Turchia. Da sei giorni corrieri in sciopero in tutto il paese: vogliono l'iscrizione al sindacato e la fine della precarietà. Decine di migliaia costretti ad aprire la partita Iva, ma con l'inflazione alle stelle le spese sono insostenibili
In Turchia sono in sciopero da sei giorni migliaia di corrieri e rider in diverse città del Paese. Chiedono un aumento giusto del loro stipendio, una condizione contrattuale corretta e il riconoscimento del diritto d'iscriversi a un sindacato. Prima di tutti sono stati i corrieri della Trendyol Express a scioperare, il 24 gennaio, contro l'aumento dell'11% proposto dall'azienda: dopo una settimana di resistenza hanno ottenuto il 39%.
di NURAN GÜLENÇ
Nel settore metalmeccanico, una delle locomotive del paese, all'interno delle grandi fabbriche del settore automobilistico, i lavoratori turchi hanno iniziato uno sciopero che ha attirato l'attenzione della stampa internazionale. La protesta, partita dalla fabbrica della Renault, ha rapidamente contagiato altre fabbriche del settore. Le due richieste dei lavoratori sono centrali nell'attuale panorama lavorativo turco: l'aumento dei salari e la fine del monopolio del Sindacato metalmeccanico turco (Türk Metal Sendikasi) in modo che i lavoratori possano scegliersi direttamente i loro rappresentanti. Il movimento di protesta si è propagato ad altre fabbriche nelle quali era presente il Türk Metal Sendikasi e al cui interno sono state presentate le prime dimissioni.
Uno sciopero senza precedenti interessa in questi giorni la Turchia. La mobilitazione è iniziata durante il turno di mezzanotte del 14 maggio negli stabilimenti Oyak Renault di Bursa, dove circa 5.000 lavoratori hanno interrotto la produzione. Già dal giorno successivo migliaia di metalmeccanici provenienti da altre fabbriche, tra cui Tofas (una joint venture del fondo militare turco Koç Holding e FIAT in cui lavorano 4500 dipendenti), Coskunöz, Mako, Ototrim e Türk Traktör, hanno scioperato a sostegno dei colleghi; i lavoratori della Ford di Kocaeli sono scesi in sciopero il 19.
Sciopero di grandi dimensioni in Turchia nel settore dell'auto. Nella notte tra il 14 e il 15 maggio circa cinquemila lavoratori della Oyak Renault, joint venture dell'azienda francese con il fondo turco Oyak, hanno manifestato chiedendo un miglioramento del loro trattamento salariale. Lo riporta l'Ansa citando siti locali. Oltre 1500 operai del turno di mezzanotte non hanno timbrato il cartellino, iniziando una protesta che è poi proseguita nel corso della giornata. Alla protesta si sono poi uniti per solidarietà anche gli operai della casa automobilistica Tofas, joint venture tra Fiat e il gruppo turco Koc, che hanno scioperato venerdì 15 maggio nella fabbrica di Bursa, nella Turchia occidentale.
Avevamo seguito la proclamazione dello sciopero dei metalmeccanici in Turchia pochi giorni fa. Ora arriva la sospensione da parte del governo.
Un atto di forza reso possibile dall'assetto legislativo del paese cui, non a caso, guardano con estremo favore i capitalisti ed i governi nostrani, ricordandoci, ancora una volta, che il paese che ha vissuto la rivolta del Gezi Park, la strage dei minatori di Soma, le dure lotte dei lavoratori del settore aereo, di quello delle telecomunicazioni, ecc., più che rappresentare un passato che ormai per noi è definitivamente alle spalle, costituisce un futuro possibile e, da qualcuno, addirittura agognato. La continua limitazione al diritto di sciopero cui assistiamo in Italia è un esempio tangibile.
E' cominciato ieri lo sciopero nel comparto metalmeccanico in Turchia. La mobilitazione è stata indetta dal DISK (Confederation of Progressive Trade Unions of Turkey), una delle maggiori unioni sindacali del paese, e in particolare dall'organizzazione di settore Birlesik Metal-Is, a seguito delle decisioni prese dalle assemblee di fabbrica. Le città coinvolte dallo sciopero sono Osmaniye, Hatay, Mersin, Konya, Kocaeli, Bursa, Izmir, Bilecik, Istanbul e Gebze. In tutto si bloccheranno 22 fabbriche per un totale di circa 20 mila operai, di cui 15 mila iscritti ad un sindacato.
