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gorillas berlinoIl mondo della gig-economy è tutto fuorché pacificato, da Atene a Berlino i precari si mobilitano con scioperi e picchetti contro la schiavitù salariata 2.0. Gorillas, che opera in una ventina di città tedesche e da poco si è espansa in Regno Unito, Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna, deve fare i conti con l'autorganizzazione dei rider.

Mercoledì scorso alcuni dipendenti di Gorillas, una nuova piattaforma tedesca specializzata nella consegna della spesa a casa, hanno organizzato un sit-in molto partecipato davanti alla sede dell'azienda a Prenzlauer Berg, a Berlino. In totale, circa 150 rider e solidali si sono riuniti in strada per chiedere a gran voce migliori condizioni di lavoro e il reintegro dei numerosi fattorini licenziati per rappresaglia (al momento non è ancora chiaro in quanti abbiano ricevuto la disdetta tramite e-mail o telefono, alcuni parlano di 350 licenziamenti in città).

Riavvolgiamo però un attimo il nastro e cerchiamo di capire perché c'è stata questa destituzione di massa. Venerdì 1 e sabato 2 ottobre i fattorini di Gorillas scioperano contro le pessime condizioni di lavoro e salariali, e bloccano tre magazzini della città, rispettivamente a Bergmannkiez, Gesundbrunnen e Schoeneberg. Pochi giorni dopo, il 5 ottobre, l'azienda, una start-up nata un anno fa e con una valutazione in borsa superiore al miliardo di euro, annuncia che i lavoratori che hanno partecipato agli scioperi selvaggi del week end sarebbero stati licenziati in tronco.

Proteste simili si erano verificate a giugno e luglio scorsi a Berlino per chiedere la riassunzione di un rider, Santiago; poi la scorsa settimana sono ricominciate. Le rivendicazioni sono le stesse da mesi: attrezzature migliori (come le biciclette da carico) per la sicurezza e la salute dei lavoratori, pagamento completo e puntuale, e un migliore sistema di assegnazione dei turni. Il lavoratore riceve la comunicazione del turno solo quattro giorni prima, il minimo legale, e così facendo si fatica ad organizzare il tempo libero. Inoltre, il pagamento non è quasi mai regolare e spesso i fattorini ricevono meno soldi di quelli dovuti.

Il motto della piattaforma tedesca è "Tu sei veloce, ma noi di più. Ti portiamo la spesa in 10 minuti." I rider autorganizzati nel Gorillas Workers Collective hanno risposto per le rime: "Ci organizziamo in meno di 10 minuti" (#WeFireIn10Minutes). A quanto pare, gli stessi strumenti che usano i capitalisti per macinare profitti, dagli smart phone ai social network, possono essere usati dai lavoratori per organizzare picchetti volanti e bloccare senza preavviso il flusso delle merci.

In questi mesi il CEO di Gorrilas, il trentaduenne Kağan Sümer, ha cercato di presentare l'azienda come rispettosa dei diritti dei lavoratori, giovane e cool, e in più di un'occasione ha affermato che nessuno licenzierà i rider in sciopero e che il modello aziendale è contrario a quello della gig economy: "A Gorillas siamo stati un contromodello della gig economy sin dalla nostra fondazione un anno fa. Dal primo giorno, abbiamo assunto i nostri ciclisti su base permanente con previdenza sociale, indennità di malattia e ferie retribuite… per questo motivo l'attenzione continuerà ad essere sul dialogo costruttivo con i nostri dipendenti, incluso il Gorillas Workers Collective".

Da buon capitalista, Sümer si è rimangiato tutto, tanto che ha sostituito i rider licenziati con lavoratori assunti a giornata dall'agenzia per il lavoro temporaneo Zenjob.

I fattorini hanno tentato di organizzare un comitato aziendale (un'organizzazione sul posto di lavoro che autorizza i lavoratori ad avere voce nell'azienda ai sensi delle leggi tedesche sulle relazioni industriali), ma la direzione ha ripetutamente boicottato il processo di sindacalizzazione. Perciò, per farsi ascoltare, ai lavoratori non è rimasto altro da fare che organizzare scioperi selvaggi, anche perché sindacati come Verdi non sono ritenuti dai precari validi strumenti di lotta ma piuttosto strumenti di controllo della stessa.

Il messaggio lanciato da Gorillas con questi licenziamenti di massa è chiaro: chi non è disposto ad accettare tali condizioni di sfruttamento deve aspettarsi gravi conseguenze come la perdita del posto di lavoro. Secondo la legge tedesca, gli scioperi non sono legali a meno che non siano annunciati da un sindacato riconosciuto, e quindi l'azienda approfitta di questa situazione per colpire gli scioperanti e impaurire tutti i lavoratori.

Il Gorillas Workers Collective però non si è dato per vinto e, anche grazie alla solidarietà da parte di gruppi di ciclofattorini di altri paesi, ha rilanciato la lotta, aprendo una cassa di resistenza e cercando collegamenti con altre realtà lavorative. Il 9 ottobre ha portato il suo sostegno alla manifestazione organizzata dagli operatori sanitari di Berlino (#BerlinerKrankenhausBewegung), anch'essi sottopagati, super sfruttati e arrabbiati.