Ormai da oltre 6 giorni manifestazioni e scontri scuotono l'Iran. Previsto per oggi, martedì 2 gennaio, lo sciopero generale.
Il numero ufficiale delle vittime è già salito a 23, mentre gli arrestati, soprattutto giovani, sono quattrocentocinquanta. Fino ad ora, per il timore di un'ulteriore escalation della violenza, il regime iraniano ha evitato l'aperta repressione del movimento, nato, secondo alcuni analisti occidentali, nella città santa degli sciiti, Mashhad.
Non è da escludere che le prime manifestazioni - contro il carovita, la disoccupazione e l'abolizione dei sussidi governativi diretti (che in Iran riguardano circa un quarto della popolazione) – siano state alimentate dai conservatori, avversari del presidente Rouhani, ma in breve tempo si sono generalizzate e diffuse in tutto il paese, cominciando a colpire anche i manifesti e i simboli dell'ayatollah Khamenei e assumendo un profilo politico anti-sistema. In alcune città sono state assaltate stazioni di polizia e basi militari e si sono verificati scontri a fuoco tra manifestanti (alcuni armati) e forze dell'ordine.
La rivolta si è riverberata anche in Rete, con foto e video delle manifestazioni. Il governo è intervenuto bloccando i social network (Instagram e Telegram) e rallentando l'attività su Internet, ma sembra che la censura sia stata in parte aggirata grazie all'utilizzo di programmi peer to peer. Un giornalista della BBC, Ali Hamedani, ha riportato che molti iraniani hanno ricevuto sui propri smartphone il seguente messaggio: "Se vi unirete alle proteste sarete accusati di attività rivoluzionaria".
Riguardo alla situazione in Iran, il sito di analisi militare DEBKAfile, vicino ai servizi segreti israeliani, ha scritto che le manifestazioni di massa sbandierate dai media mondiali in realtà non si sono ancora viste, e che i raduni, sebbene diffusi in almeno cinquanta città, raramente hanno superato le duecento/trecento unità e al massimo ne hanno raccolte cinquecento. A scendere per le strade sono operai, agricoltori e disoccupati, mentre risultano assenti gli intellettuali che hanno dato vita alla rivolta del 2009, e la parte studentesca, che per ora ha organizzato qualche manifestazione nell'università di Teheran. Secondo il sito israeliano, il movimento non ha leader ma sarebbe per lo più spontaneo, e accusa il governo iraniano di aver peggiorato la crisi economica con i finanziamenti ad Assad in Siria, agli Houthi in Yemen, ad Hezbollah in Libano, agli sciiti del Bahrein e ai gruppi fondamentalisti di Gaza.
Nei video che circolano in Rete nelle ultime ore sembra che il numero delle persone coinvolte nelle proteste stia aumentando, ma ciò che più colpisce è l'assenza dei soliti cartelli e striscioni. Schiacciati dai progressisti da una parte e dai conservatori dall'altra, i proletari iraniani - se vorranno emanciparsi - dovranno condurre una lotta spietata contro entrambe le facce della stessa capitalistica medaglia, rompendo con il metodo delle discussioni democratiche, i compromessi e la tendenza politica frontista sempre presente, in Iran e altrove.