La richiesta principale della piattaforma presentata da Birlesik Metal-Is riguarda il miglioramento salariale per i lavoratori meno pagati. In Turchia, nel settore metalmeccanico, c'è una grande differenza di salario fra operai che fanno lo stesso lavoro; il sindacato chiede di riequilibrare la disparità con un aumento generale per chi guadagna meno prima di procedere con altri incrementi retributivi.
Sale la rabbia a Istanbul dopo la morte di dieci operai nel crollo di un ascensore nel cantiere di un grattacielo nel quartiere di Sultanahmet. Secondo le interviste che ha realizzato Zarife Akbulut del portale di notizie Sendika, gli operai lavorano in condizioni precarie e questo non è il primo incidente che avviene nel cantiere. Sembra inoltre che la ditta di costruzioni per cui lavoravano gli operai morti facesse largo uso di manodopera esternalizzata.
Alle ore 16:00 del 7 settembre, sull'onda dell'appello lanciato dai sindacati, davanti al cantiere si sono riunite diverse centinaia di persone per protestare contro la strage del giorno prima. Tra le realtà che hanno lanciato l'appello ci sono il Sindacato dei Lavoratori Rivoluzionari (DISK), la Confederazione dei Sindacati dei Lavoratori del Pubblico Impiego (KESK), l'Unione delle Camere degli Architetti e degli Ingegneri della Turchia (TMMOB) e l'Unione dei Medici della Turchia (TTB).
Ieri la polizia turca ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti che hanno sfidato Erdogan e si sono riuniti a Istanbul e Ankara per l'anniversario della nascita di Occupy Gezi. Le due città si sono trasformate in zone di guerra fra nuvole di lacrimogeni e violenti scontri con la polizia.
La Piattaforma Taksim aveva dato appuntamento nella Piazza simbolo della protesta per manifestare pacificamente, in risposta il premier turco aveva vietato ogni concentrazione e ieri mattina ha avvertito che chi avesse partecipato alla manifestazione sarebbe stato arrestato. Nei giorni scorsi, inoltre, aveva minacciato di mobilitare 25.000 agenti e 50 veicoli anti-sommossa Toma per contrastare le proteste a Istanbul.
Nuovi scontri sono scoppiati il 23 maggio a Istanbul, in Turchia, quando è stata diffusa la notizia della morte di una seconda persona negli scontri andati avanti tutta la notte tra polizia e manifestanti nel quartiere di Okmeydani.
Anche il 23 maggio la polizia ha sparato colpi di pistola in aria per disperdere la folla, prima di lanciare dei gas lacrimogeni, secondo quanto riferito da un fotoreporter della France-Presse presente sul posto. Il 22 maggio la polizia ha sparato contro la folla, che protestava per ricordare la morte di un ragazzo di 15 anni durante le proteste per Gezi Park nell'estate del 2013.
Un colpo di arma da fuoco ha colpito un passante: un ragazzo di 34 anni, Ugur Kurt, che è stato gravemente ferito alla testa e al collo ed è stato trasportato d'urgenza in ospedale, dove è morto. Kurt stava partecipando a un corteo funebre che è passato vicino ai manifestanti.
I quattro maggiori sindacati turchi hanno proclamato uno sciopero generale oggi mentre cresce la rabbia nel paese per i 298 minatori uccisi nel disastro della miniera di carbone di Soma, un bilancio provvisorio destinato certamente ad aumentare. I sindacati accusano i proprietari della miniera di aver messo a rischio le vite dei lavoratori per risparmiare sui costi e chiedono che i responsabili della tragedia paghino. "Centinaia di lavoratori sono stati lasciati morire fin dall'inizio, quando sono stati obbligati a lavorare in processi produttivi crudeli per acquisire il massimo profitto" afferma una nota congiunta delle quattro organizzazioni, che hanno invitato i loro iscritti a vestirsi di nero per "essere al fianco dei nostri fratelli di Soma".