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Il Saudi Binladin Group ha licenziato lo scorso 2 maggio circa 77mila lavoratori stranieri e prevede per i prossimi mesi il taglio di altri 12 mila di posti di lavoro, detenuti da cittadini sauditi.

"La dimensione della nostra forza lavoro è sempre adeguata alla natura, alle dimensioni dei progetti e al lasso di tempo necessario al gruppo", ha dichiarato il portavoce Al-Yaseen Attas.

Il Gruppo Binladin, creato nel 1931 dal padre del defunto leader di al-Qaeda Osama Bin Laden, è tra i più grandi costruttori del Medio Oriente e uno dei maggiori datori di lavoro in Arabia Saudita con circa 200.000 lavoratori. La società gestisce la maggior parte dei progetti di costruzione del paese, come ad esempio gli stadi di calcio e le linee ferroviarie ad alta velocità.

Il drastico calo del prezzo del petrolio ha danneggiato non solo il governo saudita, che si ritrova con circa 100 miliardi di dollari di debiti, ma anche il grande gruppo edilizio che ha dichiarato un deficit intorno ai 30 miliardi di dollari.

I lavoratori stranieri licenziati da SBG, provenienti per la maggior parte dal sud-est asiatico e per i quali la fine del contratto significa il foglio di via dal paese, si rifiutano però di lasciare il paese se prima non vengono saldati gli stipendi arretrati, e per questo motivo hanno iniziato una mobilitazione di fronte alla sede amministrativa nel quartiere di Al-Salama a Jeddah. Sabato 30 aprile, di fronte a nuove promesse non mantenute da parte della società, nella città santa della Mecca si sono verificati scontri con le forze dell'ordine e diversi autobus del gruppo sono stati dati alle fiamme.

La rabbia dei lavoratori stranieri licenziati dal Binladin Group accresce la pressione generale cui è sottoposta l'azienda saudita, accusata di non pagare gli stipendi da mesi per una cifra che si aggira intorno ai 660 milioni di dollari.