Lotte in corso. AMERICHE
Circondati da un massiccio dispiegamento di poliziotti in assetto da guerra, giovedì 7 novembre 54 lavoratori della Walmart sono stati arrestati nel centro di Los Angeles, mentre, seduti in strada, cercavano di bloccare il traffico per protestare contro quello che chiamano il rivenditore dei "salari da fame".
Lo sciopero e il blocco della circolazione sono le ultime di una serie di azioni (picchetti, cortei, volantinaggi, proteste dentro e fuori dai negozi), svoltasi in tutto il paese e coordinata da OUR Walmart, a danno di diversi punti vendita del colosso statunitense.
Stop in cinquanta città americane: i lavoratori chiedono 15 dollari all’ora e un sindacato autonomo
NEW YORK — Hanno perfino occupato Zuccotti Park, il celebre giardino vicino a Wall Street da dove partì il movimento Occupy Wall Street. Il nesso non è casuale, la voglia di identificarsi con un luogo così simbolico la dice lunga sulla natura "radicale" di questo movimento. Una parola eccessiva? Forse non in America, nazione dove il termine "sciopero generale" è sparito dal linguaggio corrente da molti decenni. Ieri ben 50 città americane, incluse tutte le più grandi, sono state il teatro di questo evento inaudito: uno sciopero coordinato in tutti i fast-food. La rivolta dei "lavoratori poveri" ha bloccato i ristoranti McDonald’s, Burger King, Kentucky Fried Chicken, Taco Bell e tanti altri. E’ il culmine di una protesta che nacque qui a New York un anno fa.
Ieri, in sette città negli Stati Uniti, centinaia di lavoratori si sono coordinati e hanno incrociato le braccia contro McDonald's, Burger King, KFC e Wendy.
I lavoratori dei Fast Food di New York, Chicago, Detroit, Milwaukee, St. Louis, Kansas City e Flint, vogliono che il salario minimo sia almeno di 15 dollari all'ora contro l'attuale paga media di circa 9 dollari.
Lo sciopero è stato organizzato da Fast Food Forward, un movimento di lavoratori dei ristoranti di New York che è nato per aumentare i salari, migliorare le condizioni di vita dei precari e rivendicare il diritto di sindacalizzazione senza timore di ritorsioni.
La mobilitazione decisa alla fine di giugno è stata indetta dalla Cut e da altre sigle minori oltre che dal Movimento dei Senza Terra
Non si fermano scioperi e mobilitazione in un Brasile sempre più desideroso di voltare pagina. Nuove mobilitazioni contro il governo sono in programma oggi in una ventina di Stati del Brasile e sono state anticipate da uno sciopero cominciato nel porto sud-orientale di Santos, a San Paolo, lo scalo marittimo più importante dell'America Latina, A Santos gruppi di lavoratori che invocavano miglioramenti salariali protestando contro una nuova norma per regolamentare il settore hanno bloccato l'accesso al porto interrompendo le operazioni di carico dei container.
Migliaia di persone in piazza e scontri con la polizia nelle principali città brasiliane per protestare contro l'aumento delle tariffe del trasporto pubblico locale. Il bilancio è di una cinquantina di feriti e oltre 160 arresti.
Proteste, manifestazioni di piazza e anche scontri violenti con la polizia in Brasile dopo la decisione di aumentare i prezzi dei trasporti pubblici e in particolari degli autobus. E' di almeno 50 persone ferite il bilancio finale degli scontri che hanno visto la polizia intervenire in assetto antisommossa con l'uso di lacrimogeni e idranti per disperdere la folla.
Dall'altra parte dell'oceano, negli Stati Uniti, è scoppiata la rivolta dei fast food. Migliaia di lavoratori stanno incrociando le braccia in queste settimane a Chicago, Detroit, Milwaukee e St. Louis per chiedere che i salari minimi vengano aumentati da 8,25 dollari l'ora a 15 dollari l'ora. Vogliono inoltre la libertà di organizzarsi sindacalmente senza il rischio di rappresaglie padronali. Hanno etichettato la loro battaglia "Fight for 15" e utilizzano Facebook e Twitter per coordinarsi. Tramite i social network stabiliscono collegamenti con altre città e organizzano flash mob e picchetti volanti.
E' nota come "la rivolta dei fast food workers". Si tratta di una protesta che da qualche mese attiva negli Usa e, l'ultima da ricordare è quella relativa ai lavoratori dei fast food di Detroit.
Sono tutti lavoratori, sindacalizzati in modo scarso, e pagati male. Moltissimi di loro non arrivano a salari di otto o nove dollari all'ora, vale a dire stipendi annuali al di sotto di 18mila dollari.
Ma l'industria dei fast food resta una fonte importante di occupazione e secondo quanto detto dai sindacati il settore impiega, nella solo Detroit, quasi il doppio di lavoratori dell'industria dell'auto, un simbolo di questo pezzo dell'America.
In tutto il mondo, i lavoratori stanno subendo l’attacco dell’
1%. I salari sono al minimo storico mentre la disoccupazione è bloccata a livelli record. I governi stanno attaccando i più poveri tra noi con brutali piani di austerità. I sindacati sono stati distrutti, mentre i movimenti autonomi dei lavoratori si scontrano con una dura repressione da Oakland, a Montreal, ad Atene e al Cairo.
Il potere dell’1% è basato sul loro controllo del luogo di lavoro. Abbiamo bisogno di un nuovo movimento operaio del 99% per occupare il mondo del lavoro e trasformare l’economia, ma la classe lavoratrice è divisa – tra sindacati e non-sindacati, immigrati e nativi, giovani e vecchi, Nord e Sud, settore privato e settore pubblico; dai confini nazionali, di razza, di lingua, di religione, di colore, di educazione, e di fabbrica.
Scioperano i lavoratori di McDonald's, Burger King, Domino's Pizza, Wendy's and Yum Inc', KFC e Taco Bell.
Giovedi 4 aprile 2013, più di 400 lavoratori dei fast food newyorkesi hanno iniziato una seconda ondata di scioperi per salari più alti (c'è chi prende solo 7,25 dollari all'ora) e migliori condizioni di lavoro. Al grido sindacato, dignità e una paga per vivere, ad incrociare le braccia sono stati centinaia di dipendenti dei marchi più importanti: McDonald's, Burger King, Domino's Pizza, Wendy's and Yum Inc', KFC e Taco Bell. I lavoratori si sentono schiavi di un sistema che li obbliga ad un lavoro alienante per una paga da fame.
Dilagano in tutti i settori le proteste sul salario minimo
NEW YORK — Ora la "dieta Weight Watchers" assume un significato diverso. Tra i modi per dimagrire, il più veloce e sicuro è applicato ai dipendenti: stringere la cinghia. Lo rivela la rivolta che sta dilagando tra il personale della più celebre impresa di cibi dimagranti. Centinaia di collaboratrici (sono quasi esclusivamente donne) inondano il sito dell'azienda con le proteste per i salari — è il caso di dirlo — "da fame".
Da un decennio, denunciano le dipendenti, il gruppo Weight Watchers tiene fermo il loro compenso: 18 dollari per ogni riunione organizzata con i potenziali clienti. L'onorario è forfettario e non prevede neppure un rimborso spese per le prime 40 miglia di trasferta di lavoro.