesi, migliaia di lavoratori sono scesi in strada per chiedere un salario minimo di 15 dollari l’ora (#FightFor15) e la possibilità di organizzarsi sindacalmente senza ritorsioni da parte dei datori di lavoro. In Italia hanno incrociato le braccia i lavoratori del turismo, che sono senza contratto di lavoro (#Insiemeperilcontratto).
Da qualche settimana è iniziato il tam tam per l'organizzazione di un "Global Day of Action", il prossimo 15 aprile, di #FightFor15. La chiamata allo sciopero è diretta principalmente a cassieri e cuochi della ristorazione veloce, addetti alla vendita al dettaglio, fornitori di assistenza domiciliare, operatori aeroportuali; e a tutti quei lavoratori che lottano per 15 dollari l'ora e la libertà di formare un sindacato senza ritorsioni da parte dei datori di lavoro.
#FightFor15 è nato nel novembre del 2012 organizzando circa 200 dipendenti dei fast food di New York City. Nel 2013 si è allargato, coinvolgendo migliaia di lavoratori in tutti gli Stati Uniti e dando vita ad uno sciopero nei ristoranti di oltre 150 città. Nel 2014 il movimento è diventato globale e ha lanciato il #FastFoodGlobal con scioperi e azioni di solidarietà in 33 paesi e 6 continenti.
Dopo la riuscita mobilitazione organizzata dalla rete "Blockupy" a Francoforte, dove hanno sfilato precari, lavoratori organizzati e sindacati da tutta Europa, è arrivato il turno della Spagna.
Nove le colonne di persone che, partite da diversi punti del paese, sono confluite ieri nella capitale spagnola. "La recessione non è finita" hanno gridato le migliaia di lavoratori, disoccupati e precari scesi in strada per prendere parte alla "Marchas de la Dignidad", in numero minore, ammettono gli organizzatori, rispetto all'anno scorso. La folla ha accusato il governo conservatore del primo ministro Rajoy, ma anche quello del suo predecessore socialista, di aver sprofondato il paese nella miseria; alcuni striscioni chiedevano lo sciopero generale e il motto della manifestazione era "Pan, trabajo, techo y dignidad". Dopo la marcia si sono verificati incidenti nel centro di Madrid tra gruppi di giovani e forze dell'ordine.
I lavoratori della Metropolitana di San Paolo in Brasile hanno scioperato 5 giorni contro il Governatore socialdemocratico Alckmin. Alckmin sta portando avanti da tempo politiche di tagli a privatizzazione del trasporto pubblico ed è coinvolto in un giro di mazzette da parte di aziende come Siemens e Alstom, che beneficiano di queste misure. Questa lotta si è svolta sullo sfondo di una più ampia mobilitazione che dai primi di giugno vede protagonisti lavoratori della scuola e del pubblico impiego metalmeccanici e bancari, oltre ai lavoratori delle imprese di pulizia e al movimento dei lavoratori senza casa, le cui fila si sono ingrossate in seguito all'aumento vertiginoso degli affitti provocato dalla speculazione immobiliare intorno ai Mondiali di calcio.
"Siamo noi il Quarto stato. Io vivo con 650 euro al mese ma allo sciopero non rinuncio". Giuseppe Augello, delegato milanese di McDonald's è carico, pronto per incrociare le braccia insieme a tutti i suoi colleghi che nel mondo friggono panini e battono scontrini alla cassa. Cappellino e uniforme di ordinanza, i ragazzi degli archi dorati si preparano a cortei, volantinaggi e flash mob per rivendicare salari più alti, il diritto a un lavoro full time e ritmi umani.
Giuseppe è Rsa Filcams Cgil da cinque anni, da quando cioè ha cominciato a lavorare per la multinazionale del panino: da allora, McDonald's lo ha spedito prima a Bergamo e poi in ben due locali destinati alla chiusura, pur di costringerlo ad andarsene ("perché io rompo e metto i paletti"), ma lui ha resistito. Giuseppe ha citato l'azienda davanti al giudice, per contestare un apprendistato lungo tre anni ma senza formazione (il recente decreto Poletti suggerisce qualcosa?): McDo ha accettato di conciliare, ha dovuto assumerlo a tempo indeterminato e pagargli tutti gli arretrati.
Lo sciopero più grande mai organizzato fino ad oggi mobiliterà migliaia di lavoratori, dagli Stati Uniti a Auckland, a Venezia.
Il 15 maggio i lavoratori dei fast food hanno proclamato una giornata di sciopero in 150 città degli Stati Uniti, accompagnata da manifestazioni di protesta in 30 nazioni, lo dichiarano al Salon fonti operaie. Gli organizzatori si aspettano che lo sciopero si diffonda per la prima volta in città come Philadelphia, Miami, Orlando, e Sacramento, e coinvolga migliaia di lavoratori, tra cui le centinaia nelle città di St. Louis, Kansas City, Milwaukee, Oakland, Detroit, Chicago, Los Angeles, and New York City.
BREAKING: Workers & retirees shutting down the street in Detroit against Emergency Financial Management #MayDay2014 pic.twitter.com/Vel28BPO7v
— Occupy Wall Street (@OccupyWallStNYC) May 1, 2014
"Rotterdam, 20 ottobre 2013, ore 23,00. Buonasera, ci pregiamo informare i nostri clienti che un'azione di sciopero selvaggio (wildcat strike) ci sta creando dei problemi e non sappiamo quanto potrà ancora durare". Così si poteva leggere qualche settimana fa sul sito del maggior terminal container europeo, il Maasvlakte 2 di Rotterdam, gestito dal braccio operativo portuale della prima compagnia mondiale, la Maersk. Gatto selvaggio, un termine che ricorda qualcosa a chi ha vissuto la stagione di lotte operaie in Italia nel ventennio 1960-80.
Ma quello di Rotterdam non è un episodio isolato. Se noi osserviamo la scena su una dimensione globale (l'unica dimensione accettabile quando si parla di shipping e di porti, che sono per loro natura, come la finanza e l'informatica, dei mercati globali), possiamo facilmente notare che questo settore ormai è investito da una conflittualità sempre più aspra.