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Proteste dei contadini a Nuova DelhiGiovedì 26 novembre decine di milioni di lavoratori indiani hanno incrociato le braccia contro il governo di Narendra Modi. Lo sciopero generale, appoggiato da 10 sindacati e da oltre 250 organizzazioni di contadini, è stato accompagnato da massicce proteste e in alcuni stati ha causato la chiusura della maggior parte delle attività. Hanno aderito alla giornata di mobilitazione i lavoratori di quasi tutti i settori industriali (acciaio, carbone, telecomunicazioni, trasporti, ecc.), studenti, lavoratori domestici, autisti e tassisti.

Gli scioperanti manifestano per un radicale cambiamento della politica sostenuta dal premier e per il ritiro delle contestate leggi sulla liberalizzazione del settore agricolo. Chiedono un contributo di 7.500 rupie (circa 80 euro) per ogni famiglia povera, una fornitura mensile di 10 kg di cibo per i nuclei bisognosi, la riduzione delle giornate lavorative, migliori salari, e l'interruzione della privatizzazione del settore pubblico, in primis di quello pensionistico.

Nei giorni precedenti lo sciopero generale, masse di piccoli contadini (fino a 300mila secondo il Guardian), provenienti da Punjab, Haryana, Uttar Pradesh ed altri stati dell'India, si sono messe in cammino verso Nuova Delhi per aderire alla mobilitazione e per protestare contro il peggioramento delle loro condizioni di vita. Alle porte della capitale, la marcia "Delhi Chalo" ("Andiamo a Delhi") si è però scontrata con la polizia, che con blocchi, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua ha impedito alla carovana di trattori e camion di entrare in città con la scusa dell'aumento dei contagi da Covid-19. Il giorno dopo, venerdì 27 novembre, una piccola parte di manifestanti è riuscita a fare ingresso nella capitale, ma è stata fermata dalle barricate e dal filo spinato eretti nelle strade principali. La protesta si è quindi spostata in periferia, dove i manifestanti hanno invaso le arterie stradali e allestito accampamenti attrezzati con tende, coperte e cibo. Al 4 dicembre sono ancora in centinaia di migliaia i contadini accampati sulle autostrade nazionali attorno ai varchi di frontiera di Singhu e Tikri, a pochi chilometri da Nuova Delhi, decisi a resistere fino a quando le loro richieste non verranno accolte.

Di fronte alla protesta e alla necessità di riaprire i confini della città, il governo ha concesso un tavolo delle trattative proponendo alcune soluzioni alla vertenza, ma gli agricoltori non hanno accettato alcuna deroga alle loro istanze. Dopo la giornata di sciopero del 26 novembre, diversi sindacati hanno minacciato uno sciopero a tempo indeterminato se le richieste dei manifestanti non saranno soddisfatte dal governo; tra questi il sindacato dei lavoratori dei trasporti di Delhi che organizza taxisti e autisti di auto a noleggio, autobus e camion privati. Un nuovo sciopero aggraverebbe ulteriormente la paralisi delle strade della capitale e la già difficoltosa capacità di approvvigionamento dei beni, causate dai blocchi stradali attuati dagli agricoltori.

In India il settore agricolo impiega circa il 48% della forza lavoro e rappresenta la principale fonte di sostentamento per circa il 58% dell'1,3 miliardi di abitanti del paese. Ciò significa che i contadini sono ancora il più grande blocco sociale del paese. Per decenni lo stato indiano ha offerto prezzi garantiti agli agricoltori, i quali potevano vendere i loro prodotti all'asta con la garanzia di ottenere il prezzo minimo concordato dal governo. Le nuove leggi smantellano la vecchia struttura, consentendo di vendere le derrate agricole solo privatamente, a chiunque e a qualsiasi prezzo, ovviamente al ribasso. Per tali motivi, la liberalizzazione del mercato agricolo è vista come una catastrofe dai lavoratori della terra, ma non solo.

Queste grandi mobilitazioni, che seguono quelle di gennaio (Duecento milioni di lavoratori hanno scioperato in India), si inseriscono in una situazione sociale drammatica, anche a causa della devastante crisi sanitaria ed economica scatenata dalla diffusione del Coronavirus: con più di 9,5 milioni di contagi e con 130mila morti, l'India è il secondo paese per numero di malati Covid. La pandemia si è diffusa dalle grandi città fino alle zone rurali dove l'assistenza sanitaria pubblica è scarsa o inesistente ed è perciò probabile che i numeri siano molto più alti.

Il rallentamento della terza più grande economia asiatica ha provocato un boom della disoccupazione e la crescita della polarizzazione della ricchezza, con un netto peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, in particolare di quella rurale. In un paese enorme, nel quale aree super industrializzate si alternano a zone tecnologicamente arretrate, le profonde contraddizioni di classe sono mine pronte ad esplodere.

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#MazdoorKisanStrike
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