Le pessime condizioni di vita hanno spinto in piazza la "Generazione Z" nepalese, che dopo la repressione letale della polizia ha bruciato il Parlamento, la Corte Suprema e alcune case dei politici.
Il Nepal sta affrontando la più massiccia ondata di collera sociale degli ultimi decenni, guidata da una generazione di giovani esasperati dalla miseria crescente e dall'aumento della corruzione politica e del nepotismo.
Le proteste sono iniziate come opposizione alla censura dei social media, colpevoli di minare l'armonia sociale secondo le autorità, per trasformarsi in una vera e propria rivolta generale contro l'intera classe politica, culminata con le dimissioni del governo in carica.
Nell'ambito del trend social #nepokids, gli utenti caricavano su X e TikTok video e post che mostrano i figli di personaggi politici nepalesi in vacanze di lusso e vestiti con abiti eleganti, contrapposti a scene di difficoltà quotidiane vissute dai più. Questa campagna ha evidenziato la crescente polarizzazione nella società nepalese, un divario percepito come incolmabile tra un'élite ritenuta corrotta e privilegiata e il resto della popolazione, soprattutto i giovani senza riserve e prospettive. Scandali come il presunto dirottamento di 71 milioni di dollari nella costruzione di un aeroporto a Pokhara hanno ulteriormente eroso la fiducia nel governo.
Le proteste pacifiche di lunedì 8 settembre sono diventate qualcos'altro quando la polizia ha aperto il fuoco sulla folla di decine di migliaia di persone che circondava il parlamento nella capitale Kathmandu. Il bilancio è stato di almeno 19 morti e oltre 400 feriti solo il primo giorno, alimentando la rabbia il giorno seguente, quando nonostante la revoca del divieto sui social e le dimissioni del Ministro degli Interni, le proteste sono diventate ancora più violente e si sono diffuse in tutto il paese. I manifestanti, per lo più adolescenti e giovani adulti, hanno dato alle fiamme il Singha Durbar (palazzo che ospita il parlamento e gli uffici ministeriali), la Corte Suprema, la sede del partito del Congresso Nepalese, le case private del Primo Ministro Oli, del Presidente Ramchandra Paudel, del Ministro degli Interni e del leader dell'opposizione Sher Bahadur Deuba (aggredito fisicamente insieme alla moglie).
L'esercito, finora rimasto in caserma, ha emesso un comunicato esortando alla calma, ma avvertendo che è impegnato a riprendere il controllo della situazione.
Le proteste nepalesi sembrano riflettere un fenomeno regionale più ampio, simile alle rivolte guidate dai giovani che hanno rovesciato i governi in Sri Lanka (luglio 2022) e Bangladesh (agosto 2024). La "Gen Z" del Nepal, connessa in Rete e frustrata, ha dimostrato di non aver più paura di sfidare una classe politico-economica che considera marcia fino al midollo, chiedendo a gran voce un altro futuro.








