Già domenica 10 febbraio i rider di Deliveroo avevano scioperato a Bologna, incontrandosi fuori dal McDonald's di via Indipendenza e bloccando il servizio della piattaforma di food delivery. Tra le richieste dei precari in lotta, un salario su base oraria in riferimento al 5° livello della logistica integrato da un compenso di 5 euro a consegna, contributi pensionistici e assicurazione Inps e Inail contro infortuni e malattie a carico dell'azienda, l'abolizione del sistema di ranking a favore di un monte orario garantito, il chiarimento e la trasparenza sull’utilizzo dei dati ricavati dall’algoritmo.
Domenica 3 marzo il bis: sciopero dei ciclofattorini di Deliveroo con presidio davanti al Mc Donald's di via indipendenza e corteo per le strade del centro. In una nota sulla pagina Facebook Riders Union Bologna i lavoratori hanno scritto:
"L'adesione allo sciopero è stata quasi totale e Deliveroo per più di due ore non ha potuto effettuare consegne. Si tratta dello sciopero contro una singola piattaforma più partecipato degli ultimi tempi, a dimostrazione di come la lotta dei riders continui a crescere. L'atteggiamento di totale chiusura tenuto da Deliveroo, che in questi mesi è arrivata persino a peggiorare le condizioni dei lavoratori, ha infatti solo avuto l'effetto di aumentare la rabbia dei riders. È inaccettabile che invece dei diritti ci arrivino notizie come quella di Marco, ciclofattorino romano, che ha subito l'asportazione della milza a seguito di un incidente durante una consegna. Non è un caso, non è una fatalità: lavorare per nemmeno 5 euro l'ora o a cottimo, senza tutele, per decisione unilaterale delle aziende, produce tutto questo."
Anche i rider di Torino, sulla pagina Deliverance Project, hanno espresso solidarietà a Marco, il lavoratore romano gravemente infortunato:
"Non si può morire per consegnare pizze, ma soprattutto non si può essere costretti a correre e rischiare la vita per guadagnare qualche spicciolo in più. Nell'ultimo anno il pagamento a consegna è diventato la regola nel food delivery e la competizione tra i e le fattorini/e è esasperata dai punteggi/classifiche da cui dipende la possibilità di avere turni e ordini. Se un fattorino o una fattorina corrono è perché è l'azienda a chiederlo implicitamente: con i suoi punteggi, le sue statistiche e i licenziamenti silenziosi fatti di mancati rinnovi, mail senza risposte e malfunzionamenti app. L'assenza, in buona parte dei casi, dei dispositivi di sicurezza e della formazione adeguata, rende gli incidenti drammaticamente frequenti e gravi. Tutta la nostra solidarietà va a Marco. La rabbia invece va a chi guadagna sulla nostra pelle e a chi ci fa campagna elettorale."
L'abbiamo detto in più di un'occasione: è inarrestabile la corsa di molte aziende verso l'affossamento del vecchio schema dei rapporti con i lavoratori. I rider del food delivery non hanno nessuna garanzia normativa e salariale, prendono paghe da fame e rischiano la vita pedalando nel traffico cittadino; e come tante altre migliaia di salariati, a cominciare da quelli dei magazzini della logistica, vivono una condizione lavorativa di miseria e super-sfruttamento. Ma hanno in tasca mezzi potentissimi (leggi smartphone) di coordinamento che li possono trasformare in nodi di una grande rete globale: un filo rosso lega le lotte di Manchester, Londra, Bologna, Torino, Milano, Firenze, ecc., con quelle in corso in Cina.
Se al mercato "senza regole" del lavoro si affianca una battaglia "senza regole" per le condizioni di questo lavoro – battaglia che faccia propria la logica dei rapporti di forza e non quella illusoria dei "diritti" -, le piattaforme-algoritmi-applicazioni saranno l'intelligenza di questo scontro. I gig-workers non sono lavoratori autonomi nel senso che hanno la partita IVA: stanno diventando autonomi nel senso di indipendenza di classe.
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— Maurilio Pirone (@mau_pirone) 3 marzo 2019