Il Saudi Binladin Group ha licenziato lo scorso 2 maggio circa 77mila lavoratori stranieri e prevede per i prossimi mesi il taglio di altri 12 mila di posti di lavoro, detenuti da cittadini sauditi.
"La dimensione della nostra forza lavoro è sempre adeguata alla natura, alle dimensioni dei progetti e al lasso di tempo necessario al gruppo", ha dichiarato il portavoce Al-Yaseen Attas.
Il Gruppo Binladin, creato nel 1931 dal padre del defunto leader di al-Qaeda Osama Bin Laden, è tra i più grandi costruttori del Medio Oriente e uno dei maggiori datori di lavoro in Arabia Saudita con circa 200.000 lavoratori. La società gestisce la maggior parte dei progetti di costruzione del paese, come ad esempio gli stadi di calcio e le linee ferroviarie ad alta velocità.
La rivolta dei migranti contro le autorità saudite è finita ieri, con il ritorno al lavoro dei netturbini, quasi tutti stranieri, nella capitale Riyadh e a Gedda, e dopo due morti, 68 feriti, oltre 100 autoveicoli dati alle fiamme e centinaia di arresti. La settimana di "caccia all'immigrato" che le autorità saudite avevano lanciato il 4 novembre, allo scadere della proroga di sette mesi concessa ai lavoratori stranieri irregolari per lasciare il Paese, ha avuto il momento più drammatico sabato scorso con gli scontri violenti esplosi a Manfouah, quartiere di Riyadh dove vivono migliaia di etiopi, somali ed eritrei in condizioni durissime, in dieci in due stanze, in topaie che i proprietari si ostinano a chiamare appartamenti.