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chicago86Lotte in corso. INTERNAZIONALE

Cile, Colombia, Hong Kong, Tunisia, Algeria, Iraq, Iran, Grecia, Francia…

Difficile seguire e dare notizia di tutte le rivolte, gli scioperi e le manifestazioni che stanno scoppiando ai quattro angoli del mondo negli ultimi mesi. Alcune considerazioni di massima le abbiamo fatte nell'articolo "Un mondo in rivolta", a cui rimandiamo i lettori; adesso cerchiamo di fare una breve cronologia, non certo esaustiva, degli ultimi avvenimenti, ribadendo che il filo rosso che li unisce tutti è l'ampliarsi della forbice tra i redditi (1/99%), con la relativa scomparsa delle mezze classi.

Manifestazioni in Europa e negli Stati Uniti contro il colosso dell’e-commerce, verso l’organizzazione di un coordinamento internazionale dei lavoratori.

In tutto il Regno Unito è stata organizzata una serie di proteste operaie in coincidenza con il Black Friday e il Cyber ​​Monday 2019, per denunciare le pessime condizioni di lavoro. "I lavoratori si rompono le ossa, svengono e vengono portati via in ambulanza", ha affermato un rappresentante del sindacato inglese GMB: negli ultimi tre anni ci sono state oltre 600 chiamate di ambulanze nei magazzini inglesi di Amazon.

Nella giornata del Black Friday (#BlackFriday2018), lo scorso 23 novembre, migliaia di lavoratori di diverse filiali europee di Amazon hanno scioperato contro le condizioni bestiali di sfruttamento applicate dal colosso mondiale dell'e-commerce.

Non è la prima volta che i lavoratori di Amazon incrociano le braccia. Qualche mese fa ha fatto notizia l'importante sciopero al magazzino di San Fernando de Henares, vicino a Madrid, che ha visto la partecipazione dell'80% dei dipendenti e anche di lavoratori di altri centri europei. E sempre in occasione del Black Friday, lo scorso anno le proteste dei lavoratori di Germania, Spagna e Italia hanno causato il blocco di alcuni importanti hub logistici del colosso statunitense.

Giovedì 4 ottobre è stata una giornata di sciopero globale per i lavoratori dei fast food - e non solo -, a cui hanno aderito le organizzazioni sindacali di diversi paesi. Le mobilitazioni hanno coinvolto in particolare Stati Uniti e Gran Bretagna, al suono dello slogan "The workers united will never be defeated!". Messaggi di solidarietà sono arrivati da Giappone, Belgio, Germania, Francia, Italia, Filippine, Nuova Zelanda, Colombia e Cile.

Negli States la lotta per ottenere 15 dollari l'ora (#FightFor15) e la libertà di coalizione (#UnionsForAll) continua ormai da anni e ha prodotto un movimento globale contro i bassi salari (#FastFoodGlobal).

Modello Low Cost. Successo dei sindacati in cinque paesi, ma in Italia invece alcuni trattano

Sciopero europeo, non in Italia. A due settimane dal primo – e storico – sciopero continentale degli assistenti di volo – 25 e 26 luglio – ieri è stato il turno dei piloti. La protesta è stata massiccia in Irlanda, Germania, Svezia, Belgio e Paesi Bassi. I voli cancellati sono stati oltre 400, gli aeroporti più coinvolti sono stati lo Schonefeld di Berlino, Goteborg e Stoccolma lasciando a terra circa 70mila persone.

Hong Kong

La sera di lunedì 22 gennaio un centinaio di rider di Deliveroo HK, soprattutto indiani e pakistani, si sono riuniti di fronte agli uffici della compagnia in Jervois Street bloccando il servizio di consegna cibo a domicilio.

A far scattare lo sciopero sono stati i recenti cambiamenti nella gestione del tempo di lavoro dei fattorini da parte dell'azienda, che fino a poco prima garantiva ai rider 11 ore di lavoro al giorno pagate almeno 75 HK $ (circa 7,8 €), compresa un'ora di pausa pranzo.

Scoppiettante inizio d'anno per Deliveroo. Dopo un 2017 che si è concluso con un totale di 39 scioperi in 20 città e 7 paesi diversi, e con alcuni tentativi di coordinamento tra gli scioperanti a livello europeo (vedi Assemblea: mobilitarsi al tempo della "gig economy" a Torino), anche il 2018, per l'azienda leader del settore del food delivery, si apre a suon di proteste e mobilitazioni.

Dal 2014, i lavoratori dei fast food di tutto il mondo hanno unito le forze in una crescente campagna internazionale. Ciò ha coinvolto i sindacati nazionali affiliati a IUF (Associazione internazionale dei sindacati dei settori ristorazione, alberghi, catering e agricoltura) che si occupano di questioni quali il diritto di aderire o di formare un sindacato, il pagamento di salari bassi e inadeguati al lavoro svolto, contratti applicati unilateralmente senza orari minimi garantiti e occupazione precaria.

Anche quest'anno in occasione dell'International Workers' Day milioni di lavoratori hanno manifestato ai quattro angoli del mondo. L'esercito mondiale dei senza riserve, di coloro che non hanno nulla da perdere all'infuori delle loro catene, va ingrossandosi e scende in piazza istintivamente contro il capitalismo, stanco di farsi rubare la vita.

Mobilitazioni importanti hanno interessato Indonesia, Filippine, Cile, Bangladesh, Brasile, e Stati Uniti, dove il movimento #Fightfor15 è sceso in piazza da costa a costa. In Turchia la polizia ha dovuto ricorrere ai gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di alcune centinaia di manifestanti intenzionati a radunarsi in piazza Taksim, nella zona europea di Istanbul.

Il 21 e il 22 ottobre si sono svolte due giornate di mobilitazione nazionale, indette da varie sigle del sindacalismo di base e dal "Coordinamento NO Sociale" contro le politiche del governo in materia di lavoro e, nello specifico, per lanciare un "NO secco al tentativo di Renzi di stravolgere la Costituzione e i diritti, a cominciare da quello del lavoro".

I sindacati SI Cobas e ADL Cobas si sono accodati allo sciopero generale del 21, promosso da USB, Unicobas e USI, con una loro piattaforma che, tra i vari punti, fa proprio il "no al referendum costituzionale in nome degli interessi materiali dei lavoratori". In questa giornata molte sono state le iniziative davanti ai magazzini della logistica.